Grecia
Nessuna tregua al governo di Samaràs!
Nessuna tregua al governo di Samaràs!
dichiarazione della
Lit-Quarta Internazionale

La situazione politica in Grecia ha
richiamato per settimane l’attenzione del mondo. Il risultato delle elezioni,
fondamentali per definire il governo, ha turbato il sonno di tutte le potenze
imperialiste, specialmente delle forze conservatrici e reazionarie dell’Europa
del capitale.
Nel mezzo di una situazione politica polarizzata e con l’economia del Paese strozzata dall’azione dei governi che applicano i piani della sinistra Troika (Fmi, Banca Centrale Europea e Commissione europea), il popolo greco è andato alle urne. Il risultato delle elezioni ha visto un successo di strettissima misura della destra conservatrice e favorevole alla Troika e all’Unione Europea, rappresentata soprattutto da Nuova Democrazia (Nd) che, ottenendo il 29,7% dei voti si è aggiudicato 129 seggi in parlamento grazie a una norma assolutamente antidemocratica che concede un premio di maggioranza di 50 seggi al partito più votato. Senza questo premio, Nd non sarebbe riuscita a formare un governo.
Syriza, un fronte ampio di organizzazioni riformiste, ha ottenuto il 26,9% e 71 seggi. Il Pasok, l’altro partito tradizionale e sottomesso alla Troika, ha avuto il 12,3% e 33 seggi.
La coalizione Greci Indipendenti ha ricevuto il 7,5% (20 seggi); i fascisti di Aurora dorata il 6,9% (18 seggi), Sinistra democratica il 6,2% (17 seggi) e il partito comunista Kke un misero 4,5% con 12 seggi (dopo aver ottenuto l’8,4% alle elezioni di maggio.
Nel mezzo di una situazione politica polarizzata e con l’economia del Paese strozzata dall’azione dei governi che applicano i piani della sinistra Troika (Fmi, Banca Centrale Europea e Commissione europea), il popolo greco è andato alle urne. Il risultato delle elezioni ha visto un successo di strettissima misura della destra conservatrice e favorevole alla Troika e all’Unione Europea, rappresentata soprattutto da Nuova Democrazia (Nd) che, ottenendo il 29,7% dei voti si è aggiudicato 129 seggi in parlamento grazie a una norma assolutamente antidemocratica che concede un premio di maggioranza di 50 seggi al partito più votato. Senza questo premio, Nd non sarebbe riuscita a formare un governo.
Syriza, un fronte ampio di organizzazioni riformiste, ha ottenuto il 26,9% e 71 seggi. Il Pasok, l’altro partito tradizionale e sottomesso alla Troika, ha avuto il 12,3% e 33 seggi.
La coalizione Greci Indipendenti ha ricevuto il 7,5% (20 seggi); i fascisti di Aurora dorata il 6,9% (18 seggi), Sinistra democratica il 6,2% (17 seggi) e il partito comunista Kke un misero 4,5% con 12 seggi (dopo aver ottenuto l’8,4% alle elezioni di maggio.
Un
governo debole e imposto dalla Troika
In un batter d’occhio, eseguendo il compito affidatogli dalla Troika, il conservatore Antonis Samaràs di Nd ha formato un nuovo governo appoggiato dai socialisti del Pasok e da Sinistra Democratica. L’esecutivo comprende membri di Nd e tecnocrati, fra cui va segnalato come ministro delle finanze Vasilis Rapanos, direttore della principale banca greca.
La verità è che il governo della destra che nasce dalle elezioni del 17 giugno è un esecutivo imposto dall’imperialismo, specialmente tedesco e francese, minoritario rispetto alla volontà della maggioranza della popolazione greca.
Tutto il processo elettorale è stato segnato dal ricatto e dalla pressione degli imperialismi europei, un’autentica campagna terroristica affinché i partiti favorevoli a che continuassero il saccheggio e il massacro dei lavoratori potessero vincere le elezioni.
Il culmine dell’attacco alla sovranità del Paese è stata la copertina dell’edizione tedesca del Financial Times che faceva appello a votare Nd come ultima opportunità perché la Grecia restasse nell’eurozona.
La stampa greca ha amplificato le dichiarazioni del governo tedesco e dell’Ue con le quali al popolo greco venivano poste due sole opzioni: o il Memorandum o l’iperinflazione. Ma anche così l’esito elettorale è stato sfavorevole per i partiti che difendono l’applicazione del Memorandum. Circa sei su dieci elettori hanno votato per i partiti del No al Memorandum e circa il 40% dell’elettorato si è astenuto in un Paese in cui il voto è obbligatorio.
