Partito di Alternativa Comunista

Sciopero generale prolungato!

Sciopero generale prolungato!
Dopo il successo dello sciopero dei metalmeccanici, rilanciamo la lotta
 

 
 
di Fabiana Stefanoni
sciopero2011

Il 28 gennaio non è stato solo il giorno di una grande prova di forza degli operai metalmeccanici: tutto il mondo del lavoro è sceso in piazza al fianco degli operai della Fiat. I lavoratori del pubblico impiego hanno aderito in massa allo sciopero indetto dai sindacati di base nella stessa giornata: scuole, asili, uffici sono rimasti chiusi per tutto il giorno. Nonostante il tentativo delle burocrazie sindacali, di concerto con governo e padronato, di dividere le lotte, i lavoratori di tutti i comparti erano insieme nelle piazze per chiedere a gran voce l’indizione di un grande sciopero generale di tutte le categorie. Uno sciopero che la direzione del più grande sindacato italiano, la Cgil, si rifiuta di proclamare. Ma tra i lavoratori cresce la consapevolezza che, per respingere l’attacco padronale, servono risposte forti.
 
L’attacco padronale non conosce mezze misure
Il capitalismo di casa nostra ha le sembianze di un malato terminale. Sono milioni i lavoratori che sono destinati, a breve, a diventare dei disoccupati. Similmente, centinaia di migliaia di precari del pubblico impiego, dei servizi, della Scuola sono in attesa della scadenza di quello che sarà, probabilmente, l’ultimo dei loro contratti a tempo determinato. Al Sud, la morte del malato è, in molti casi, già arrivata: sono decine di migliaia i precari che, nel giro di due anni, hanno perso il posto di lavoro. I lavoratori immigrati, più di tutti, subiscono la violenza di questo sistema economico in putrefazione: senza contratto un lavoratore immigrato è oggi un clandestino; ma il lavoro non c’è e quindi non esiste per gli immigrati alcuna possibilità concreta di sfuggire a un destino di miseria e clandestinità. Soprattutto, per le giovani generazioni non esiste alcuna possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. La radicalità delle lotte studentesche degli ultimi mesi ha una base materiale che, nelle statistiche ottimistiche dei sondaggi dell’Istat, si esplica in percentuali di disoccupazione giovanile ormai superiori al 30%. A questo 30% vanno aggiunti i milioni di giovani che hanno rinunciato in partenza all’iscrizione agli uffici di collocamento e che, quindi, non compaiono nei sondaggi. La verità è che due giovani su tre (di età compresa tra i 16 e i 25 anni) non hanno lavoro, molti altri devono accontentarsi di contratti ultraprecari a poche centinaia di euro al mese.
In questo quadro, s’inserisce lo smantellamento del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Già fortemente limitata dalle leggi precarizzanti note con il nome di “Pacchetto Treu” e “Legge Biagi”– leggi bipartisan che hanno aperto la strada al più selvaggio sfruttamento della forza lavoro al di fuori di qualsiasi regolamentazione – oggi la contrattazione collettiva rischia di diventare carta straccia. Se Cisl, Uil e Ugl svolgono il ruolo di quinte colonne del governo Berlusconi nell’affondo contro la classe lavoratrice, è altrettanto vero che l’accordo raggiunto tra questi sindacati gialli e la controparte padronale riproduce in gran parte lo stesso canovaccio che la direzione Cgil, ai tempi del governo Prodi, aveva contribuito a elaborare. Non a caso, se la direzione Cgil formalmente non rivendica l’accordo firmato da Cisl, Uil e Ugl, di fatto lo ha recepito firmando la stragrande maggioranza dei contratti di categoria.
 
Dopo Mirafiori e lo sciopero del 28 gennaio
La Cgil, del resto, ha dimostrato in occasione dello sciopero dei metalmeccanici del 28 gennaio il vero volto della sua “falsa opposizione” alle politiche concertative di governo, padronato e sindacati gialli. Il rifiuto di trasformare lo sciopero del 28 gennaio in sciopero generale di tutte le categorie dimostra che la maggioranza dirigente della Cgil, per voce della Camusso, mira a ritornare al tavolo della concertazione. Mentre Marchionne sferrava un pesante attacco ai lavoratori della Fiat imponendo, con il ricatto, un referendum truffaldino, la Camusso - dopo aver espresso all’inizio delle trattative “apprezzamenti” per il piano di investimento a Mirafiori proposto da Marchionne - non ha esitato a scaricare persino la stessa Fiom, invitando pubblicamente il segretario Landini a rivedere l’intenzione annunciata di non sottoscrivere il contratto in caso di vittoria dei Sì. All’indomani del referendum, che ha visto vincere il Sì di misura (solo 9 voti di scarto tra gli operai: è solo grazie al voto degli impiegati che il Sì ha potuto raggiungere la percentuale del 54,05%; tra l’altro il No ha vinto alla catena di montaggio, cioè tra quei lavoratori che più risentiranno degli effetti dell’accordo), la direzione Cgil si è limitata ad annunciare un “ricorso legale” contro l’esclusione della Fiom dalla rappresentanza in fabbrica.
Il rifiuto di trasformare lo sciopero del 28 gennaio in un grande sciopero generale di tutte le categorie ha alimentato ulteriormente la frattura tra la base della Fiom (e di una parte dell’area interna “La Cgil che vogliamo”) e i vertici della Cgil. E’ un fenomeno che è stato ben evidente in piazza in occasione dello sciopero di fine gennaio: la Camusso è stata contestata a Bologna, mentre parlava sul palco, da una buona parte della piazza, e lo stesso è accaduto nei confronti di altri dirigenti di maggioranza della Cgil in altre città (Torino, Padova, Pomigliano).
 
