Stellantis: rinnovi contrattuali a perdere e lotta di classe
Intervista a cura della redazione web
Negli stabilimenti Stellantis il nodo capitalista stringe sempre più intorno al collo della classe lavoratrice, attaccata da più fronti, ma non per questo abbattuta. Ne parliamo con Roberto Tiberio, operaio nell’impianto Fca Italy (ex Sevel), attivista dello Slai Cobas di Chieti, nonché militante di Alternativa comunista.
Roberto, è stato firmato il tanto discusso rinnovo del contratto collettivo specifico di lavoro (Ccsl) di Stellantis: è cambiato qualcosa rispetto al precedente?
Le modifiche apportate rispetto al contratto precedente sono peggiorative per i lavoratori. Innanzitutto la firma è avvenuta l’8 marzo, e per mesi il testo integrale del contratto è stato tenuto nascosto, le uniche notizie ci sono state elargite tramite un'assemblea di un’ora (!) da parte dei segretari territoriali… Ora, dopo quattro mesi i delegati nazionali si degneranno di presentare questo contratto, a freddo, magari sperando in una reazione pacata dei lavoratori. Sostanzialmente il nuovo Ccsl (1) spinge ancora di più sulla flessibilità oraria, quindi maggiore libertà da parte dell’azienda sugli straordinari comandati, recuperi produttivi e turnazioni. Per quanto riguarda i salari siamo ben lontani dal recuperare i punti di inflazione degli ultimi anni, e gli incentivi economici sono legati alle logiche produttive oppure alle sempre più invadenti quote di welfare aziendale. È stata rinnovata la fiducia nelle «commissioni paritetiche» che si sono rivelate inutili al fine di vigilare sulle condizioni di lavoro e sicurezza e sul rispetto dei cicli di lavoro. Per tutto questo gran lavoro, i sindacati firmatari hanno pensato bene di chiedere una «quota contratto» ai lavoratori…
Date queste premesse, l’atmosfera in fabbrica non deve essere delle migliori…
Assolutamente, sulle linee si avverte una pressione sempre più schiacciante che mina la salute psicofisica dei lavoratori. I ritmi di lavoro sono portati all’estremo, mancano i necessari tempi di riposo e ciò influisce anche sull’umore di chi vede poche vie d’ uscita. Si pongono ostacoli sulla fruizione di permessi e dei pochi diritti rimasti ai lavoratori, che vengono ricattati se non disposti a sottostare alle volontà aziendali sugli straordinari o ad accettare in silenzio gli aumenti dei carichi di lavoro. C’è un misto di rassegnazione e rabbia, e non aiuta il fatto che chi dovrebbe tutelare la classe lavoratrice se ne guarda bene.
Ti riferisci alle direzioni dei sindacati firmatari?
Sì, soprattutto Fim e Uilm, che sono i sindacati maggioritari in fabbrica: svolgono il ruolo di guardie a difesa del padrone capitalista. La loro storia è ben nota, ma in questi ultimi anni hanno palesato in modo inequivocabile quello che è il loro compito. Il contratto in Stellantis non è frutto di una contrattazione, ma del tentativo di assecondare in tutto la volontà padronale di massimizzare i profitti a discapito della classe lavoratrice, senza opporre resistenza. Non mi dilungo sul lato economico, dato che è lampante la perdita di salario; è la condotta in fabbrica che sconcerta. I delegati firmatari sono preoccupati solo di conservare il controllo sugli operai e di mettere le mani nelle loro tasche tramite i fondi pensione e sanitari. Hanno rinunciato per contratto allo sciopero cercando di convincere i lavoratori che sia un mezzo obsoleto e inutile al fine di rivendicare i diritti e migliori condizioni di lavoro. La famosa «procedura di raffreddamento» prevista dal Ccsl ne è l’emblema: in caso di problemi, o sotto la pressione operaia, i firmatari si riuniscono attorno a un «tavolo tecnico» con i padroni per discutere sulle soluzioni da adottare, ma è uno specchietto per le allodole; lo scopo è prendere tempo e sopire i malumori. La realtà è che appunto non hanno intenzione di interferire con i piani aziendali, tenendo buone le maestranze quanto più possibile. E, come accennato prima, non hanno esitato a chiedere ai lavoratori non tesserati una quota per la stipula del contratto, con l’infame metodo del silenzio/assenso. Anche qui, prima che fosse ufficiale hanno spudoratamente mentito su tale trattenuta con ridicole spiegazioni, poi puntualmente smentite dai fatti.