Ma la frode di un regime che è incapace di esprimere la volontà della maggioranza della popolazione si esprime anche nella formazione del governo, in cui è stata inserita anche Sinistra Democratica, partito che ha fatto campagna elettorale contro l’applicazione del Memorandum ma entra in un governo il cui compito è proprio la sua applicazione e maggiori sacrifici per le masse popolari.
È un governo debole. Non ha ottenuto una vera maggioranza parlamentare (se non attraverso il meccanismo del premio di maggioranza) e deve procedere in una congiuntura politica in cui le lotte di resistenza contro il saccheggio del Paese ad opera del popolo greco continuano. Tutti i partiti favorevoli alla guerra sociale contro la Grecia hanno ottenuto poco più del 40% dei voti. La maggioranza degli elettori li ha respinti, insieme alla loro politica di fame e di sottomissione. È in queste condizioni che il governo di Samaràs dovrà sostenere i tagli e gli aggiustamenti che Angela Merkel e la Troika esigono incondizionatamente.
Il governo di Nd, Pasok e Sinistra Democratica è stato imposto dalla Troika e non è espressione della maggioranza della popolazione, di cui non ha l’appoggio. I lavoratori greci non possono dargli neanche un giorno di tregua, debbono scendere in piazza e preparare la resistenza costruendo le loro organizzazioni nei posti di lavoro, preparare la lotta contro le leggi che ora il parlamento greco dovrà approvare per mettere in pratica i provvedimenti imposti dal Memorandum di aiuto alle banche.
In un batter d’occhio, eseguendo il compito affidatogli dalla Troika, il conservatore Antonis Samaràs di Nd ha formato un nuovo governo appoggiato dai socialisti del Pasok e da Sinistra Democratica. L’esecutivo comprende membri di Nd e tecnocrati, fra cui va segnalato come ministro delle finanze Vasilis Rapanos, direttore della principale banca greca.
La verità è che il governo della destra che nasce dalle elezioni del 17 giugno è un esecutivo imposto dall’imperialismo, specialmente tedesco e francese, minoritario rispetto alla volontà della maggioranza della popolazione greca.
Tutto il processo elettorale è stato segnato dal ricatto e dalla pressione degli imperialismi europei, un’autentica campagna terroristica affinché i partiti favorevoli a che continuassero il saccheggio e il massacro dei lavoratori potessero vincere le elezioni.
Il culmine dell’attacco alla sovranità del Paese è stata la copertina dell’edizione tedesca del Financial Times che faceva appello a votare Nd come ultima opportunità perché la Grecia restasse nell’eurozona.
La stampa greca ha amplificato le dichiarazioni del governo tedesco e dell’Ue con le quali al popolo greco venivano poste due sole opzioni: o il Memorandum o l’iperinflazione. Ma anche così l’esito elettorale è stato sfavorevole per i partiti che difendono l’applicazione del Memorandum. Circa sei su dieci elettori hanno votato per i partiti del No al Memorandum e circa il 40% dell’elettorato si è astenuto in un Paese in cui il voto è obbligatorio.
Ma la frode di un regime che è incapace di esprimere la volontà della maggioranza della popolazione si esprime anche nella formazione del governo, in cui è stata inserita anche Sinistra Democratica, partito che ha fatto campagna elettorale contro l’applicazione del Memorandum ma entra in un governo il cui compito è proprio la sua applicazione e maggiori sacrifici per le masse popolari.
È un governo debole. Non ha ottenuto una vera maggioranza parlamentare (se non attraverso il meccanismo del premio di maggioranza) e deve procedere in una congiuntura politica in cui le lotte di resistenza contro il saccheggio del Paese ad opera del popolo greco continuano. Tutti i partiti favorevoli alla guerra sociale contro la Grecia hanno ottenuto poco più del 40% dei voti. La maggioranza degli elettori li ha respinti, insieme alla loro politica di fame e di sottomissione. È in queste condizioni che il governo di Samaràs dovrà sostenere i tagli e gli aggiustamenti che Angela Merkel e la Troika esigono incondizionatamente.
Il governo di Nd, Pasok e Sinistra Democratica è stato imposto dalla Troika e non è espressione della maggioranza della popolazione, di cui non ha l’appoggio. I lavoratori greci non possono dargli neanche un giorno di tregua, debbono scendere in piazza e preparare la resistenza costruendo le loro organizzazioni nei posti di lavoro, preparare la lotta contro le leggi che ora il parlamento greco dovrà approvare per mettere in pratica i provvedimenti imposti dal Memorandum di aiuto alle banche.
