Partito di Alternativa Comunista

Una mobilitazione storica contro la riforma delle pensioni in Francia: come proseguire?

Una mobilitazione storica contro la riforma delle pensioni in Francia:

come proseguire?

 

 

di Lucas Peeters (Francia)

 

Questo articolo è la traduzione di una parte di un ampio articolo scritto dai compagni della Lit-Quarta Internazionale in Francia sugli scioperi in corso in quel Paese e sugli attacchi alle pensioni da parte dell’Unione europea. L’articolo integrale è consultabile in varie lingue sul sito www.litci.org.

 

Con 1.120.000 manifestanti dichiarati dal Ministero dell'Interno e più di 2 milioni secondo la Cgt, la prima giornata di mobilitazione contro la nuova riforma delle pensioni, promossa unitariamente dalle otto confederazioni sindacali del Paese, è stata molto forte, con manifestazioni in più di 250 città.

 

Un giorno di vittoria che però non basta

Il nuovo progetto di Macron mira ad aumentare l'età pensionabile da 62 a 64 anni e ad anticipare l'allungamento dell'anzianità contributiva a 43 anni (già decisa durante il governo Hollande) al 2027, anziché al 2035. Molti attivisti non avevano mai visto così tanta gente per le strade. Bisogna tornare alle mobilitazioni del 2006 contro il «Contrat Première Embauche» (una riforma che permetteva ai padroni di licenziare senza giusta causa i giovani nuovi assunti per i primi due anni, ndt), o anche a quelle del 1995 contro la riforma delle pensioni del governo Juppé, per trovare qualcosa di simile. L’aspettativa dei sindacati preannunciava un successo, ma non di questa portata.
Con il riflusso, dopo il 18 ottobre, della mobilitazione per l'aumento dei salari, in un contesto ancora caratterizzato dall'inflazione, sono sorti alcuni dubbi sulla capacità di mobilitazione dei sindacati, data la tendenza a riprodurre il modello di giornate di azione isolate. Anche l'atteggiamento tutt'altro che attento e generalmente ostile di gran parte delle strutture sindacali nei confronti del movimento dei Gilet Gialli è ancora nella memoria di molti lavoratori che non vedono nella struttura sindacale di mobilitazione la possibilità di sollevare un conflitto politico tale da far cedere un governo.
D'altra parte, forse è stato anche, alla fine, il fallimento del movimento dei Gilet Gialli in termini di soddisfazione delle rivendicazioni delle masse che ha fatto sì che in molti siano tornati a riappropriarsi dei sindacati, in mancanza di altre strutture, per organizzarsi.
Fatto sta che l’appello promosso da tutti i sindacati (confederali e di base, ndt) a organizzare uno sciopero intercategoriale contro la riforma delle pensioni è stato un trionfo numerico in termini di manifestanti e, in misura minore, di scioperanti.
Ai tempi, il governo Juppé aveva ceduto dopo che l'economia del Paese era stata bloccata da tre settimane di scioperi massicci e si era alla fine dimesso. La situazione politica è cambiata dal 1995, con un inasprimento degli attacchi capitalistici e un governo votato alla repressione sociale. Sarà quindi necessario portare il livello delle mobilitazioni e delle forme di azione almeno al livello di ciò che si fece ai tempi contro il governo Juppé, se si spera di vincere.

 

Punti di forza e limiti delle strutture organizzative

Anche questa giornata vittoriosa non sembrava proprio un temporale in un cielo sereno. Attualmente nelle aziende ci sono molte mobilitazioni per l'aumento dei salari. Queste mobilitazioni sono localizzate e stanno pian piano ricostruendo una coscienza di classe. Ma è difficile capire se questa coscienza di classe sia limitata da una tendenza corporativa, spesso rafforzata da strategie sindacali che puntano al dialogo sociale, o dalla consapevolezza che per intravedere un conflitto generale siano necessari strumenti pratici e politici che oggi sono solo embrionali.
È in questo contesto che dobbiamo inserire l'appello della Cgt settore petrolifero (che organizza i lavoratori delle raffinerie, ndt) del 12 gennaio: l’appello propone un piano progressivo che non escluda la chiusura dei siti, con una prima giornata di sciopero il 19 gennaio, poi una seconda fase di 48 ore il 26 e 27 gennaio e infine tre giorni di azione di sciopero che potrebbero portare a uno sciopero prolungato a partire dal 6 febbraio.

Questa proposta ha il vantaggio di proporre un calendario che consenta ai diversi settori di prepararsi progressivamente allo sciopero. Il piano d’azione consente anche di fare il punto della situazione e di limitare due rischi. In primo luogo, evitare che questi settori «d'avanguardia» esauriscano le energie nello sciopero prima che altri possano unirsi a loro; in secondo luogo, evitare di avere di nuovo scioperi controllati dagli apparati, guidati magari da settori chiave e che possono certamente essere efficaci, ma che non portano a una situazione politica della stessa natura di quando l'intero mondo del lavoro si ferma per organizzarsi e lottare. Durante lo sciopero del 2019, alcuni ferrovieri hanno affermato che il modo migliore per aiutarli non era aumentare i fondi per lo sciopero, ma attivarsi per portare altri settori lavorativi a scioperare.