Sembra quindi che, in questo momento, gli unici a poter avviare una protesta operaia in Stellantis siano i sindacati di base. Nel recente passato ci sono state divergenze strategiche. Come vi state muovendo voi dello Slai Cobas in relazione anche a Usb e quali sono le prossime iniziative?
Come Slai Cobas abbiamo sollevato il polverone sulla quota contratto. Appena avuto contezza della trattenuta, abbiamo avviato una serie di iniziative sulla questione, con comunicati, scioperi interni e soprattutto con la distribuzione di un modulo da noi ideato con lo scopo di negare tale trattenuta. Ci siamo assunti la responsabilità di tutelare i lavoratori che non vogliono accettare una tale estorsione: la risposta è stata molto positiva, segno che l’iniziativa è stata giusta e tempestiva.
Negli ultimi mesi, con l’aggravarsi delle condizioni di lavoro e le politiche aziendali sempre più repressive, si sono susseguiti degli scioperi molto ben riusciti, mirati su avvenimenti specifici. I casi più eclatanti sono stati uno sciopero indetto contro un capo che sanzionava regolarmente con provvedimenti disciplinari pretestuosi alcuni operai che non abbassavano la testa e uno sciopero in verniciatura a causa del caldo insostenibile sulla linea. In questi casi la partecipazione massiccia dei lavoratori ha bloccato la produzione.
Sulla questione dei carichi di lavoro e sicurezza, ci sono delle iniziative di sciopero tuttora in atto, alcune condivise con Usb, che stanno avendo un buon riscontro, anche se bisogna tener conto del lavoro sporco di dirigenti e delegati Fim e Uilm e della condotta ambigua di quelli della Fiom, che praticamente si tengono fuori dalla lotta. Per quanto riguarda Usb, intesa come direzione sindacale, è doverosa una precisazione. Ci sono delle divergenze, come la firma del Tur – il Testo unico sulla rappresentanza (2) - che rende impossibile una condivisione strategica ad ampio raggio, ma come Slai Cobas abbiamo il dovere e la volontà di unire la classe operaia dal basso per contrapporla al padrone, e gli scioperi condivisi, come anche le assemblee sono uno strumento a noi utile per portare la nostra posizione a quanti più lavoratori sia possibile, senza scendere a compromessi. L’unione degli operai in fabbrica sarà al centro delle prossime iniziative.
Roberto un'ultima domanda: guardando la questione da una prospettiva più ampia, ritieni sia sufficiente la lotta sindacale per risollevare le sorti della classe operaia?
Direi di no. Nel nostro partito sappiamo bene che le difficoltà della classe operaia sono dovute dal sistema capitalista che ci opprime, ma noto che questo concetto all’apparenza evidente, non è compreso appieno da molti lavoratori con i quali mi relaziono. La lotta sindacale, dunque, è una lotta magari più immediata e sentita nel breve, può e deve essere il primo e necessario passo per acquisire una coscienza utile a guardare oltre, per la costruzione del partito e della rivoluzione.
Note
(1) Stellanti non aderisce a Confindustria – uscì nel 2012, ai tempi della gestione Marchionne, dopo una stagione di scioperi operai nel gruppo – e per questo ha un contratto di lavoro aziendale, non subordinato al Ccnl (il Contratto collettivo nazionale di lavoro, stipulato tra direzioni sindacali e Confindustria).
(2) Sul nostro sito trovate vari articoli sulle implicazioni del Tur, questo è uno dei più recenti: www.partitodialternativacomunista.org/articoli/sindacato/rappresentanza-sindacale-giu-le-mani-dei-padroni-dalle-rappresentanze-dei-lavoratori