I limiti
di Syriza
Purtroppo, il principale dirigente di Syriza, Alexis Tsipras, marcia in direzione opposta. Propone una politica di “pace sociale” con un governo che ha dichiarato guerra ai lavoratori. In un’intervista rilasciata il giorno successivo al risultato elettorale, Tsipras, “interrogato sulla strategia dopo le elezioni di domenica, ha precisato che non avrebbe fatto appello ai suoi militanti perché scendessero in piazza per protestare contro le misure di austerità (…) ‘Solidarietà e resistenza sono importanti, ma adesso è la solidarietà ad essere più importante’, ha affermato. E ha continuato dicendo che ‘il nostro ruolo è stare dentro e fuori dal parlamento, plaudendo a qualsiasi cosa possa essere positiva e condannando tutto ciò che è negativo avanzando proposte alternative’” (1)
Ma che significa sostenere che la “solidarietà” è più importante della resistenza? Lo stesso dirigente di Syriza lo spiega affermando che si impegnerà a lottare per “creare uno scudo di protezione per gli emarginati”. Vale a dire, invece di resistere alle misure imposte dall’Ue attraverso la loro lotta, i lavoratori dovrebbero accontentarsi di lottare per misure di “solidarietà” che compensino la distruzione del Paese e la loro miseria. Invece di resistere, dovrebbero creare uno “scudo di protezione”, cioè elemosine e rassegnazione per la distruzione del Paese.
Ma, al di là di questo, Syriza sta gettando nella spazzatura i voti che ha avuto dai lavoratori che hanno detto No al memorandum quando afferma che “plaudirà” i provvedimenti positivi del governo.
Non ci sarà nessuna misura positiva da un governo imposto ai lavoratori dalla Troika e che ha come unico compito quello di applicare i provvedimenti imposti dall’imperialismo.
L’unico modo di aiutare i lavoratori e non le banche e il capitale finanziario è mettere in campo un’opposizione frontale a questo governo, denunciarlo dal primo giorno sulla base del grande esito elettorale e della resistenza nelle piazze, nei quartieri e nei luoghi di lavoro.
Appoggiare qualsiasi misura di questo governo criticandone solo i provvedimenti “sbagliati” è una formula di vergognoso appoggio ad un governo che cercherà di ingannare i lavoratori, che dirà che rinegozierà il Memorandum mentre in realtà cerca di guadagnare tempo per continuare col piano di privatizzazioni, licenziamenti e tagli di bilancio.
Ci sono tutte le condizioni per sconfiggere l’applicazione dei piani imperialisti. Manca al governo la legittimità per imporre i piani, la crisi del regime politico può continuare se i lavoratori continuano con la loro resistenza e mobilitazione.
Ma sembra che Syriza voglia percorrere la strada opposta, quella di aiutare a ricomporre un regime in crisi e senza nessuna opportunità di applicare le misure imposte alle masse popolari greche dall’imperialismo.
Purtroppo, il principale dirigente di Syriza, Alexis Tsipras, marcia in direzione opposta. Propone una politica di “pace sociale” con un governo che ha dichiarato guerra ai lavoratori. In un’intervista rilasciata il giorno successivo al risultato elettorale, Tsipras, “interrogato sulla strategia dopo le elezioni di domenica, ha precisato che non avrebbe fatto appello ai suoi militanti perché scendessero in piazza per protestare contro le misure di austerità (…) ‘Solidarietà e resistenza sono importanti, ma adesso è la solidarietà ad essere più importante’, ha affermato. E ha continuato dicendo che ‘il nostro ruolo è stare dentro e fuori dal parlamento, plaudendo a qualsiasi cosa possa essere positiva e condannando tutto ciò che è negativo avanzando proposte alternative’” (1)
Ma che significa sostenere che la “solidarietà” è più importante della resistenza? Lo stesso dirigente di Syriza lo spiega affermando che si impegnerà a lottare per “creare uno scudo di protezione per gli emarginati”. Vale a dire, invece di resistere alle misure imposte dall’Ue attraverso la loro lotta, i lavoratori dovrebbero accontentarsi di lottare per misure di “solidarietà” che compensino la distruzione del Paese e la loro miseria. Invece di resistere, dovrebbero creare uno “scudo di protezione”, cioè elemosine e rassegnazione per la distruzione del Paese.
Ma, al di là di questo, Syriza sta gettando nella spazzatura i voti che ha avuto dai lavoratori che hanno detto No al memorandum quando afferma che “plaudirà” i provvedimenti positivi del governo.
Non ci sarà nessuna misura positiva da un governo imposto ai lavoratori dalla Troika e che ha come unico compito quello di applicare i provvedimenti imposti dall’imperialismo.
L’unico modo di aiutare i lavoratori e non le banche e il capitale finanziario è mettere in campo un’opposizione frontale a questo governo, denunciarlo dal primo giorno sulla base del grande esito elettorale e della resistenza nelle piazze, nei quartieri e nei luoghi di lavoro.
