Partito di Alternativa Comunista

Contro le guerre il 17 a Roma

IL 17 MARZO A ROMA
CONTRO LE GUERRE IMPERIALISTE, CONTRO IL GOVERNO DELL'UNIONE
 
In occasione della giornata mondiale contro la guerra, lanciata dal Forum Sociale Mondiale contestualmente all'anniversario dell'occupazione militare dell'Iraq, il Partito di Alternativa Comunista sarà in piazza a Roma, coi compagni della sua sezione locale, per la manifestazione del 17 marzo che promuove insieme con altre forze della sinistra radicale e pacifista.
L'imminente rifinanziamento (stimabile in più di 40 milioni di euro) della missione coloniale in Afghanistan da parte del governo Prodi e di Rifondazione Comunista (si veda in proposito l'articolo che segue di Michele Scarlino), la riconferma dell'ampliamento e "raddoppio" della base di Vicenza annunciata da D'Alema nel suo intervento al Senato (plaudito miseramente dai parlamentari del Prc e della sinistra dell'Unione, che hanno dimostrato ancora una volta quanto pesante sia lo scarto tra loro e i 200.000 manifestanti del 17 febbraio) e blindata con la ratifica dei "12 punti" di Prodi, impongono una risposta -da sinistra- che sia energica e risoluta. Ancorché tradita da Rifondazione Comunista e sebbene ignorata perfino dalla sue sponde più critiche, la mobilitazione del 17 marzo può essere una prima occasione per contrastare tali -terribili- politiche ed avviare la costruzione di una vasta opposizione popolare e di massa contro le politiche guerrafondaie dell'Unione.
E' per questo che il Partito di Alternativa Comunista invita tutti i militanti di sinistra a manifestare a Roma il 17 febbraio e dà appuntamento ai suoi sostenitori dalle ore 14 in piazza della Repubblica per la diffusione del suo giornale e del suo materiale contro la guerra (per info: 338-4284940).
 
Per la Sezione romana del PdAC,
 
Roberto Angiuoni
 
 
In Afghanistan si spara (e si muore) ancora
I partiti pacifisti alla prova dei fatti
 
 
di Michele Scarlino
 
Da circa una settimana in Afghanistan è iniziata l’operazione “Achille”, offensiva della Nato nel sud del Paese. All’azione, benedetta dall’Onu, partecipa anche l’Italia con tre caccia bombardieri mandati dal “pacifista” Prodi. L’offensiva è partita in seguito a volantinaggi e comunicati fatti dai talebani in cui si annunciava un “attacco di primavera” contro le truppe di stanza in Afghanistan.
Comunque in nome di questa minaccia (ed in realtà sfruttando quest’ultima) la Nato ha iniziato una massiccia campagna di bombardamenti nel sud del Paese per “snidare i terroristi”. Tradotto significa: bombardamenti su villaggi, vittime civili (donne e uomini, bambini, anziani), distruzione del territorio e delle (poche) infrastrutture presenti nel Paese. Insomma “snidare i terroristi” significa guerra imperialista contro il popolo afgano. In realtà la pesante offensiva che gli Usa si preparano a sferrare nel sud del Paese serve per cercare di dare una piega diversa ad una guerra che non vede una fine e che pian piano si sta tramutando in un vero e proprio pantano per l’imperialismo Usa. Il governo afgano non controlla la maggior parte del Paese che è in mano a bande locali, signori della guerra e gruppi di talebani ben radicati nel territorio ed inoltre, altra cosa da non sottovalutare, le truppe straniere sono (giustamente) invise alle popolazioni locali.
Proprio per queste ragioni gli Stati Uniti, l’Inghilterra (ma anche la Spagna di Zapatero) stanno predisponendo un aumento di uomini e di mezzi per quell’area nel disperato tentativo di rimettere in sesto la complicatissima situazione.
 
