I disobbedienti non sono i padroni del movimento contro la
base- manifestazione del 4 maggio a Vicenza contro la guerra e la base Dal Molin
In seguito, al momento del corteo unitario convocato per le h 10 davanti alla stazione, al nostro partito, e di conseguenza allo spezzone della sinistra di classe del quale faceva parte anche il PdAC, è stato impedito di avvicinarsi al piazzale della stazione sempre da parte di un gruppo di disobbedienti. Nel frattempo il resto dei manifestanti attendeva, ignaro, la partenza del corteo dal concentramento in stazione.
Il Partito di Alternativa Comunista è stato dall'inizio della lotta all'interno del movimento contro la base di guerra Dal Molin e contro la guerra imperialista e si è sempre battuto in prima linea nell'organizzazione di iniziative locali e nazionali, anche con i disertori dell'esercito degli Usa.
Dopo il blocco da parte dei disobbedienti, avvenuto con la collaborazione della Digos, i militanti del PdAC hanno manifestato alla rotatoria di viale Framarin con lo spezzone della sinistra di classe, del sindacalismo di base e con le Donne in Rete per la Pace.
Denunciamo che, dall'inizio della lotta contro la base Dal Molin, singoli e interi gruppi di attivisti contro la guerra sono stati costretti ad allontanarsi a causa della totale mancanza di democrazia dei disobbedienti.
Ad una valutazione politica, come è stata la nostra, si risponde, se si hanno argomenti oggettivi, con argomentazioni politiche. Invece oggi i Disobbedienti sono scesi nel campo delle intimidazioni negando il diritto al dissenso.
Questo è quanto è successo.
L'importante battaglia contro la guerra e le sue basi, strumenti di distruzione di massa, hanno bisogno della massima unità , della massima trasparenza delle posizioni e, soprattutto, di verità.
Il Partito di Alternativa Comunista (sezione italiana della Lit-Ci Lega Internazionale dei Lavoratori) continuerà a Vicenza, come in tutti i 25 Paesi del mondo dove è presente con sue sezioni, nella lotta contro la guerra.
4 maggio, ripartire dalla lotta contro le servitù militari e
contro le guerre che devastano le vite e saccheggiano i territori
La
costruzione della nuova base di guerra è stata ultimata. E con il completamento
della base, lo scorso marzo, era arrivato anche l’ennesimo affronto dei
militari Usa: la popolazione di Vicenza era stata invitata a visitare la nuova
caserma, il prossimo 4 maggio, come a coronare un lungo idillio vissuto tra la
popolazione vicentina e il gigante militare statunitense.
L’esercito
Usa, dopo anni di effettivo arresto del movimento di protesta, crede di aver
ottenuto il consenso della popolazione alla costruzione della nuova base. Ma
noi sappiamo bene che non è così.
Credono
che aver costruito una base eco-friendly, con particolare attenzione
allo stile architettonico, al risparmio energetico e alla piantumazione di
tanti alberelli possa bastare per far scordare che è stata costruita una base
da cui partiranno militari armati di tutto punto per portare devastazione e
morte alle popolazioni di altri Paesi.
Ma,
nelle scorse settimane, non è arrivato il nulla-osta da parte delle autorità
vicentine deputate a garantire l’ordine pubblico per la giornata del 4 maggio:
temendo momenti di tensione, questura e prefettura hanno caldamente invitato i
generali dell’US Army ad annullare l’apertura della base alla cittadinanza. Noi
pensiamo che la decisione di rinviare l'inaugurazione sia stata presa perché il
Presidio aveva lanciato una mobilitazione chiamando all’appello anche altre
realtà di lotta del territorio italiano, come i No Tav e i No Muos e c'è da
considerare, inoltre, che la manifestazione cade proprio in piena campagna
elettorale (il 26 – 27 maggio, infatti, a Vicenza si vota per l'elezione del
Sindaco e del Consiglio comunale).
Quindi, sabato 4 maggio non ci sarà
l’apertura della base militare al pubblico, ma la manifestazione è stata
comunque confermata, anche se la “chiamata” nazionale è stato rinviata di
qualche mese (sembra che, a questo punto, la vera e propria inaugurazione con
tanto di autorità si terrà in estate).
Il “parco della pace” in cambio della base di guerra
Noi
di Alternativa Comunista, insieme a tanti altri, saremo comunque in prima
linea, il 4 maggio, per denunciare, non solo lo
scempio ambientale che è stato commesso costruendo la base sulla falda
acquifera, ma soprattutto il massacro che produce la guerra imperialista.
Ma questo non basta,
vogliamo ricordare anche la complicità di tutti coloro i quali hanno preso
parte, più o meno attivamente, alla svendita della lotta contro il Dal Molin
accontentandosi di aver strappato, dopo anni di battaglie, un semplice pezzo di
terra adiacente alla base che qualcuno ha avuto il coraggio di chiamare Parco
della Pace (non è la prima volta che i sostenitori attivi delle guerre e delle
basi militari usano il termine “pace” per perpetrare ingiustizie enormi e
giustificare massacri e devastazioni; accade continuamente e fa parte di una strategia, di controllo e
disinformazione, ben studiata). Il “Parco della Pace” è un’opera di compensazione voluta
fortemente dal sindaco del Pd, Achille
Variati. Nel 2010, infatti, Variati annunciò con grande enfasi e soddisfazione
che, dopo il viale della Pace situato di fronte alla caserma Ederle (base
militare che ospita in città il comando delle forze armate Usa operanti in
Africa) e il villaggio della Pace (area residenziale dei militari Usa) a
Vicenza nasceva anche il “Parco della Pace” in quanto il governo nazionale
concedeva l’area inutilizzata proprio affianco alla nuova enorme base. E
certamente non furono molte le voci allora fuori dal coro: il Presidio
Permanente non ha mai respinto il Parco della Pace in quanto compensazione,
anzi.