Appoggiare qualsiasi misura di questo governo criticandone solo i provvedimenti “sbagliati” è una formula di vergognoso appoggio ad un governo che cercherà di ingannare i lavoratori, che dirà che rinegozierà il Memorandum mentre in realtà cerca di guadagnare tempo per continuare col piano di privatizzazioni, licenziamenti e tagli di bilancio.
Ci sono tutte le condizioni per sconfiggere l’applicazione dei piani imperialisti. Manca al governo la legittimità per imporre i piani, la crisi del regime politico può continuare se i lavoratori continuano con la loro resistenza e mobilitazione.
Ma sembra che Syriza voglia percorrere la strada opposta, quella di aiutare a ricomporre un regime in crisi e senza nessuna opportunità di applicare le misure imposte alle masse popolari greche dall’imperialismo.
Dal No al
Memorandum alla negoziazione
Prima delle elezioni, abbiamo sostenuto la formazione di un fronte di sinistra intorno a Syriza che avesse al centro il No al Memorandum e che facesse appello alla mobilitazione dei lavoratori e alla solidarietà dei lavoratori dell’Europa per affrontare la borghesia greca ed europea.
Ma avvertivamo: “La sinistra greca è di fronte ad un crocevia: l’espulsione della Grecia dall’euro se Syriza non cede di fronte al Memorandum o non lo fa con la dovuta osservanza dei diktat tedeschi; oppure cedere ‘per non essere espulsi dall’euro’ mantenendo così, ancora per tutto un periodo, l’agonia del popolo greco. L’accettazione della seconda alternativa rappresenta la scommessa sulla condanna delle masse popolari elleniche alla miseria, sarebbe il suicidio politico di Syriza e permetterebbe un chiaro rafforzamento delle forze fasciste, nelle cui mani resterebbe la bandiera della rottura con l’Ue e l’euro”.
Tuttavia, la rapidità degli avvenimenti e la politica dell’imperialismo hanno posto Syriza di fronte ad un crocevia, anche prima della possibilità di vincere le elezioni. La contraddizione tra la sospensione immediata del Memorandum e le insistenti dichiarazioni dei dirigenti di Syriza che avrebbero combattuto per rimanere nell’euro ad ogni costo negoziando con l’imperialismo, proprio mentre questo affermava che non ci sarebbe stato alcun negoziato, ha anticipato la necessità che Syriza sviluppasse il suo programma dando un’alternativa alla possibile uscita della Grecia dall’euro.
I cinque punti presentati in campagna elettorale non hanno risposto al tema fondamentale che ha polarizzato le elezioni: che fare di fronte a una possibile uscita dall’euro.
Durante la campagna elettorale, tutte le voci dell’imperialismo, dalla Merkel a Obama, hanno considerato inaccettabile il primo punto del programma: “Abolizione del Memorandum e di tutti i provvedimenti di austerità, delle controriforme e delle leggi sul lavoro che stanno distruggendo il Paese”. E hanno affermato: o il Memorandum o l’espulsione dall’euro.
Parallelamente alla minaccia d’espulsione, la campagna mediatica della borghesia imperialista e greca prospettava che in una Grecia fuori dall’euro sarebbe stato imposto il “corralito”, cioè il blocco di tutti i depositi bancari, ci sarebbe stata iperinflazione e non ci sarebbero state risorse dello Stato per pagare gli impiegati pubblici senza le rate degli “aiuti” promessi.
Di fronte alla minaccia di espulsione dalla zona euro, i dirigenti di Syriza hanno risposto che essi erano i più ferventi difensori della permanenza della Grecia nell’euro.
Il responsabile della politica estera di Syriza, Yannis Bournus, rispondendo a una domanda di un giornalista sul se il suo partito fosse a favore dell’uscita della Grecia dall’euro, ha affermato: “Ciò fa parte di una campagna di diffamazione senza precedenti di cui Syriza costituisce da tempo l’obiettivo (…) Sia il nostro programma che gli interventi pubblici dei nostri dirigenti mostrano chiaramente che quello di portare la Grecia fuori dalla zona euro non è l’obiettivo politico di Syriza”. E, subito dopo, ha aggiunto che l’uscita della Grecia dall’eurozona sarebbe “un disastro non solo per il popolo greco, ma anche per i creditori stranieri”. In altri termini, Syriza non vuole smettere di pagare il debito, limitandosi a discutere quella che considera la sua parte illegittima.
