I giovani studenti, disoccupati e lavoratori chiedono lo sciopero generale a oltranza e organizzano azioni di protesta in tutta la Francia
di Fabiana Stefanoni
Dopo la grande mobilitazione del 4 aprile più di tre milioni di francesi scesi in piazza contro governo e Cpe, un corteo di 700 mila manifestanti a Parigi non accenna a scemare la protesta dei giovani francesi. Studenti, disoccupati, giovani precari, col sostegno delle organizzazioni sindacali più radicali ("extraconfederali"), stanno organizzando quotidiane e significative azioni di protesta in tutte le città della Francia.
Mentre la gran parte degli atenei continua a proclamarsi in "stato di mobilitazione", la protesta si sta radicalizzando: blocchi delle stazioni ferroviarie e metropolitane, interruzioni del traffico anche sulle autostrade, blocco delle vie d'accesso "commerciali" alle città, occupazioni di centri commerciali, "espropri" nei supermercati...
I giovani chiedono lo sciopero ad oltranza
Ma il dato più significativo è che - mentre Cgt, Cfdt, Cftc insieme alla minoritaria e "collaborazionista" associazione studentesca (vicina a Cgt e Ps) Unef accettano la trattativa col governo (ottenendo ovviamente il ben servito) il coordinamento degli studenti chiede a gran voce alle organizzazioni sindacali di dichiarare lo "sciopero generale ad oltranza". Lo scopo delle azioni di sabotaggio è messo nero su bianco: "bloccare l'attività economica", mettere in discussione nel suo complesso un sistema che non offre vie d'uscita alle condizioni di indigenza e precarietà.
La risposta del governo è stata chiara: Chirac, nonostante i giri di parole, ha promulgato il Cpe. Ma anche la posizione della Gauche plurielle, che si prepara a sostituire l'attuare maggioranza di governo nella gestione degli interessi padronali, è esplicita: Strass-Kahn, ex ministro delle finanze e autorevole dirigente del Partito Socialista, rassicura gli industriali del Medef (la Confindustria francese): "Certo, il mercato del lavoro francese è rigido e renderlo più fluido può solo migliorare le cose, ma non serve mettere olio nel motore se il motore non gira" (Intervista a L'espresso, 6 aprile 2006).
Monsieur le Capital non dorme sonni tranquilli ultimamente in Francia, non gli resta che sperare in un governo di centrosinistra in grado di colpire il costo del lavoro in un clima di concertazione e maggior pace sociale. Anche il Pcf con Rifondazione nella Sinistra Europea -, in attesa di imminenti approdi governativi, suona la stessa musica: anziché fornire sostegno attivo alla protesta, annuncia la presentazione di una proposta di legge discussa con la Cgt: agli inizi di maggio (!).
Similmente, le direzioni sindacali temono che la situazione possa sfuggire loro dalle mani: costretti a proclamare scioperi non previsti a causa delle pressioni dei lavoratori e degli attivisti sindacali, sperano di trovare una via d'uscita "pacifica" in tempi brevi. La grave responsabilità delle burocrazie nell'ostinarsi non solo a non proclamare uno sciopero generale ora che, a detta della stessa stampa borghese, avrebbe un valore "insurrezionale" ma anche nel cercare la trattativa coi ministri (anche la richiesta dei dimissioni del governo è stata definita troppo "radicale") conferma una volta di più il ruolo della socialdemocrazia quale agente della borghesia nel proletariato.
Facciamo come la Francia!
Anche in Italia dove la realtà del lavoro precario è molto più drammatica che in Francia occorre lanciare fin d'ora una grande mobilitazione generale sull'esempio francese, per il ritiro di tutte le leggi precarizzanti (Legge 30 e Pacchetto Treu), per cacciare Berlusconi ma per un governo dei lavoratori, non certo per un governo Prodi-Montezemolo. Il programma dell'Unione non lascia spazio a dubbi: come richiesto da Confindustria, la Legge 30 non verrà messa in discussione nel suo complesso. Non solo, Epifani, in un'intervista al Manifesto del 5 aprile, ha ribadito il suo appoggio all'Unione ricordando che "la flessibilità c'è sempre stata e non può non essere contrattata".
Di fronte alla straordinaria ed esplosiva situazione francese colpisce il misero spazio che la stampa e i Tg italiani, troppo impegnati nello scovare improbabili differenze tra i programmi elettorali dei due schieramenti borghesi, assegnano a questi fatti. Quando poi l'argomento è affrontato viene la voglia di chiudere il giornale: nell'intento di rimuovere una realtà che disturba chi vorrebbe una campagna elettorale rasserenata dai larghi sorrisi di Prodi che ci dice che "saremo tutti più felici", il commento viene lasciato ahinoi anche nelle interviste sul Manifesto - a "insigni" sociologi che ci spiegano che tutto questo non ha nulla a che fare con Sessantotto, che i giovani che protestano sono privi di prospettive o ideali politici, che sono rei di chiedere la fine della precarietà e quindi miseramente ancorati a obiettivi di sopravvivenza.
Verrebbe la voglia di riprendere, con questi sociologi, la catartica usanza dei surrealisti di prendere a schiaffi gli intellettuali e i politici detrattori dell'evidenza. Ma non prima d'averli portati sulla collina di Montmartre la notte del primo aprile, dove, dopo una giornata di mobilitazioni e iniziative di lotta, centinaia di giovani hanno intonato il canto dell'Internazionale in ricordo della Comune; o all'università di Rennes - in stato d'occupazione permanente, presidiata da picchetti ininterrotti e con l'intenzione di prolungare l'occupazione a oltranza ad assistere a una delle conferenze stampa che gli studenti rilasciano imbracciando finti fucili di plastica sotto la scritta "Nessun disarmo" e dichiarano: "Resteremo mobilitati finché tutte le nostre richieste non saranno soddisfatte e avremo ottenuto la liberazione dei compagni fermati durante le manifestazioni".
E' proprio il caso di dire: facciamo come la Francia!