Al fianco dei metalmeccanici, per lo sciopero prolungato!
Alternativa Comunista è incondizionatamente al fianco degli operai metalmeccanici contro l’arroganza padronale di Marchionne e di chi lo foraggia a suon di miliardi (i rampolli della famiglia Agnelli). In tutti i luoghi di lavoro e nei sindacati dove i nostri militanti sono presenti, abbiamo fatto una battaglia per trasformare lo sciopero della Fiom del 28 gennaio in un grande sciopero generale di tutte le categorie, nella consapevolezza che serve una risposta forte per respingere l’attacco in corso. Salutiamo positivamente la decisione della Fiom di non sottoscrivere l’accordo-truffa di Mirafiori e di chiamare gli operai alla lotta. Ma la posta in gioco è troppo alta per fermarsi a uno sciopero di una sola giornata: il rischio è quello di rassegnarsi a una pesante sconfitta che oggi la classe lavoratrice non può e non deve permettersi.
La decisione di non trasformare lo sciopero del 28 gennaio in uno sciopero prolungato, la scelta di non chiamare i lavoratori a una grande manifestazione nazionale preferendo optare per più innocue manifestazioni regionali (addirittura in Emilia Romagna, una delle regioni dove la Fiom è più forte, lo sciopero è stato anticipato al 27 gennaio per... una festa del patrono) sono elementi che ci dicono che la direzione della Fiom, nonostante la combattività dimostrata dalla sua base operaia negli ultimi mesi, non intende chiamare i metalmeccanici a quell’azione di forza che oggi servirebbe. Le stesse dissociazioni di Landini dalle proteste degli operai contro la Camusso a Bologna (a detta di Landini, sarebbe stato uno sparuto gruppo di “studenti” a contestare la Camusso, ma noi che eravamo con loro sappiamo che la protesta è stata lanciata proprio dagli operai del gruppo Fiat, precisamente dagli operai della Ferrari!)  ci indicano chiaramente che la direzione della Fiom intende oggi convogliare la protesta nella ricerca della riapertura del “dialogo” con la controparte padronale (dialogo che, tra l’altro, la Fiat non ha alcuna intenzione di concedere). Va inoltre precisato che, nonostante il No della Fiom all’accordo di Mirafiori e Pomigliano, la stessa Fiom ha firmato accordi sostanzialmente identici in moltissime altre fabbriche (per fare un solo esempio, a pochi km di distanza dallo stabilimento Fiat di Mirafiori, all’Embraco di Chieri, negli stessi giorni del referendum la Fiom firmava un contratto sostanzialmente identico a quello di Mirafiori).
 
La lotta continua!
Non è tempo di mezze misure. La classe padronale, non potendo più dilettarsi senza rischi con la speculazione in borsa (un gioco troppo rischioso ai tempi della crisi dei mercati finanziari), preferisce concentrare le sue energie nel suo sport preferito di sempre: dissanguare la classe lavoratrice. I lavoratori non possono permettersi di perdere nemmeno una sola battaglia: il rischio è quello di subire una sconfitta di dimensioni storiche, per riprendersi dalla quale saranno necessarie lotte ancora più dure. E’ quindi necessario rilanciare da subito, in tutti i luoghi di lavoro, la campagna per lo sciopero generale, per l’occupazione delle fabbriche che chiudono e licenziano (estendendo l’esempio degli operai della Eaton di Massa, che hanno occupato per settimane gli stabilimenti), per la costruzione di comitati di lotta territoriali, nazionali e, in prospettiva, internazionali. Solo un’azione di massa, che sfoci in un grande sciopero generale prolungato, in un’azione coordinata con gli altri sindacati in Europa, può oggi ribaltare i rapporti di forza a vantaggio della classe lavoratrice.
 
(questo articolo è un'anticipazione dal prossimo numero di Progetto Comunista)

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