In primo luogo, non si tratta di una"nazionalizzazione senza indennizzo", ma di un acquisto, in accordo con le norme accettate dal diritto borghese e dai criteri capitalisti. Nel caso della Cantv, la Verizon aveva messo in vendita le sue azioni, come parte di un piano di ristrutturazione continentale. Quello che tuttavia è in discussione e ha irritato il governo degli Usa, è il prezzo, perché Chavez chiese di considerare come pagamento il fatto che lo Stato venezuelano si sarebbe fatto carico dei licenziati. Per parte sua, per l'acquisto della compagnia elettrica Edc, si pagarono 730 milioni di dollari. I giornali informano del fatto che "l'operazione non causò maggiori controversie con la firma nordamericana. Il rappresentante dell'impresa che ha firmato l'accordo, Paul Narran, affermò: ‘crediamo fortemente nel Venezuela e nell'Edc come compagnia" (Clarìn, 10/2/07).
In secondo luogo, le nazionalizzazioni non si estendono ad altri settori chiave dell'economia dove le imprese imperialiste hanno un grosso peso, come la produzione di petrolio o l'industria automobilistica, dominata da General Motors, Ford, Mitsubishi e Toyota (con grandi benefici da parte dello Stato venezuelano).
D'altra parte il governo non richiede nessun tipo di controllo da parte dei lavoratori di queste nazionalizzazioni, né nell'acquisto né nella gestione delle future imprese statali. Per questo, è molto probabile che in queste si ripetano i negoziati che i principali quadri del chavismo stanno facendo per il Pdvsa e in altre aree dello Stato (a partire da quella che hanno iniziato a chiamare "borghesia bolivariana"
Secondo tutta la nostra analisi precedente, per avanzare in questo cammino sarebbe necessario che le imprese fossero espropriate senza indennizzo e non acquistate (i loro proprietari hanno già saccheggiato il Paese per un valore molto maggiore di quello che perderebbero). Allo stesso tempo, se realmente si intendesse recuperare la sovranità economica del Paese, queste misure dovrebbero estendersi agli altri settori dell'economia, specialmente a quello petrolifero. Infine, affinché queste nazionalizzazioni portino un beneficio reale ai lavoratori e alle masse, dovrebbero essere poste sotto il controllo democratico dei lavoratori e delle loro organizzazioni, come i sindacati di ogni settore e la Unt (Unione Nazionale dei Lavoratori).
Non crediamo che Chavez avanzerà in queste misure. Al contrario, crediamo che vi si opporrà. Ma il popolo venezuelano confida in lui. Per questo, chiamiamo i lavoratori e le masse venezuelane a organizzarsi e a mobilitarsi per esigere che applichi questa politica. Se, come noi crediamo, Chavez non la porterà avanti, questa mobilitazione e questa organizzazione permetteranno che siano i lavoratori e le masse a prenderla direttamente in mano.
Contrariamente a quello che si crede, il governo di Hugo Chavez ha approfondito questa politica: ha creato nuove "imprese miste" tra Pdvsa (51% della proprietà) e le compagnie straniere (49%). D'altro canto, concesse loro altre zone di sfruttamento esclusivo, ora chiamate "associazioni strategiche". Sommando questi due meccanismi, la Conoco-Philips, la Chevron-Texaco, la Exxon-Mobil ecc... controllano il 40% della produzione del Paese e ottengono un guadagno di 11 milioni di dollari al giorno (4.015 milioni di dollari all'anno). Le misure annunciate recentemente elimineranno le concessioni e le trasformeranno in "imprese miste". Sebbene questo possa rappresentare una diminuzione della percentuale di petrolio controllato dalle compagnie straniere, implica anche il loro consolidamento nel paese, perché così ora diventeranno comproprietari dei pozzi che sfruttano nella Faja del Orinoco.
Nel caso del gas, fin ad ora poco sfruttato commercialmente ma con forti prospettive di crescita per il futuro "gasdotto latinoamericano", il governo ha dato in concessione completa a Chevron-Texaco, British, Statoli e Total i giacimenti ubicati nella Piattaforma Del tana, mentre la Gazprom (russa) ha ottenuto il progetto Rafael Urdaneta, nell'ovest del Paese.
Questa politica ha acquistato un carattere costituzionale: la Costituzione approvata nel 1999, anche se conferma che le azioni di Pdvsa possono essere solo statali, nell'articolo 303 autorizza a privatizzare parzialmente l'industria petrolifera attraverso "filiali, imprese e associazioni strategiche" che Pdvsa deve creare nel suo sviluppo.
Questa politica fu presentata come il cammino per lo sviluppo economico e l'ingresso nel "primo mondo".
Una parte del movimento di massa latinoamericano, prima del collasso del cosiddetto "socialismo reale", credette per un periodo in queste idee e, come conseguenza, governi come quello di Fernando Enrique Cardoso in Brasile o di Carlos Menem in Argentina dominarono la scena.