Di fronte alla minaccia di espulsione dall’euro, Syriza non ha risposto che il ricatto dell’iperinflazione e la minaccia del blocco dei depositi avrebbero potuto essere risolti con l’espropriazione delle banche, la nazionalizzazione delle multinazionali e il controllo da parte dello Stato del credito e del commercio estero; che se il rifiuto di rispettare il Memorandum con il conseguente caos nella vita della classe lavoratrice si fosse risolto nell’espulsione dall’euro, sarebbero stati i borghesi, le loro proprietà e i loro profitti, l’obiettivo del nuovo governo.
Se l’uscita dall’euro significava davvero un disastro per il popolo greco – e l’imperialismo tedesco ha affermato a chiare lettere che il mancato rispetto del Memorandum significava l’uscita dall’euro – una parte dei potenziali elettori di Syriza hanno concluso che era meglio votare per Nd che frattanto aveva scelto di difendere la revisione del Memorandum e la permanenza nell’euro.
La rapidità degli avvenimenti nelle situazioni rivoluzionarie come quella della Grecia rende giorni i mesi. Syriza aveva due opzioni chiare ove avesse vinto le elezioni: tener fermo l’annullamento unilaterale del Memorandum, oppure negoziare le misure per rimanere nell’euro. L’imperialismo ha anticipato il dibattito e ha preteso una risposta categorica. Syriza non ha portato fino alle estreme conseguenze la rottura unilaterale del Memorandum, poiché ciò avrebbe richiesto la modifica del suo programma e di appoggiare la sua politica sulla mobilitazione dei lavoratori prendendo misure contro il capitale finanziario: tutto questo avrebbe implicato dichiarare che il vero caos è la disoccupazione, la mancanza di sanità pubblica e la miseria che si abbatte sul popolo; che chi avrebbe pagato il prezzo dell’uscita dall’euro sarebbero stati i capitalisti e non i lavoratori.
E perciò il programma di emergenza presentato alle elezioni è rimasto al di sotto della polarizzazione politica generata dalla pressione dell’imperialismo. Era allora necessario riaffermare il rifiuto del pagamento del debito, l’espropriazione delle banche e delle imprese strategiche senza indennizzo, diminuendo l’orario di lavoro per garantire impiego a tutti i disoccupati, e decretare il monopolio del commercio estero.
Il problema principale di Syriza, al di là del suo programma riformista, è stato l’avere scommesso su una via esclusivamente elettorale e non aver fatto appello alla mobilitazione di massa per sconfiggere l’imperialismo e i settori conservatori greci. Essendo una direzione riformista, per Syriza il centro di tutto è rappresentato dalle elezioni, che invece è un terreno controllato dal capitale. La borghesia ha lanciato un’intensa campagna terroristica contro il voto a Syriza e ha fatto leva sui settori più arretrati per vincere le elezioni. Syriza continua a scommettere sulla strada elettorale e sulle istituzioni borghesi, puntando le sue carte sul logoramento del nuovo governo e in attesa di nuove elezioni.
Prima delle elezioni, abbiamo sostenuto la formazione di un fronte di sinistra intorno a Syriza che avesse al centro il No al Memorandum e che facesse appello alla mobilitazione dei lavoratori e alla solidarietà dei lavoratori dell’Europa per affrontare la borghesia greca ed europea.
Ma avvertivamo: “La sinistra greca è di fronte ad un crocevia: l’espulsione della Grecia dall’euro se Syriza non cede di fronte al Memorandum o non lo fa con la dovuta osservanza dei diktat tedeschi; oppure cedere ‘per non essere espulsi dall’euro’ mantenendo così, ancora per tutto un periodo, l’agonia del popolo greco. L’accettazione della seconda alternativa rappresenta la scommessa sulla condanna delle masse popolari elleniche alla miseria, sarebbe il suicidio politico di Syriza e permetterebbe un chiaro rafforzamento delle forze fasciste, nelle cui mani resterebbe la bandiera della rottura con l’Ue e l’euro”.
Tuttavia, la rapidità degli avvenimenti e la politica dell’imperialismo hanno posto Syriza di fronte ad un crocevia, anche prima della possibilità di vincere le elezioni. La contraddizione tra la sospensione immediata del Memorandum e le insistenti dichiarazioni dei dirigenti di Syriza che avrebbero combattuto per rimanere nell’euro ad ogni costo negoziando con l’imperialismo, proprio mentre questo affermava che non ci sarebbe stato alcun negoziato, ha anticipato la necessità che Syriza sviluppasse il suo programma dando un’alternativa alla possibile uscita della Grecia dall’euro.
I cinque punti presentati in campagna elettorale non hanno risposto al tema fondamentale che ha polarizzato le elezioni: che fare di fronte a una possibile uscita dall’euro.
Durante la campagna elettorale, tutte le voci dell’imperialismo, dalla Merkel a Obama, hanno considerato inaccettabile il primo punto del programma: “Abolizione del Memorandum e di tutti i provvedimenti di austerità, delle controriforme e delle leggi sul lavoro che stanno distruggendo il Paese”. E hanno affermato: o il Memorandum o l’espulsione dall’euro.
