Partito di Alternativa Comunista

Via tutte le truppe

 FUORI LE TRUPPE IMPERIALISTE DALL'IRAK E DALL'AFGHANISTAN!
RITIRO IMMEDIATO DEI CASCHI BLU DELL'ONU DAL LIBANO E DA HAITI!
TUTTO IL NOSTRO APPOGGIO ALLA VITTORIA DELLA RESISTENZA IRAKENA!

 

 

dichiarazione del Segretariato Internazionale
della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale

In questi giorni, a quattro anni dall'inizio dell'occupazione militare imperialista in Irak, si tengono in tutto il mondo mobilitazioni per il ritiro immediato delle truppe.
Queste manifestazioni si svolgono in una fase in cui l'insieme della politica imperialista sostenuta da Bush in Medio Oriente sta fallendo, indebolendolo a vista d'occhio come dimostra la sua recente sconfitta nelle elezioni legislative negli Stati Uniti. In altre parole, si pone la possibilità che l'imperialismo sia sconfitto politicamente e militarmente in Irak. Non dimentichiamo che la prima sconfitta militare della sua storia fu in Vietnam, nel 1975.






IL FALLIMENTO DI UNA POLITICA
Nel marzo 2003, come nuovo atto nella "guerra contro il terrore" lanciata da Bush dopo l'11 settembre 2001, le truppe imperialiste di Usa, Gran Bretagna e dei loro alleati ottennero una rapida vittoria militare, abbatterono il governo e il regime di Saddam Hussein, dispersero il suo esercito e insediarono un regime coloniale sottoposto alle truppe d'invasione.
Ma l'aspettativa che questa vittoria permettesse di insediare un governo locale forte, potendo così ritirare rapidamente la maggioranza delle truppe, fu presto smentita dalla realtà. Poco dopo l'occupazione, iniziò una vera guerra di liberazione popolare che, con attacchi e attentati, cominciò ad assediare le truppe occupanti impedendo loro di controllare realmente il Paese.
Nessuno dei tentativi fatti dall'imperialismo per cercare di rovesciare questa situazione ha dato, finora, risultati. Dal genocidio provocato dall'occupazione (con centinaia di migliaia di morti tra le vittime delle azioni militari, la repressione, gli squadroni della morte e le conseguenze della carestia e del disastro sanitario) alle elezioni truffaldine imposte per legittimare il governo fantoccio di Al Maliki, sostenuto da forze politiche sciite e kurde. Non è servito a mutare la dinamica generale nemmeno l'aver favorito una guerra civile a base etnica e religiosa nel tentativo di dividere il Paese in tre regioni autonome, secondo il vecchio assioma adottato dall'impero inglese: "dividi per dominare". Nonostante tutti questi tentativi, una vittoria della resistenza irakena è una possibilità inscritta nella realtà.

L'IMPERIALISMO SI INDEBOLISCE IN TUTTA LA REGIONE
I guai dell'imperialismo non sono limitati all'Irak. Nel 2006 si è riaperto un "secondo fronte" con l'aggravarsi della situazione militare in Afghanistan, la cui occupazione, iniziata nel 2001, sembrava avere imposto un controllo del Paese. Questa novità ha messo in difficoltà la politica di Bush che puntava a diminuire le truppe statunitensi in questo Paese trasferendo il peso dell'occupazione sulle potenze imperialiste europee, attraverso la Nato. Le ultime notizie indicano che la situazione militare in Afghanistan è sempre più critica per gli occupanti.
Sempre nel 2006, la disfatta dell'invasione israeliana del Libano ha dimostrato che il grande alleato degli Usa in quell'area, lo Stato sionista, è vulnerabile, ciò che ostacola il suo ruolo come gendarme regionale dell'imperialismo.
Come dimostrazione di questo indebolimento complessivo e della impossibilità statunitense di inviare truppe in altre zone del mondo, in Libano è stata l'Onu, con caschi blu prevalentemente europei, a coprire le spalle a Israele e a Bush. La stessa cosa è successa ad Haiti, anche se in questo caso sono contingenti inviati dai governi latinoamericani che, vergognosamente, agiscono come "truppe ausiliarie di occupazione" dell'imperialismo. Bush utilizza così i governi di fronte popolare latinoamericani, guidati dal brasiliano Lula, che in questo modo rivelano il loro carattere di agenti della politica imperialista.

PROBLEMI IN CASA
Il corso sfavorevole della guerra in Irak, e di tutta la politica di Bush in Medio Oriente, si è trasformato in un boomerang che ha colpito in occasione delle elezioni legislative degli Usa producendo una vasta opposizione popolare e conducendo a una dura sconfitta di Bush. Nelle inchieste realizzate nel periodo elettorale risulta che più del 50% degli statunitensi è a favore di un ritiro delle truppe dall'Irak. Questo tema è diventato uno degli elementi centrali delle elezioni, il cui esito lo stesso Bush ha riconosciuto essere "una batosta". Bush comincia così a soffrire sulla sua pelle ciò che già avevano sofferto due tra i suoi principali alleati nell'invasione irakena (Aznar, in Spagna, e Berlusconi, in Italia).
Le mobilitazioni di massa in questi Paesi hanno poi obbligato anche i governi di Zapatero e Prodi a ritirare le loro truppe dall'Irak, benché le mantengano in Afghanistan e in Libano. La medesima cosa sta accadendo in Gran Bretagna dove Blair si è visto obbligato ad annunciare un piano di ritiro dall'Irak.