 

Il «piano» delle direzioni sindacali

Ignorando il piano proposto dalla Cgt settore petrolifero, e nonostante il grande successo del 19 gennaio, l'intersindacale nazionale ha deciso di indire un altro sciopero di un solo giorno il... 31 gennaio. Un'altra giornata isolata non inserita in un piano di battaglia, con l'amministrazione che si arroga il compito di decidere il seguito di ogni mobilitazione in base al successo di ciascuna!
L'ennesima invisibilizzazione dei settori più combattivi! L'ennesima invisibilizzazione di altri settori al centro della mobilitazione – al di là del giudizio sulla politica generale - come l'appello per la manifestazione del 21 gennaio a Parigi, lanciato da organizzazioni giovanili più o meno legate a France Insoumise (la coalizione ampia che ha presentato Mélenchon alle elezioni, ndt).
Ancora una volta si presenta una situazione che isola i lavoratori più combattivi, quelli che legittimamente vorrebbero interrompere il lavoro per preparare uno sciopero di massa, formando, ad esempio, collettivi di mobilitazione che potrebbero tessere legami tra le aziende e con gli stabilimenti non ancora mobilitati, rivolgersi alla popolazione affinché sostenga le future mobilitazioni, in particolare creando e alimentando fondi per lo sciopero.
La notte del 31 gennaio è abbastanza ovvio che, se non si sviluppa l'autorganizzazione, vedremo ripetersi uno scenario che purtroppo è diventato classico. Dobbiamo evitare che le direzioni sindacali mantengano il controllo della lotta e la portino al fallimento programmando altri giornate d’azione isolate che diventino vittorie di Pirro, fino all'esaurimento delle truppe. Senza l'autorganizzazione, gli appelli a queste direzioni - bloccate in un dialogo sociale che porta solo a battute d'arresto - si riveleranno ancora una volta impotenti. È quindi necessario mettere in campo una forza materiale alternativa. Deve basarsi sul controllo dello sciopero da parte degli scioperanti stessi.
Per quanto riguarda il piano d’azione in corso, tutti i sindacati sono ovviamente responsabile di questa proposta, ma con alcune sfumature. La Cfdt ha imposto la data del 31 agli altri sindacati, mentre Cgt, Fo, Fsu e Solidaires hanno proposto di anticipare il nuovo sciopero al 26 gennaio.
In nome dell'unità e con l’obiettivo di organizzare numerose manifestazioni, l'intersindacale è di nuovo controllato dalla sua ala destra e diventa ancora più incapace di proporre un piano di battaglia coerente. Ci si chiede se non si tratti di un gioco in cui le direzioni sindacali meno propense al dialogo sociale rispetto alla Cfdt alla fine accettino questa situazione, per far sì che la Cfdt si assuma la responsabilità delle conseguenze delle proprie contraddizioni. Nel campo del dialogo sociale per i sindacati - così come nel campo del riformismo o del centrismo per i partiti - è molto utile avere qualcuno più a destra di te dietro cui nascondersi... Quindi sì, i cortei della Cfdt erano più numerosi di quelli della Cgt in certe città, ma a che pro? Inoltre, bisogna considerare che la dirigenza della Cfdt, nel ruolo di migliore raccoglitore di briciole al tavolo dei padroni, sta forse già negoziando con il governo Macron. Ad esempio, potrebbe trattarsi di cambiamenti nel riconoscimento dei lavori usuranti, di cui si è parlato in occasione delle precedenti riforme e a cui la Cfdt dice di tenere molto. Ma l'efficacia del riconoscimento del lavoro usurante non riguarda quasi nessuno, perché è particolarmente complicato ottenere la certificazione sulla base delle regole stabilite in precedenti trattative.

 

(…)

 

La partecipazione degli studenti e le prossime scadenze

Anche i giovani si sono fortemente mobilitati il 19 gennaio, con blocchi degli istituti secondari e assemblee generali degli studenti che hanno deciso di sostenere la mobilitazione. Questo piccolo inizio di auto-organizzazione tra i giovani è prezioso per la strutturazione del movimento. Lo sgombero di un'assemblea generale degli studenti dell'Università di Strasburgo da parte della polizia è un segno della paura del governo nei confronti dei giovani, il che dovrebbe anche renderci consapevoli della forza che essi rappresentano.
Nel mondo del lavoro, il piano di battaglia delle raffinerie deve rimanere un punto di riferimento per le iniziative di mobilitazione già a partire dalla prossima settimana. Sono poche le realtà dove lo sciopero è stato prolungato nei pubblici esercizi e nelle aziende, ma queste avranno bisogno di punti di appoggio la prossima settimana per stabilire il collegamento con il 31 gennaio e attuare una continuità che vada oltre il calendario e le modalità di azione decise dai sindacati.
Le strutture sindacali più combattive vanno sostenute: nonostante il rinvio della prosecuzione della lotta intersindacale al 31 gennaio, la Cgt settore petrolifero mantiene il suo appello per uno sciopero di 48 ore il 26 e il 27 gennaio, a cui si unirà la Cgt del settore energetico; e la Cgt del settore della logistica di Parigi indice uno sciopero per il 26 gennaio.
La possibilità di successo sta ancora una volta nell’azione autonoma dei lavoratori, con iniziative prese in modalità assembleare: collettivi di mobilitazione, comitati di sciopero coordinati per settori e zone geografiche. Queste strutture di auto-organizzazione farebbero bene a rivolgersi ai dirigenti sindacali dei vari settori per chiedere uno sciopero prolungato. Questo è stato deciso, ad esempio, da Sud Education (il sindacato della scuola di Solidaires, ndt), approfittando della data del 31 gennaio decisa dall'intersindacale.
Queste strutture potrebbero anche mettere all’ordine del giorno gli altri problemi sociali di questo momento. Ad esempio, le donne saranno le più colpite dalla riforma se verrà attuata. Anche il movimento delle donne, la cui organizzazione si sta rafforzando da diversi anni, potrebbe svolgere un ruolo importante nella mobilitazione e trarne beneficio in termini di rafforzamento. Naturalmente, va posta all’ordine del giorno anche la questione dei salari: non è la durata dei contribuiti pensionistici che bisogna aumentare, ma il salario!

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