La straordinaria manifestazione del 25 ottobre ha posto l'esigenza di un cambiamento
di Francesco Fioravanti
La riforma "Moratti", con la sua natura profondamente classista e antiproletaria, s'inserisce all'interno di un processo, in corso ormai da lungo tempo, che ha come unico obiettivo lo smantellamento dei diritti acquisiti dalle classi subalterne attraverso lunghe stagioni di lotta. Essa non è né più né meno che parte di quel ciclo di controriforme - che ha avuto il suo apice negli anni '90 e di cui Prodi fu uno dei principali alfieri - funzionali a risollevare le sorti di un capitalismo italiano che incontra sempre più difficoltà nella competizione su scala mondiale.
E' difficile non vedere il filo conduttore che lega questa riforma a quelle precedenti operate dai governi di centrosinistra; così come è altrettanto difficile non vedere il legame esistente fra le politiche antipopolari del governo Berlusconi e quelle realizzate dai precedenti governi ulivisti: la legge 30 non si inserisce forse nel solco tracciato dal pacchetto Treu? Vi è forse discontinuità fra la Bossi-Fini e la Turco-Napolitano? L'unica novità reale prodotta dall'operato del centrodestra in questo quinquennio di governo è stata quella di aver visto il paese attraversato da conflitti sociali che hanno fatto parlare giustamente - di risveglio dei movimenti di massa in Italia: non è questo uno dei principali motivi per cui il grande capitale italiano ha scaricato Berlusconi decidendo di investire pesantemente sull'Unione prodiana, che già in passato ha saputo dimostrare ai poteri forti italiani tutta la sua affidabilità?
Se la riforma "Moratti" è parte integrante del ciclo di politiche di attacco ai diritti delle classi sfruttate, la splendida manifestazione studentesca del 25 ottobre - che ha visto scendere in piazza circa 100.000 studenti- è parte integrate di quel ciclo di lotte che rappresentano una prima risposta ai colpi sferrati dalle classi dominanti. I mesi di settembre e ottobre hanno visto studenti, ricercatori e precari, diventare protagonisti di un'opposizione via via sempre più radicale al progetto di destrutturazione dell'università e della scuola pubblica voluta dal ministro Moratti; mentre scrivo, nella sola università "La Sapienza" di Roma ben 13 sono le facoltà occupate, così come la Statale di Milano.
Risveglio studentesco e alternativa di sistema
Molti osservatori hanno giustamente parlato di risveglio de movimento studentesco, di rinascita del conflitto nelle università, di una nuova generazione che prova a prendere in mano il suo destino. In pochi hanno però sottolineato come la nascita e lo sviluppo di questo movimento rappresenti anche e soprattutto l'inizio di una presa di coscienza da parte di questa giovane generazione che ora inizia a mettere in discussione anche molte di quelle presunte verità che gli apologeti della "fine della storia" ci hanno propinato per circa un ventennio. Speso, infatti, le proteste non si sono limitate a criticare la sola riforma voluta dal ministro della Casa delle libertà, ma hanno investito l'intero impianto della scuola e dell'università così come esso è uscito dalla fine degli anni'90; nelle assemblee, nei dibattiti, si è avvertita inoltre l'esigenza di andare anche ad affrontare tematiche più ampie:il precariato, le condizioni degli immigrati, il diritto alla casa: a testimonianza di una crescente sensibilità degli studenti verso temi che in passato sono stati del tutto ignorati o quasi. La lotta, come sempre, è stata la migliore educatrice per tanti giovani che fino a qualche tempo fa quei problemi magari nemmeno se li ponevano.
Ancora una volta, non ci stancheremo mai di ripeterlo, le potenzialità che i movimenti hanno saputo dimostrare non posso essere sacrificate sull'altare di Prodi e Montezemolo. La richiesta che viene dalle piazze alle forze politiche che realmente lavorano per l'obiettivo di superare l'esistente va nella direzione opposta: quella cioè di costruire l'unificazione delle lotte per scompaginare i piani che la borghesia italiana deve necessariamente attuare per uscire dalla profonda crisi in cui versa. Non può esserci nessun compromesso con chi si adopera per la sconfitta dei movimenti. 100.000 studenti in piazza ci pongono una domanda molto forte: la risposta non può continuare a chiamarsi concertazione, pace sociale, gestione della crisi capitalistica. L'opposizione di classe ai governi della borghesia rimane una necessità imprescindibile se non si vuole dilapidare il patrimonio che questi anni di lotte ci hanno consegnato. In questo senso è vero: il nostro tempo è appena cominciato.