Partito di Alternativa Comunista

Sull'assemblea RSU del 1 dicembre

Dall'assemblea nazionale autoconvocati Rsu del 1 dicembre
ANCORA NESSUNA INDICAZIONE DI SCIOPERO GENERALE
La battaglia di Progetto Comunista continua  

 

di Sabrina Pattarello  

Venerdì 1 dicembre si è tenuta a Milano l'assemblea nazionale autoconvocata dal Coordinamento RSU, che ha registrato la partecipazione di poco più di un centinaio di rappresentanti dei lavoratori appartenenti a tutte le sigle e categorie sindacali, dal sindacalismo di base alla Cgil.

Le proposte avanzate dalla relazione introduttiva partivano dalla richiesta del ritiro della firma dal Memorandum d'intesa sulle Pensioni e dall'accordo Atesia in quanto non sottoposte preventivamente al parere dei lavoratori, ponevano la necessità di "cercare percorsi unitari tra tutte le forze della sinistra sindacale, ovunque collocate, siano esse nella Cgil come nei sindacati di base" e, come punto centrale, la costituzione, a difesa delle Pensioni pubbliche a ripartizione e del Tfr, di "un comitato per la difesa della pensione pubblica a livello nazionale, con diramazione a livello locale" nei posti di lavoro, aperti anche ad avvocati e giuristi, cui spetterebbe il compito di individuare eventuali forme di incostituzionalità in merito al sistema di silenzio-assenso relativo al lancio dei fondi pensione integrativi.
Nella pluralità degli interventi fatti in sede di dibattito - da sottolineare come alcuni interventi finali siano stati del tutto arbitrariamente cassati dalla presidenza - si poneva il problema della difesa del pilastro della pensione pubblica a ripartizione e della lotta contro l'indebita sottrazione del Tfr, mentre un'ampia maggioranza di delegati (perlopiù appartenenti alla Fiom e al sindacalismo di base) ponevano l'urgenza di fornire l'indicazione di massima dello sciopero generale come maggior punto di convergenza dei lavoratori contro quanto perpetrato a loro esclusivo danno.  
 
Il nostro intervento, come Progetto Comunista, è stato teso a denunciare l'azione antioperaia del governo, del padronato e dei sindacati concertativi mediante il combinato di Finanziaria 2007, con i tagli alla Sanità, Scuola, Pensioni e Enti pubblici; Memorandum d'intesa tra governo, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil che prevede l'allungamento dell'età pensionabile e la riduzione dei coefficienti di rendimento pensionistico; Patto per la produttività proposto da Confindustria mirante a mettere in discussione il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e a gestire unilateralmente l'orario di lavoro; Patto per il lavoro pubblico proposto da Cgil, Cisl e Uil mirante a gestire i tagli allo Stato sociale previsti nella manovra finanziaria  e avviare il lancio dei fondi pensione tra i lavoratori pubblici; l'obbligo ricattatorio sancito da governo, padronato e sindacati concertativi di utilizzare il proprio Tfr per il lancio dei fondi pensione ad integrazione di una pensione da fame; l'accordo Atesia che evidenzia la mancata volontà da parte di Cgil, Cisl e Uil di contrastare nei fatti la precarietà. Tutti questi fattori confluiscono in un pesante attacco al salario diretto, indiretto e differito e aggravano le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori e delle masse popolari.
Da qui la necessità di una piattaforma sindacale di fase mirante a rigettare il Patto per il lavoro pubblico e il nuovo Patto per la produttività proposto da Montezemolo; ad avanzare la proposta di costituire nei luoghi di lavoro e nei quartieri popolari di Comitati a difesa della pensione pubblica e contro la precarietà, riproponendo la Pensione pubblica a ripartizione, secondo il modello pre-riforma Dini, adeguatamente rivalutata; mantenere sotto il proprio controllo il Tfr; agire contro la precarietà, individuando come prioritaria l'abolizione completa delle tre leggi simbolo della precarizzazione (legge 30, Bossi-Fini, Moratti), ma non per un ritorno al Pacchetto Treu, alla Turco-Napolitano e alla riforma Berlinguer di cui sono figlie, in un continuo gioco di alternanza borghese.
Una piattaforma sindacale di fase che dovrà trovare sbocco nella organizzazione dello sciopero generale unitario contro il governo e contro il padronato. Infatti solo a partire dalla mobilitazione indipendente dei lavoratori è possibile prospettare un'alternativa di potere e di società.  
 
Tornando all'assemblea, si è giunti alla presentazione di una piattaforma finale espressione della presidenza, discutibile e debole, che non accoglie le richieste fatte e i contributi dati dai tanti rappresentanti dei lavoratori intervenuti. Soprattutto per quanto attiene alla necessità di una vertenza generale e unificante, sostenuta dallo sciopero generale contro il governo e il padronato a difesa delle pensioni e del Tfr.
Il documento finale si pronuncia principalmente sull'istituzione dei comitati a difesa del Tfr e della Pensione pubblica a ripartizione, da organizzare secondo le modalità proposte dalla relazione introduttiva; contro la previdenza complementare privata; per una maggiore democrazia sindacale, che preveda la consultazione preventiva dei lavoratori sulle piattaforme; si chiede il ritiro della firma dall'accordo sui call-center e dal Memorandum d'intesa, in quanto prive del mandato dei lavoratori. Il perseguimento di tali obbiettivi, oltre che attraverso l'azione dei comitati, dovrebbe essere raggiunto tramite l'organizzazione di scioperi e mobilitazioni a livello locale e nei posti di lavoro.

Alla lettura di questo documento blindato, che rigettava la parola d'ordine dello sciopero generale, si è scatenata la reazione nostra e di quanti verso lo sciopero generale convergevano; la presidenza tergiversava, adducendo scuse e pretesti, non ultimo che è preferibile attendere l'esito (in realtà scontato) del tavolo sul lavoro di gennaio prima di impegnarsi sul fronte dell'organizzazione di uno sciopero generale.
La presidenza alla richiesta di mettere ai voti l'indicazione dello sciopero generale, compiva un'evidente forzatura dichiarando chiusa in tutta fretta l'assemblea, fornendo un lampante esempio di gestione burocratica sindacale.
La mozione, non votata, veniva così assunta dalla sola presidenza.
Nel documento finale non è tanto da individuare la volontà di far prevalere l'appartenenza sindacale, in uno spirito settario, peraltro largamente presente nelle diverse sigle, quanto piuttosto la scelta politica di negare l'unico strumento che possa bloccare il grave attacco di governo e padronato in corso: lo sciopero generale. Proprio per ripiegare su una pura pressione sul governo: non a caso il referente politico che accomunava gran parte degli esponenti alla presidenza dell'assemblea è un partito di governo, il Prc.
Il problema della costituzione di un partito comunista che organizzi i lavoratori raggruppati nei sindacati si fa sentire in modo sempre più urgente, così come la necessità di una sinistra sindacale di classe che inizi fin da subito a porre le basi per un'alternativa di sistema. 
  

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