Ma le bugie hanno le gambe corte, e in pochi anni le masse comprovarono che il risultato era solo un aumento della povertà e della miseria, come parte di una maggiore colonizzazione imperialista dei Paesi latinoamericani e che dovevano lottare contro questa politica ed i governi che la applicavano. Questo si espresse, all'inizio del XXI secolo, con l'aprirsi di continui processi rivoluzionari in vari Paesi (Ecuador, Argentina, Bolivia e Venezuela).
Queste lotte, con le loro rivendicazioni contro il capitalismo imperialista e la colonizzazione (rifiuto della dollarizzazione dell'economia, nazionalizzazione senza indennizzo delle risorse naturali, no al pagamento del debito estero, rottura col Fmi), tornarono a collocare il socialismo come una prospettiva necessaria per le masse.
Parafrasando Marx, il socialismo è un "fantasma" presente che si rifiuta di morire.
La seconda alternativa è che Chavez non voglia avanzare nella costruzione del socialismo, ma sia obbligato a utilizzarlo nei suoi discorsi, per la situazione che abbiamo analizzato, come un meccanismo per ingannare il movimento di massa. Sarebbe a dire: parla di socialismo per nascondere il suo progetto che il Venezuela continui ad essere un Paese capitalista.
Crediamo che questa seconda alternativa sia quella che corrisponde alla realtà.
Per questo ci pare meglio inquadrare il problema, per così dire, a negativo. Cioè, analizzare le politiche e le misure portate avanti dal chavismo e verificare se queste rappresentano o no una rottura con il sistema capitalista-imperialista.
2) Tantomeno le Missioni, attraverso cui una piccola parte della rendita petrolifera si converte in alcuni benefici per il movimento di massa, possono esser considerati come l'espressione di un avanzamento verso il socialismo. Molte volte, il capitalismo ha utilizzato questo meccanismo di politiche compensatorie per ammortizzare la lotta di classe e mantenere il sistema. In questo senso, le missioni sono simili al salario minimo di molti paesi europei, ai sussidi per disoccupati in Argentina, alla "bolsa familia" di Lula, ecc...
La prima è che un'economia che marci verso il socialismo deve sopprimere il principio cardine su cui si regge il capitalismo (la ricereca del guadogno da parte della borghesia) e rimpiazzarlo con una pianificazione economica statale e centralizzata, organizzata per soddisfare le necessità dei lavoratori e delle masse. Affinché questo piano possa funzionare è necessario che lo Stato espropri e assuma il controllo dei principali rami dell'economia, perché in caso contrario la borghesia e l'imperialismo combatteranno e boicotteranno permanentemente le direttive di questa pianificazione economica. La possibilità di integrare le imprese imperialiste e di grandi gruppi nazionali nella "costruzione del socialismo" come propone il chavismo, non è che, nel migliore dei casi, un'illusione utopica. Nessuna classe o settore sociale abbandona tranquillamente i propri privilegi. Al contrario, lotta ferociemente per difenderli, come dimostrano tutte le esperienze storiche in cui, in buona o cattiva fede, si è tentato di farlo.
Questo ci porta, di conseguenza, alla seconda questione centrale: non c'è modo di marciare verso il socialismo senza che, prima, non si sia sconfitto e distrutto il potere armato della borghesia. Quest'ultimo è il pilastro fondamentale dello Stato e del sistema capitalista, l'ultima riserva incaricata di difendere lo Stato e la proprietà capitalista quando tutti gli altri meccanismi hanno fallito. Sarebbe molto lungo elencare tutte le esperienze storiche che dimostrano questa affermazione. A positivo ed a negativo. Per questo, senza distruggere le forze armate borghesi per costruire una forma di organizzazione militare dei lavoratori e delle masse, non c'è nessuna possibilità di liquidare il capitalismo e di iniziare la costruzione di uno Stato si un nuovo tipo. Questo ci porta ad un problema centrale: si può sperare che Chavez, prima alto ufficiale delle FF.AA. borghesi ed oggi loro massimo comandante, sia colui che porterà avanti la loro distruzione? Evidentemente no. Al contrario, vediamo che la sua politica è stata quella di ricomporle e rafforzarle, dopo la profonda crisi che hanno vissuto con il Caracazo, nel 1989, acutizzata dal fallimento del golpe del 2002. Per questo, ha perdonato gli ufficiali che guidarono il golpe, ha attuato un forte aumento salariale per i militari, li ha dotati di nuove armi e mezzi tecnici, ecc...
