Respingiamo l’intesa sul pubblico
impiego
UNA SOLA RISPOSTA AL GOVERNO:
SCIOPERO GENERALE
di Pia Gigli
Sullo sfondo di una semplice minaccia di
sciopero (quello del 1 giugno) da parte di Cgil Cisl e Uil, si è messo al tavolo
governo-sindacati un ulteriore tassello nella destrutturazione del lavoro in
nome delle compatibilità del capitalismo italiano, garantito dal suo più fido
alleato: il governo Prodi.
L’intesa sul biennio economico 2006-2007 del
pubblico impiego, siglata nella notte tra il 28 e il 29 maggio, è arrivata dopo
continui “malintesi” tra governo e Cgil, Cisl e Uil rispetto ad un accordo già
siglato il 6 aprile: un accordo “a perdere” perché oltre ad annullare aumenti
per un’intera annualità 2006, prevedeva 101 euro medi a partire dal 2008 con
decorrenza 1 gennaio 2007, oltre al recepimento di quanto di peggio espresso dal
“memorandum sul lavoro pubblico” in tema di meritocrazia, produttività
ecc.. Ce n’era abbastanza per andare immediatamente ad uno sciopero che
chiaramente rifiutasse i miseri aumenti e il memorandum e rimettesse al
centro la dignità del lavoro pubblico. Ma in clima di “concertazione”, si sa,
l’arma dello sciopero viene usata solo per rilanciare il ruolo negoziale delle
burocrazie sindacali teso a garantire la pace sociale.
Così, tra rinvii e malintesi è stata chiara in queste settimane la volontà dei sindacati confederali di non abbandonare quel tavolo, e ciò, oltre a produrre un topolino dal punto di vista economico, ha fatto si che venisse introdotta la vera novità: la triennalizzazione del contratto.
Così, tra rinvii e malintesi è stata chiara in queste settimane la volontà dei sindacati confederali di non abbandonare quel tavolo, e ciò, oltre a produrre un topolino dal punto di vista economico, ha fatto si che venisse introdotta la vera novità: la triennalizzazione del contratto.
Nella “nuova” intesa, dal punto di vista economico rimane intatta la sola indennità di vacanza contrattuale per il 2006 (quindi si perde un’annualità del biennio), sono garantiti 101 euro, ma con decorrenza febbraio 2007 e non gennaio, con un ulteriore furto di un mese che però garantisce a Padoa Schioppa di rientrare negli stanziamenti già previsti nella finanziaria; gli aumenti verranno percepiti da gennaio 2008. La certezza di questi pochi soldi e anche dilazionati, viene infine scambiata, dulcis in fundo, con la triennalizzazione del contratto. E’ un vero e proprio cambiamento del modello contrattuale che, dicono, sarà “sperimentale” per i lavoratori pubblici nel triennio 2008, 2009, 2010. Si supera così il modello contrattuale derivato dagli accordi del luglio ’93 che introduceva i bienni economici su una parte normativa quadriennale, con lo scopo di permettere adeguamenti salariali a fronte dell’abolizione della scala mobile. Inutile dire, e i lavoratori ne hanno fatto le spese in questi anni, che pur essendo adeguamenti biennali si è verificata un’erosione progressiva del potere di acquisto dei salari, sono arrivati sempre tardi e sono stati sempre al di sotto dei bisogni dei lavoratori. Figuriamoci cosa succederà con l’allungamento dei contratti a tre anni!
La triennalizzazione dei contratti è richiesta da sempre dai padroni. Ma anche Cisl e Uil non la disdegnano. La Cgil, da posizioni critiche oggi si è rivelata a favore -accodandosi a Cisl e Uil- e tenta di giustificare la sua evidente prostrazione ai piedi del governo “amico” con la formalità della “sperimentazione” e con il paravento della firma da parte dei soli segretari di categoria che non coinvolgerebbe tutta la confederazione. Queste le dichiarazioni recenti di esponenti sindacali: Nerozzi (Cgil): “con le trattative in corso non si possono cambiare le regole perché si dilatano i tempi di chiusura. Chiuse le principali vertenze (meccanici, alimentaristi) saremo disponibili ad aprire una discussione."; Baratta (Cisl): “il triennio è parte della riforma del modello contrattuale che sollecitiamo da tempo. Se ci chiedono di aprire un tavolo sul modello triennale con verifiche sull’inflazione, più spazio alla contrattazione aziendale e procedure più stringenti per i contratti, siamo pronti.”; Pirani (Uil): “se si vuole aprire il confronto siamo pronti. Proponiamo di superare il tasso di inflazione programmata fissando la previsione di aumento sul triennio in base al presunto andamento del costo della vita con un meccanismo di verifica a consuntivo potenziando la contrattazione di secondo livello.”
Per questa via si apre il reale pericolo di estensione del nuovo modello contrattuale anche alle altre categorie, infatti Federmeccanica sta già chiedendo la triennalizzazione del contratto. Al fondo di tutto ciò è il disegno dichiarato di destrutturate il contratto nazionale, di frantumare le tutele “collettive”, un disegno che tende a stabilire un minimo salariale generale e a scaricare gli adeguamenti nella contrattazione decentrata e territoriale, in poche parole nuove “gabbie salariali”, differenziazioni in termini di orario, carichi di lavoro, straordinari ecc. La frantumazione della classe dei lavoratori che ne deriva è inaccettabile.
In questi giorni le burocrazie di Cgil, Cisl e Uil tentano di far digerire ai lavoratori l’intesa firmata per il pubblico impiego, ma tra i quadri sindacali intermedi e tra i lavoratori c’è molta insoddisfazione. C’è il pericolo che ciò si traduca in scoraggiamento e disinteresse. E’ necessario fare ciò che i sindacati concertativi stanno negando affetti dalla sindrome del governo amico: riprendere la parola in assemblee nei luoghi di lavoro, negare consenso a questo contratto deciso sulla pelle dei lavoratori senza alcuna consulatazione, organizzare “comitati contro l’accordo” e per la reintroduzione della scala mobile, a partire dalla sinistra in Cgil e con gli iscritti ai sindacati di base che stanno già manifestando in questi giorni contro l’accordo, chiedendo infine la solidarietà di altre categorie. L’unione di tali forze si rende tanto più necessario a fronte dell’attacco ai lavoratori che si sta aprendo intorno ai tavoli concertativi sulla produttività e sulle pensioni. Noi la “pace sociale” non la vogliamo e lotteremo fino a un vero sciopero generale contro questo governo anti-operaio.