Parallelamente alla minaccia d’espulsione, la campagna mediatica della borghesia imperialista e greca prospettava che in una Grecia fuori dall’euro sarebbe stato imposto il “corralito”, cioè il blocco di tutti i depositi bancari, ci sarebbe stata iperinflazione e non ci sarebbero state risorse dello Stato per pagare gli impiegati pubblici senza le rate degli “aiuti” promessi.
Di fronte alla minaccia di espulsione dalla zona euro, i dirigenti di Syriza hanno risposto che essi erano i più ferventi difensori della permanenza della Grecia nell’euro.
Il responsabile della politica estera di Syriza, Yannis Bournus, rispondendo a una domanda di un giornalista sul se il suo partito fosse a favore dell’uscita della Grecia dall’euro, ha affermato: “Ciò fa parte di una campagna di diffamazione senza precedenti di cui Syriza costituisce da tempo l’obiettivo (…) Sia il nostro programma che gli interventi pubblici dei nostri dirigenti mostrano chiaramente che quello di portare la Grecia fuori dalla zona euro non è l’obiettivo politico di Syriza”. E, subito dopo, ha aggiunto che l’uscita della Grecia dall’eurozona sarebbe “un disastro non solo per il popolo greco, ma anche per i creditori stranieri”. In altri termini, Syriza non vuole smettere di pagare il debito, limitandosi a discutere quella che considera la sua parte illegittima.
Di fronte alla minaccia di espulsione dall’euro, Syriza non ha risposto che il ricatto dell’iperinflazione e la minaccia del blocco dei depositi avrebbero potuto essere risolti con l’espropriazione delle banche, la nazionalizzazione delle multinazionali e il controllo da parte dello Stato del credito e del commercio estero; che se il rifiuto di rispettare il Memorandum con il conseguente caos nella vita della classe lavoratrice si fosse risolto nell’espulsione dall’euro, sarebbero stati i borghesi, le loro proprietà e i loro profitti, l’obiettivo del nuovo governo.
Se l’uscita dall’euro significava davvero un disastro per il popolo greco – e l’imperialismo tedesco ha affermato a chiare lettere che il mancato rispetto del Memorandum significava l’uscita dall’euro – una parte dei potenziali elettori di Syriza hanno concluso che era meglio votare per Nd che frattanto aveva scelto di difendere la revisione del Memorandum e la permanenza nell’euro.
La rapidità degli avvenimenti nelle situazioni rivoluzionarie come quella della Grecia rende giorni i mesi. Syriza aveva due opzioni chiare ove avesse vinto le elezioni: tener fermo l’annullamento unilaterale del Memorandum, oppure negoziare le misure per rimanere nell’euro. L’imperialismo ha anticipato il dibattito e ha preteso una risposta categorica. Syriza non ha portato fino alle estreme conseguenze la rottura unilaterale del Memorandum, poiché ciò avrebbe richiesto la modifica del suo programma e di appoggiare la sua politica sulla mobilitazione dei lavoratori prendendo misure contro il capitale finanziario: tutto questo avrebbe implicato dichiarare che il vero caos è la disoccupazione, la mancanza di sanità pubblica e la miseria che si abbatte sul popolo; che chi avrebbe pagato il prezzo dell’uscita dall’euro sarebbero stati i capitalisti e non i lavoratori.
E perciò il programma di emergenza presentato alle elezioni è rimasto al di sotto della polarizzazione politica generata dalla pressione dell’imperialismo. Era allora necessario riaffermare il rifiuto del pagamento del debito, l’espropriazione delle banche e delle imprese strategiche senza indennizzo, diminuendo l’orario di lavoro per garantire impiego a tutti i disoccupati, e decretare il monopolio del commercio estero.
Il problema principale di Syriza, al di là del suo programma riformista, è stato l’avere scommesso su una via esclusivamente elettorale e non aver fatto appello alla mobilitazione di massa per sconfiggere l’imperialismo e i settori conservatori greci. Essendo una direzione riformista, per Syriza il centro di tutto è rappresentato dalle elezioni, che invece è un terreno controllato dal capitale. La borghesia ha lanciato un’intensa campagna terroristica contro il voto a Syriza e ha fatto leva sui settori più arretrati per vincere le elezioni. Syriza continua a scommettere sulla strada elettorale e sulle istituzioni borghesi, puntando le sue carte sul logoramento del nuovo governo e in attesa di nuove elezioni.