ANDARSENE E' DIFFICILE... RIMANERE ANCHE
Sarebbe un errore, tuttavia, credere che, in seguito al suo indebolimento, l'imperialismo accetterà tranquillamente una sconfitta. Per l'imperialismo il controllo del Medio Oriente riveste un'importanza geopolitica strategica in quanto lì sono le maggiori riserve di idrocarburi del mondo e attraversiamo una fase in cui cominciano a scarseggiare.
Come segnalò lo stesso Bush, dopo le elezioni statunitensi, "uscire sconfitti dall'Irak avrebbe conseguenze disastrose." Un'ottica che è condivisa dall'altro grande partito imperialista del suo Paese, i democratici, i quali, nonostante la loro ampia vittoria elettorale e il chiaro messaggio degli elettori, non premono, né poco né tanto, per un ritiro immediato. Per questo entrambi i partiti faranno l'impossibile per vincere questa guerra, o almeno per guadagnare un "pareggio". In questo senso non possiamo scartare la possibilità che, con le proprie forze o attraverso il suo gendarme israeliano, l'imperialismo attacchi l'Iran.
Ma una cosa sono le intenzioni e altro è la realtà. Attualmente l'imperialismo yankee non ha le condizioni politiche interne per aumentare il contingente che mantiene in Irak dagli attuali 150 mila ai 500 o 600 mila che sarebbero necessari per poter controllare questo Paese. Fra gli altri problemi l'imperialismo deve anche tenere sotto osservazione il movimento di massa nel suo Paese, per verificare se, in un futuro non lontano, la critica contro la guerra espressasi nelle elezioni non si trasformi in mobilitazioni di piazza.
Per questo, l'imperialismo mostra nella regione una politica apparentemente bifronte. Da un lato, minaccia l'Iran con un possibile attacco di terra o aereo-lampo se non interrompe il suo piano nucleare. Dall'altro lato, si vede obbligato a invitare il governo iraniano al tavolo dei negoziati per cercare una via d'uscita dall'Irak, riconoscendo così che il regime degli ayatollah, in virtù del suo vergognoso appoggio all'attuale governo di occupazione, è un elemento chiave per qualsiasi "uscita rispettabile" dal pantano in cui è finito.

UNITA' PER AFFRONTARE L'OCCUPAZIONE IMPERIALISTA E I SUOI AGENTI
L'imperialismo si gioca molto in Irak: una ritirata nelle attuali condizioni significherebbe riconoscere una sconfitta e costituirebbe un pericoloso precedente di impotenza che incoraggerebbe la lotta di tutti i popoli del mondo. Soprattutto, ne uscirebbe fortemente indebolito in Medio Oriente, zona strategica per le sue ricchezze petrolifere, dove già deve affrontare situazioni critiche in Afghanistan, in Libano e in Palestina. Un simile esito, tra l'altro, porrebbe ancor di più all'ordine del giorno un compito storico: la distruzione dello Stato di Israele.
Come abbiamo detto, non crediamo quindi che l'imperialismo si ritirerà "con le buone". L'unica via possibile, allora, è sconfiggere ed espellere le truppe di occupazione e i loro agenti locali.
In questo compito la Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale considera che, come passo verso l'unità delle masse arabe e musulmane, oggi è più che mai necessaria l'unità delle masse sciite, sunnite e laiche irakene perché questa vittoria possa realizzarsi. Si tratta in primo luogo di difendere l'unità territoriale dell'Irak contro i tentativi dell'imperialismo e dei suoi agenti sciiti e curdi dell'attuale governo. La guerra di liberazione nazionale dell'Irak è oggi il principale fronte tra l'imperialismo e il movimento di massa su scala mondiale. E' in gran parte nell'occupazione dell'Irak che si giocano i destini dell'attuale politica dell'imperialismo statunitense. Una sconfitta di Bush e degli Usa aprirà condizioni molto più favorevoli per l'ascesa delle masse nel mondo intero.
Per questo, nel quadro della più ampia unità nelle prossime mobilitazioni, la Lit appoggia incondizionatamente la lotta militare della resistenza irakena (pur mantenendo le nostre critiche politiche alle sue attuali direzioni).
Siamo per la sconfitta politica e militare dell'imperialismo e dei suo collaboratori irakeni e per la sua espulsione dal Paese, per un Irak libero e sovrano. La stessa posizione assumiamo nei confronti dell'occupazione dell'Afghanistan. Infine, crediamo che debba essere parte integrante di questa lotta antimperialista anche la battaglia per il ritiro immediato delle truppe occupanti da Haiti e dal Libano, anche se in questi casi le truppe sono di altri Paesi e sono mascherate sotto i caschi blu dell'Onu.

San Paolo del Brasile, 18 marzo 2007
(traduzione dallo spagnolo di Francesco Ricci)



















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