Partito di Alternativa Comunista

Sulla firma dell’accordo tra Alitalia e sindacati

Democrazia operaia e burocrazie sindacali

Sulla firma dell’accordo

tra Alitalia e sindacati

 


 


di Matteo Bavassano

 

alitalia_bavassano

 

 

Ci siamo occupati diffusamente della lotta dei lavoratori Alitalia negli scorsi mesi, con diversi articoli apparsi sia sul nostro mensile che sul nostro sito web. È stata una lotta dura e importante condotta contro tutto e tutti, azienda, governo, sindacati confederali, mass media, partendo dagli scioperi fino al referendum, per poi ritornare agli scioperi, trovando anche il tempo di stringere legami (in particolare la Cub Trasporti) con lavoratori delle compagnie di altri Paesi, da AirFrance ad Avianca (Colombia) ad Aerolineas Argentina. È importante riflettere su questa lotta, sul suo sviluppo e sulle sue prospettive: è una lotta che ha spaventato a tal punto i padroni da far sì che esponenti del governo, del Pd, financo dei sindacati complici, abbiano invocato o proposto provvedimenti restrittivi del diritto di sciopero (l’ultimo in ordine di tempo ci risulta essere un emendamento alla legge di bilancio proposto da Sacconi). E li ha spaventati evidentemente perché non è una lotta che è destinata alla sconfitta, ma che anzi ha possibilità concrete di vittoria: una vittoria che avrebbe serie ripercussioni su tutto un modello di svendite di servizi pubblici ad avvoltoi privati.

 

Un accordo che tradisce la volontà e le lotte dei lavoratori

Veniamo agli ultimi avvenimenti: lo scorso 30 ottobre è stato firmato, dalla direzione di Alitalia, dai sindacati confederali e da Usb, un accordo che prevede la cassa integrazione per 1600 lavoratori, di cui ben 320 a zero ore, accordo che invece è stato denunciato da Cub Trasporti e AirCrew Committee. Di fatto, dopo la prima importante vittoria di quel referendum, e dopo il successo dei numerosi scioperi, questo accordo rappresenta una battuta di arresto che può trasformarsi in una sconfitta, se alla divisione delle sigle che avevano rivendicato il NO al referendum si aggiungerà la divisione dei lavoratori nella lotta in un momento in cui occorre la massima unità per contrastare i piani dell’azienda e del governo. Se i lavoratori non sapranno rispondere unitamente con la lotta continuando a rivendicare il NO al piano del governo e della compagnia, andando oltre il tradimento dei dirigenti sindacali che hanno firmato l’accordo, il rischio concreto è che le 1.600 richieste di cassa integrazione diventino 1.600 esuberi già certificati. Di più: non si può pensare che la cassa integrazione sia un modo di dare più tempo ai commissari per lavorare al risanamento dell’azienda senza nascondere a sé stessi (e tentare di nasconderlo ai lavoratori) il fatto che il piano dei commissari è di far pagare ai lavoratori il risanamento di Alitalia (la cassa integrazione sarà solo l’inizio), e che questo è il preludio alla svendita della compagnia, dei suoi lavoratori e delle loro condizioni di lavoro residue.

 

La pratica di non consultare i lavoratori in lotta è una china pericolosa

La situazione che si è venuta a creare in Alitalia è emblematica di una situazione endemica del sindacalismo italiano, che, nata nei grandi sindacati burocratici confederali, si sta sempre più espandendo come un cancro anche nelle organizzazioni sindacali "di base", e cioè il sistematico non-coinvolgimento della base non solo nel delineare la linea del sindacato, ma anche nella gestione delle lotte sui posti di lavoro. Il caso di Usb nella vertenza Alitalia è abbastanza rappresentativo di una prassi che non è purtroppo estranea a nessuna organizzazione sindacale, e cioè che, di fatto, l’interesse dei lavoratori viene sempre subordinato agli interessi (piccoli e miopi) della dirigenza di questo o quel sindacato. E non parliamo necessariamente di interessi materiali: magari anche solo dell’interesse "di orticello" nella costruzione della propria organizzazione sindacale, che spesso però va a cozzare contro l’interesse generale dei lavoratori, che è quello della più ampia unità possibile nella lotta contro i padroni.

Nel caso della dirigenza di Usb questo fenomeno si è forse sviluppato al massimo grado, soprattutto dopo la scelta di scendere a patti con Confindustria e Confederali firmando il Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio e rompendo di fatto per prima il fronte del sindacalismo conflittuale. In un certo senso, la firma dell’accordo con Alitalia era scontata: una volta accettato il gioco sul tavolo truccato dei padroni, si scivola infatti su una china che porta a rinunciare sempre più agli interessi dei lavoratori e a far sempre più concessioni ai padroni con l'obiettivo di garantirsi privilegi burocratici (che tra l'altro il padrone ti dà sempre più col contagocce). E siamo pronti a scommettere che la scelta di firmare l’accordo in Alitalia, così come quella di firmare il Tur, non sia stata minimamente sottoposta ai lavoratori e agli attivisti del sindacato: è questo l’unico modo con cui scelte simili possono essere prese, cioè alle spalle dei lavoratori.

Ma il problema non sono Usb o gli altri singoli sindacati: è un metodo sbagliato di gestione dei sindacati che nel migliore dei casi è paternalistico, nel peggiore burocratico. Come Alternativa comunista siamo stati in prima linea a fare appello perché i sindacati «di base» non firmassero il Tur e a denunciare la scelta di Usb, tuttavia questo non diminuisce di un’oncia la nostra convinzione che sia necessaria l’unità di classe del proletariato per combattere i padroni e il loro governo, tanto più oggi quando siamo alla vigilia di una campagna anti-sciopero. Chiediamo ai lavoratori se vogliono scioperi "generali" separati o lotte unitarie sui posti di lavoro, chiediamolo a tutti i lavoratori che lottano, indipendentemente dal sindacato a cui sono iscritti: è troppo comodo per le burocrazie scioperare da sole, come se i lavoratori iscritti a diverse sigle sindacali fossero divisi da compartimenti stagni e non avessero gli stessi interessi di classe; come se l’errore di una dirigenza sindacale dovesse ricadere (quasi come fosse un peccato originale) su tutti i lavoratori iscritti a quel particolare sindacato, lavoratori che spesso portano avanti in prima persona le lotte nei propri luoghi di lavoro, indipendentemente dalla sigla sindacale a cui sono iscritti. Lottando divisi non si fa altro che lasciare campo libero alla vittoria dei padroni (e agli opportunismi dei burocrati).

L’unica soluzione, per la vicenda Alitalia come per tutta la lotta di classe in Italia, è continuare la mobilitazione, ricostruire l’unità dei lavoratori, indicare loro la prospettiva di una lotta contro un sistema che privatizza i servizi pubblici e impoverisce i lavoratori tagliando loro diritti e salari, contro burocrazie sindacali confederali che fanno della collaborazione responsabile coi padroni il loro punto fermo. Ciò che serve non sono direzioni sindacali autoreferenziali e settarie, ma la creazione di un fronte di classe che possa sconfiggere i piani anti-operai del governo e di Confindustria. Ma per far questo dobbiamo lottare uniti superando settarismi e resistenze anche all’interno dei "nostri" sindacati: solo questa può essere una prospettiva di lotta coerente.

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