La lotta
al fascismo
La scorsa settimana, un gruppo di pescatori egiziani residenti nella regione del Pireo è stato brutalmente attaccato durante il sonno, un candelotto lacrimogeno è stato lanciato nell’alloggio e uomini armati di bastoni hanno colpito i lavoratori, di cui molti sono stati ricoverati in ospedale. Il rappresentante della comunità afghana ha denunciato che nell’ultimo anno 21 lavoratori sono stati assassinati e 42 gravemente feriti.
Queste azioni, sostenute e difese da Aurora Dorata, che non è più una caricatura ed è arrivata ad avere il 6,9% alle elezioni convertendosi nella prima organizzazione fascista con peso di massa dopo la Seconda Guerra Mondiale, rappresentano uno dei fatti politici più importanti di queste elezioni.
Questo gruppo di banditi si serve di metodi da guerra civile contro una parte del proletariato greco, gli immigrati, poiché li ritiene responsabili della disoccupazione al 23%, mentre tiene un’attitudine codarda di fronte alla borghesia greca, che è invece complice dell’imperialismo nell’applicazione dei piani di miseria.
Ma una parte della politica di Aurora Dorata – quella della rottura con l’euro e l’Ue, che la stampa ha cercato di screditare finendo invece per dare ancora più spazio politico a questi assassini – ha avuto una certa eco nelle masse lavoratrici disperate per la crisi e poste di fronte alla mancanza di una vera risposta di rottura con l’Ue: una risposta internazionalista, che espropri le imprese e le banche imperialiste e faccia appello ai lavoratori europei.
È necessaria e fondamentale la costituzione di organismi di autodifesa degli immigrati, sostenuti e appoggiati dalle organizzazioni della sinistra, dai sindacati; è necessario costruire il modo per combattere da subito quest’organizzazione, che altrimenti si rivolgerà contro la maggioranza dei lavoratori e le loro organizzazioni.
La scorsa settimana, un gruppo di pescatori egiziani residenti nella regione del Pireo è stato brutalmente attaccato durante il sonno, un candelotto lacrimogeno è stato lanciato nell’alloggio e uomini armati di bastoni hanno colpito i lavoratori, di cui molti sono stati ricoverati in ospedale. Il rappresentante della comunità afghana ha denunciato che nell’ultimo anno 21 lavoratori sono stati assassinati e 42 gravemente feriti.
Queste azioni, sostenute e difese da Aurora Dorata, che non è più una caricatura ed è arrivata ad avere il 6,9% alle elezioni convertendosi nella prima organizzazione fascista con peso di massa dopo la Seconda Guerra Mondiale, rappresentano uno dei fatti politici più importanti di queste elezioni.
Questo gruppo di banditi si serve di metodi da guerra civile contro una parte del proletariato greco, gli immigrati, poiché li ritiene responsabili della disoccupazione al 23%, mentre tiene un’attitudine codarda di fronte alla borghesia greca, che è invece complice dell’imperialismo nell’applicazione dei piani di miseria.
Ma una parte della politica di Aurora Dorata – quella della rottura con l’euro e l’Ue, che la stampa ha cercato di screditare finendo invece per dare ancora più spazio politico a questi assassini – ha avuto una certa eco nelle masse lavoratrici disperate per la crisi e poste di fronte alla mancanza di una vera risposta di rottura con l’Ue: una risposta internazionalista, che espropri le imprese e le banche imperialiste e faccia appello ai lavoratori europei.
È necessaria e fondamentale la costituzione di organismi di autodifesa degli immigrati, sostenuti e appoggiati dalle organizzazioni della sinistra, dai sindacati; è necessario costruire il modo per combattere da subito quest’organizzazione, che altrimenti si rivolgerà contro la maggioranza dei lavoratori e le loro organizzazioni.
Una
risposta anticapitalista e internazionalista
La risposta della maggioranza della sinistra europea al problema della rottura con l’Ue e l’euro è stata che non possiamo mischiarci al discorso nazionalista della destra. Nel caso della Grecia, essere internazionalisti significherebbe accettare la tutela del Pese da parte dell’imperialismo tedesco e francese che controlla la maggioranza delle istituzioni dell’Ue. Confondono i lavoratori, poiché il vero internazionalismo di cui hanno bisogno i lavoratori non si confonde con l’Ue e le sue istituzioni.
L’Ue e l’euro non rappresentano affatto l’unità per i popoli europei, sono invece una macchina da guerra che serve a salvare il cuore dell’industria e delle finanze europee – Francia e Germania – annegando nella miseria i Paesi della periferia europea. L’Unione europea è l’unione delle banche, dei capitalisti e dei ricchi.
