Iran: prossimo obbiettivo Usa?
Il nucleare iraniano casus belli per l’imperialismo
dichiarazione del Segretariato Internazionale
della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale
di Enrica Franco
Distratti dal clima natalizio e dal dibattito sulla pena di
morte a Saddam Hussein in pochi si sono accorti dell'invasione della Somalia da
parte dell'Etiopia e del successivo bombardamento statunitense sui villaggi che
ancora resistevano.
Il movimento pacifista mondiale è rimasto tristemente
sordo al fragore delle bombe sulla popolazione africana, mentre Stati Uniti ed
Europa, anche sotto la copertura dell'Onu, proseguono indisturbati nei loro
disegni di riassetto mondiale.
Irak: grazie alla resistenza
PER L'IMPERIALISMO E' ANCORA NOTTE FONDA
di Alberto Madoglio
Dopo tre anni di occupazione militare,
l'imperialismo americano in Iraq si trova in un pantano dal quale ha sempre più
difficoltà a tirarsi fuori: gli obiettivi politici e militari del post Saddam
Hussein non si sono realizzati; l'idea che "liberare" il Paese dalla dittatura
baathista avrebbe dato il via ad un processo di "democratizzazione" (cioè di
completo controllo coloniale Usa) che poi si sarebbe esteso a tutti i Paesi del
Medio Oriente, per arrivare fino all'Afghanitan e al Pakistan, è oggi solo una
illusione consegnata ai libri di storia.
di Valerio Torre
Il 22 maggio scorso, gli insegnanti di Oaxaca - il quinto stato più grande del Messico, con una popolazione di oltre 3,5 milioni di abitanti di cui un'altissima percentuale è indigena - hanno indetto una massiccia protesta (70.000 insegnanti, organizzati nella Sezione 22 della Cnte, Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación, il settore più combattivo di un sindacato affetto dal germe della burocratizzazione) con al centro rivendicazioni, rivolte al governatore dello stato, Ulises Ruiz Ortiz (detto Uro), di aumenti dei salari e del bilancio dell'educazione. La mobilitazione ha assunto subito forme molto radicali, con uno sciopero prolungato e l'occupazione dello Zócalo (il centro) della capitale.
di Valerio Torre
C'è stato un periodo felice in Italia per i
cantori del "lulismo", cioè per i sostenitori del mito di Ignazio Lula da Silva,
l'ex tornitore di Caetes, nel poverissimo Stato del Pernambuco, divenuto
Presidente della Repubblica Federale Brasiliana e simbolo del riscatto dei
poveri: in particolare, era la sinistra socialdemocratica (in primis,
il bertinottismo ed il movimento no-global) a cantare le lodi del
presidente appena eletto (si era sul finire del 2002) favoleggiando di
un'ipotetica "rivoluzione gentile" che avrebbe "cambiato il mondo senza prendere
il potere", mentre settori progressisti liberali spiegavano a chiare lettere (e
molto più prosaicamente) che Lula era molto affidabile così come certificato dal
Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, che infatti erano stati
gli sponsor neanche tanto occulti dell'elezione a presidente del leader del
Pt.