Il referendum, una premessa alla sconfitta del movimento
Il
4 maggio ci saremo anche per ricordare che il Partito di Alternativa Comunista
fu l’unica organizzazione politica che si rifiutò di appoggiare il referendum
del 2008 sul Dal Molin. Quel referendum ebbe l’effetto contrario a quello che i
promotori dicevano di voler ottenere: seppure migliaia di cittadini si
dichiararono contrari alla base, il voto non poteva avere alcun valore legale
e, qualora l’avesse avuto, sappiamo bene che gli Usa e il governo italiano non
l’avrebbero preso minimamente in considerazione. Questa noncuranza verso gli
esiti referendari è stata confermata anche dal risultato del referendum sul
controllo e la gestione dei servizi pubblici essenziali del 2011 (ancora oggi
la percentuale in bolletta per i profitti garantiti, ovvero la speculazione
sull'acqua e il servizio idrico, non è stata abolita. A Vicenza, inoltre, il
sindaco Variati ha messo in discussione, concordandolo con l'assenso delle
burocrazie sindacali di Cgil, Cisl, Uil, la
gestione pubblica diretta di acqua, gas, energia, igiene ambientale,
trasporti).
L’unico
modo per impedire la costruzione della nuova base militare poteva essere solo
la mobilitazione ad oltranza, senza scendere a patto con l’istituzione, senza
intraprendere ingannevoli vie legali, senza accettare compromessi né
compensazioni. Bisognava prendere esempio dalla Val di Susa che, da oltre
vent’anni, è in lotta e non si piega alla realizzazione del Tav !
Dare una prospettiva socialista alla lotta contro le guerre
Nonostante
il danno sia fatto noi non restiamo comunque in silenzio. Per non incappare più
in questi errori bisogna ripartire subito dalla lotta contro le servitù
militari e contro le guerre imperialiste collegandole ad un più ampio programma
di mobilitazioni che sappia coinvolgere i settori più colpiti dalla crisi del
capitalismo. Crediamo sia indispensabile continuare tenacemente l’attività
contro la guerra, contro le basi e a favore della diserzione. Però pensiamo sia
necessario farlo in modo completo, legando la battaglia contro la guerra a
quella per la difesa del lavoro e dei diritti sociali e alla lotta più generale
contro la crisi economica provocata dai pochi ai danni di molti. Questa
battaglia deve avere il coraggio di affrontare il grande responsabile
dell’esistenza di basi, guerre, disoccupazione e fame. Questo responsabile ha
un nome: capitalismo. Tentare di riformarlo, dandogli un “volto umano”, è
un’illusione.
A
differenza di altri (Sel, Rifondazione, Movimento 5 Stelle, Presidio
Permanente,...) noi pensiamo che questo sistema non possa essere riformato, ma
solo rovesciato con le lotte che devono partire dalle fabbriche e da tutti i
luoghi di lavoro, dalle scuole, dalle piazze. La soluzione alle tragiche
catastrofi che il capitalismo genera sta in un sistema realmente e radicalmente
alternativo, un sistema sociale ed economico basato sul socialismo.
Il 25 aprile : un'assemblea e una decisione importante
Il 25 aprile, giornata in cui abbiamo ricordato la
resistenza antifascista e anticapitalista, a Vicenza si è svolta una assemblea
pubblica regionale dal titolo “dalla crisi alla guerra”. Hanno partecipato una
trentina di rappresentanti di diverse realtà della sinistra di classe delle
province di Vicenza, Padova e Venezia. Per il Partito di Alternativa Comunista
erano presenti Patrizia Cammarata, Raffaello Giampiccolo e Davide Primucci.
Durante il dibattito, che ha ripercorso in modo sintetico gli errori della
sinistra di classe durante il periodo di lotta contro la costruzione della
nuova base, sono emersi degli importanti
punti di contatto sia rispetto all' analisi sull' attuale
crisi strutturale del capitalismo sia
rispetto alle tragiche conseguenze di tutto ciò per le classi lavoratrici, non
solo in termini di perdita dei diritti conquistati nel passato, ma di aumento
di povertà, emarginazione e imbarbarimento della vita sociale e civile.
Su queste basi si sono
valutate le difficoltà, ma anche la necessità e la possibilità, di
costituire un fronte unico di lotta su alcuni punti specifici che possa
contribuire, nel concreto, a riconnettere la lotta contro la guerra
imperialista alle lotte del mondo del lavoro, indirizzandole verso una
prospettiva anticapitalista.
È proprio a partire dal corteo contro la base di
sabato 4 maggio che si aggregheranno
le
realtà presenti durante l'assemblea del 25 aprile. Ognuno con le proprie bandiere, ognuno
con i propri contenuti, ma tutti uniti dietro lo striscione comune: “La crisi è del capitale, la guerra
anche. No ai licenziamenti, no alle basi”. Un primo punto di partenza per
questo nuovo percorso che noi aupsichiamo possa essere di buon auspicio per
costituire, a Vicenza, un fronte unico su basi anticapitaliste e antimperialiste, quindi su basi socialiste ed
internazionaliste. Un fronte unico che dovrà, a nostro avviso, avere il
compito, nella rinata mobilitazione contro il Dal Molin, di tenere insieme,
questa volta con coraggio e imparando dagli errori del passato, la “barra ferma
a sinistra”, una sinistra di classe, contro i tentativi di strumentalizzazione
e contro nuovi tentativi di ricondurre la lotta contro le basi e la guerra ad
una mero problema locale, legale o ambientale o utile strumento, per qualcuno,
di concertazione con le istituzioni.
di Davide Primucci