Qualsiasi misura attenti agli interessi reali della borghesia greca, attenterà agli interessi reali del capitale imperialista che domina l'economia ellenica. La permanenza della Grecia nell’euro interessa soltanto alla borghesia greca e ai suoi affari. Il prezzo che la maggioranza del popolo greco dovrà pagare affinché la sua borghesia continui ad essere socia di minoranza e subordinata al grande capitale europeo sarà l’approfondimento della miseria.
Nessuno dei problemi fondamentali che opprimono le masse popolari greche è stato risolto da queste elezioni. La tendenza della situazione è l’approfondimento della crisi, nel vivo della crisi capitalistica in Europa. L’attuale scenario della Troika prevede la necessità, nel 2014, di un terzo “aiuto” di 50 miliardi di euro. Le proiezioni dello stesso imperialismo dicono che se il Memorandum sarà rispettato, costi quel che costi, ampliando le privatizzazioni, aumentando brutalmente lo sfruttamento dei lavoratori affinché le imprese paghino le banche e lo Stato aumenti la riscossione fiscale licenziando 150.000 dipendenti pubblici e aumentando le imposte, dopo tutto questo e nonostante tutte le misure, il debito pubblico giungerebbe al 178% del Pil alla fine del 2015.
In questo contesto, la politica imperialista consiste nello spogliare completamente il Paese che si trova immerso in una depressione economica profonda, nel privatizzare, licenziare, sfruttare, e così via anche dopo tutto questo massacro. Ma tutto dipenderà dallo sviluppo della crisi nell’insieme dell’Europa e dalla resistenza del proletariato greco a questo piano genocida.
A fronte di tutto ciò, non c’è futuro per il popolo lavoratore nell’euro. La rottura con la moneta unica è posta di fronte alla necessità di attaccare la proprietà privata dell’imperialismo e della borghesia greca, unica interessata alla permanenza nell’euro per fungere da lacchè dell’imperialismo europeo nella regione.
__________
(1) Agenzia Reuters, Athenas News, 18/6/2012.
La risposta della maggioranza della sinistra europea al problema della rottura con l’Ue e l’euro è stata che non possiamo mischiarci al discorso nazionalista della destra. Nel caso della Grecia, essere internazionalisti significherebbe accettare la tutela del Pese da parte dell’imperialismo tedesco e francese che controlla la maggioranza delle istituzioni dell’Ue. Confondono i lavoratori, poiché il vero internazionalismo di cui hanno bisogno i lavoratori non si confonde con l’Ue e le sue istituzioni.
L’Ue e l’euro non rappresentano affatto l’unità per i popoli europei, sono invece una macchina da guerra che serve a salvare il cuore dell’industria e delle finanze europee – Francia e Germania – annegando nella miseria i Paesi della periferia europea. L’Unione europea è l’unione delle banche, dei capitalisti e dei ricchi.
Qualsiasi misura attenti agli interessi reali della borghesia greca, attenterà agli interessi reali del capitale imperialista che domina l'economia ellenica. La permanenza della Grecia nell’euro interessa soltanto alla borghesia greca e ai suoi affari. Il prezzo che la maggioranza del popolo greco dovrà pagare affinché la sua borghesia continui ad essere socia di minoranza e subordinata al grande capitale europeo sarà l’approfondimento della miseria.
Nessuno dei problemi fondamentali che opprimono le masse popolari greche è stato risolto da queste elezioni. La tendenza della situazione è l’approfondimento della crisi, nel vivo della crisi capitalistica in Europa. L’attuale scenario della Troika prevede la necessità, nel 2014, di un terzo “aiuto” di 50 miliardi di euro. Le proiezioni dello stesso imperialismo dicono che se il Memorandum sarà rispettato, costi quel che costi, ampliando le privatizzazioni, aumentando brutalmente lo sfruttamento dei lavoratori affinché le imprese paghino le banche e lo Stato aumenti la riscossione fiscale licenziando 150.000 dipendenti pubblici e aumentando le imposte, dopo tutto questo e nonostante tutte le misure, il debito pubblico giungerebbe al 178% del Pil alla fine del 2015.
In questo contesto, la politica imperialista consiste nello spogliare completamente il Paese che si trova immerso in una depressione economica profonda, nel privatizzare, licenziare, sfruttare, e così via anche dopo tutto questo massacro. Ma tutto dipenderà dallo sviluppo della crisi nell’insieme dell’Europa e dalla resistenza del proletariato greco a questo piano genocida.
A fronte di tutto ciò, non c’è futuro per il popolo lavoratore nell’euro. La rottura con la moneta unica è posta di fronte alla necessità di attaccare la proprietà privata dell’imperialismo e della borghesia greca, unica interessata alla permanenza nell’euro per fungere da lacchè dell’imperialismo europeo nella regione.
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(1) Agenzia Reuters, Athenas News, 18/6/2012.