In Italia di cosa si parla?
Mentre in Afghanistan gli eserciti alleati con l’operazione “Achille” mettono a ferro e a fuoco il sud del Paese, in Italia la situazione è posta in maniera totalmente diversa: lì piovono bombe e qui si parla di “discontinuità” e di conferenza di pace.
Il governo Prodi si trova nella difficile posizione di chi ha fatto credere di essere un governo di rottura con il precedente governo Berlusconi e si trova poi ad attuarne le stesse politiche.
Abbiamo visto, il giorno della crisi di governo, D’Alema che con tutta la sua arte oratoria cercava di spiegare quali fossero gli elementi di discontinuità con il precedente governo in politica estera. Persino il senatore a vita Cossiga annunciò il suo voto contrario perché non accettava di votare le bugie di D’Alema: “Ma se l’Italia è cinquanta anni che ha la stessa politica estera…”. In effetti la politica estera del governo Prodi è semplicemente quella del governo della settima potenza imperialista mondiale. Non solo è in continuità con il precedente governo Berlusconi, ma è in continuità con la politica estera dei governi italiano dal dopoguerra in poi. A
nzi, a ben vedere con l’ultima finanziaria Prodi ha dato un chiaro segnale di cosa sarà la politica estera italiana nei prossimi anni, infatti il governo di “pace” (o meglio, il governo che ha preso voti dicendo che avrebbe difeso la pace) ha aumentato del 13% (fonte Corriere della Sera) le spese militari rispetto al precedente governo, portandole così alla incredibile cifra di 82 miliardi di euro ai quali devono aggiungersi altri 4 miliardi investiti in ricerca militare (ovvero come dare ai “nostri ragazzi laggiù” armi di sterminio più efficienti).
E’ questa un po il dilemma di Prodi: fare le guerre e far credere di fare la pace, fare finanziarie lacrime e sangue e far credere di essere “equi”.
Sulla stessa barca (ma forse un po' messa peggio) viaggia Rifondazione Comunista e la sinistra di governo che cerca di spiegare al mondo quali benefici questo governo stia portando all’Italia e quanto sia diverso da quello precedente. Franco Giordano, segretario del Prc, tenta durante le interviste, alquanto sudato e visibilmente in difficoltà, di far capire alla gente che la politica estera espressa dal ministro degli esteri sia addirittura una politica di pace: “Come si fa a non vedere i chiari elementi di discontinuità con il precedente governo delle destre?” si affanna il neo segretario.
La sinistra di governo (Prc, Pdci e verdi), professando il pacifismo con la mano sinistra e dovendo votare il rifinanziamento con la destra, ed avendo una base di iscritti e di militanti contraria alla guerra, si trova ancora più in difficoltà delle altre forze politiche di governo (Ds, Margherita). Ed ecco che assistiamo all’invenzione di ogni tipo di frottola pur di giustificare il loro voto favorevole alla guerra: dall’acquisto di oppio per la produzione di morfina alla conferenza di pace sino ad arrivare alla varie exit strategy (che evidentemente esistono solo nelle loro teste). La verità è che quei partiti hanno preso voti e si sono presentati come partiti che avrebbero difeso la pace e l’”equità sociale” all’interno del governo Prodi e si ritrovano a quasi un anno dalle elezioni ad aver votato le peggiori misure antisociali e le peggiori guerre fatte nel nome dell’imperialismo italiano e nel nome del profitto di alcune aziende, infischiandosene della pace e della spiccia pedagogia in salsa bertinottiana.
 
Il voto della guerra in Parlamento
Dopo lo scivolone di qualche settimana fa ormai anche le minime forme di dissenso non sono gradite a Prodi. Il primo banco di prova della rinnovata fedeltà della sinistra “radicale” si è avuta l’8 marzo scorso, giorno in cui il rifinanziamento delle missioni militari è stato votato alla camera. Con un voto praticamente unanime, con soli tre parlamentari contrari (il parlamentare no-global Caruso aveva la febbre. Farina, altro leader no-global ha votato a favore) il finanziamento è passato ed ora attende la più difficile prova del Senato , dove le votazioni sono previste per il 27 marzo prossimo.
In occasione del voto alla Camera Rifondazione ha votato sì al provvedimento in quanto D’Alema e l’Italia “punta alla conferenza internazionale di pace”, afferma Gennaro Migliore, capogruppo del Prc. In realtà, la conferenza di pace è in pratica impossibile da realizzare: l'imperialismo imporrà la sua pace solo se e quando avrà vinto la guerra. Intanto, prendendo tempo con la conferenza, in Italia si sono ridati soldi per la guerra per un altro anno. Al di là delle parole e delle promesse ci sono i fatti (che  hanno la testa dura!) a dire chi è pacifista e chi no, chi è contro la guerra e chi è favorevole a essa. Chi vota la guerra vuole la guerra e tradisce i propri militanti che tanto hanno lavorato contro quella prospettiva.
Il governo Prodi è un governo antisociale e nei fatti guerrafondaio (poi con le parole possiamo andare dove vogliamo…). In molti nell’Unione si rifanno al “popolo della sinistra”, la sinistra radicale lo chiama a pronunciarsi. Noi, come PdAC, rispondiamo che il popolo della pace e contro la guerra si è già espresso; prima per tutti gli anni del governo Berlusconi, quando chiedeva il ritiro delle truppe dall’Afghanistan (insieme ai partiti della “sinistra radicale”). Oggi si è espresso a Vicenza: in duecentomila hanno gridato il loro No alla guerra. Noi a, a differenza del Prc e di tutti i “pacifinti”, non ignoriamo quei bisogni e anzi lotteremo affinché le lotte contro la guerra e contro le violenze imperialiste possano crescere.
 

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