Non possiamo qui sviluppare per esteso un programma di misure che riteniamo necessarie per avanzare realmente verso il socialismo. Per questo segnaleremo appena quelle che riteniamo centrali: smettere di pagare il debito e rompere con il Fmi, annullare i contratti firmati da Pdvsa con le imprese imperialiste, espropriare senza indennizzo le imprese e le banche impersialiste ed i grandi gruppi economici venezuelani (come Cisneros e Mendoza). Oltre a questo, pensiamo che tutto il processo debba essere sotto il controllo dei lavoratori e del popolo, affinchè, nei loro organismi (soviet, consigli o assemblee popolari) discutano e decidano democraticamente come applicare i provvedimente e come utilizzare la ricchezza che si produce. Allo stesso tempo, riaffermiamo la necessità di distruggere le forze armate borghesi e di formare un'armata militare dei lavoratori e delle masse .
Attualmente, Hugo Chávez mantiene una stretta amicizia con Fidel Castro. Senza dubbio, entrambi sembrano aver dimenticato gli insegnamenti dell'esperienza cubana del 1959-1961. L'Ejército Rebelde sconfisse e distrusse le forze armate di Fulgencio Batista e dopo espropriò le imprese dell'imperialismo e della borghesia cubana. Questa fu la base che permise a Cuba, uno dei Paesi più poveri del continente, di superare in pochi anni i peggiori mali del capitalismo, come la carestia, la miseria, l'alfabetismo e la mortalità infantile. Purtroppo, la stessa direzione cubana, guidata da Fidel, oggi ha restaurato il capitalismo nell'isola, e molti di questi mali iniziano a ricomparire.
Quel che è certo è che Chávez applica la politica del Fidel restaurazionista, e non del Fidel riivoluzionario. Per questo, non solo non porterà avanti queste misure, ma gli sarà contrario. La conclusione è che l'unica strada reale per avanzare verso il socialismo in Venezuela sarà quello dell'organizzazione e della moblilitazione rivoluzionaria indipendente dei lavoratori e delle masse, in lotta contro il governo di Chavez e la sua politica.
Al contrario, noi crediamo che gli obiettivi reali del Psuv e il suo contenuto di classe come organizzazione siano altri, ben diversi.
Il progetto del Psuv non rappresenta, in realtà, nessuna novità storica in quanto assomiglierà molto a ciò che fu il peronismo argentino, il Pri messicano o i partiti del nazionalismo arabo. Questi partiti guidarono un tipo di regime politico che Trotsky chiamò "bonapartismo sui generis". Sono espressione delle borghesie di Paesi arretrati che cercano un appoggio nel movimento di massa per provare a compensare la propria debolezza di fronte all'imperialismo, e poterlo così "ricattare" per riuscire a ottenere un margine meno stretto di "indipendenza".
Ma nel fare ciò, questi regimi giocano col fuoco perché vi è il serio pericolo che la mobilitazione delle masse cresca in direzione di un processo indipendente e rivoluzionario che infranga il quadro dello Stato borghese. Di qui la necessità imperiosa per questi regimi di esercitare un ferreo controllo sulle masse, di costruire "dighe di contenimento" per evitare che l'energia delle masse "straripi".
I movimenti come quello di Chavez utilizzano due strumenti classici per controllare la mobilitazione delle masse. Il primo è la trasformazione delle strutture sindacali in un apparato statale completamente dominato dal governo, attraverso i suoi agenti, e senza nessun margine (o con margini ristretti) di democrazia operaia. L'altro strumento chiave è quello della costruzione di un partito ultra-centralizzato attorno a un leader o a una direzione con poteri illimitati. Le conquiste o concessioni che governi di questo tipo fanno alle masse sono un modo per guadagnare il loro sostegno e, al contempo, per giustificare questo controllo assoluto.
Al contempo, di fronte alla proposta di formare il Psuv, sosteniamo, viceversa, la necessità di costruire un partito dei lavoratori, indipendente da ogni settore borghese, ivi incluso il governo chavista. In questo quadro sosteniamo la necessità della costruzione di un partito operaio rivoluzionario che lotti per il vero socialismo, contro la politica dello chavismo che consiste nel mantenere il capitalismo in Venezuela.
In realtà Chavez non ha nulla di trotskista e non basa la sua politica sulla concezione della rivoluzione permanente, visto che essa è la teoria-programma che Lev Trotsky elaborò per orientare la rivoluzione socialista mentre Chavez nei fatti mantiene il Venezuela come Paese capitalista.
Comunque, alcuni trotskisti hanno preso le parole di Chavez alla lettera. E' il caso della deputata Luciana Genro, dirigente del Mes, corrente del Psol brasiliano, la quale ha dichiarato: "Ci riempe di orgoglio che il presidente Chavez (...) abbia affermato di essere anche trotskista, sostenitore della linea della rivoluzione permanente di Trotsky."
In realtà non è Chavez che è diventato trotskista ma sono, purtroppo, diversi trotskisti che sono diventati chavisti.