La triennalizzazione dei
contratti
PREPARANO UN NUOVO DURISSIMO
ATTACCO AI LAVORATORI
di Antonino
Marceca
La triennalizzazione dei contratti: dopo
il governo la vogliono anche i padroni
Il 29 maggio Cgil, Cisl, Uil e governo hanno
sottoscritto una nuova intesa sui contratti dei dipendenti pubblici.
Quest'intesa non solo conferma quanto già sottoscritto dai sindacati in accordi
precedenti con il governo in termini di aumenti salariali, 101 euro medi (93
euro degli enti locali, 104-105 della sanità e 106-107 euro della scuola),
peraltro insufficienti a salvaguardare il potere d'acquisto, ma allunga la
durata dei contratti dei dipendenti pubblici: da due a tre anni.
La triennalizzazione è una modifica sostanziale che allunga la durata del
contratto, incide pesantemente sulla copertura contrattuale nazionale e quindi
sul potere d'acquisto dei salari, in questo caso dei lavoratori pubblici,
soprattutto in mancanza di strumenti che diano garanzie certe sulla copertura
dell'inflazione.
L'accordo del 29 maggio segna pertanto un ritorno, a perdere, a prima del 1993, quando la durata dei contratti era triennale ma l'inflazione era coperta, seppur parzialmente, dalla scala mobile dei salari. Non solo ma dà l'impronta al tavolo concertativo aperto tra governo, associazioni padronali e burocrazie sindacali sulla struttura della contrattazione e imprime una grave ipoteca ai rinnovi contrattuali nel settore privato: dei metalmeccanici, dell'agroalimentare, dei lavoratori dei servizi, commercio e turismo.
Le piattaforme sindacali di Cgil, Cisl e Uil per il rinnovo di questi contratti sono largamente insufficienti: nella parte economica a garantire il recupero del potere d'acquisto dei salari, crollato in questi anni al penultimo posto in Europa, appena sopra il Portogallo, come dimostra il recente studio dell'Eurispes; nella parte normativa a combattere la pretesa padronale di gestire unilateralmente la forza lavoro, utilizzando in tema di flessibilità/precarietà in entrata il pacchetto Treu e la legge Biagi e in tema di orario di lavoro la legge 66/2003.
Nella parte economica la piattaforma unitaria dei metalmeccanici prevede 117 euro di aumento medio (corrispondente al 5° livello), più 30 euro per gli esclusi dalla contrattazione aziendale, che corrispondono a 101 euro per gli operai al terzo livello, la maggioranza degli operai di linea.
Per i lavoratori del pulimento, categoria particolarmente precaria e sfruttata, la piattaforma sindacale prevede appena 90 euro di aumento. Ancora più bassa è la richiesta salariale per il rinnovo del contratto nazionale del terziario, appena 78 euro, che riguarda oltre un milione e mezzo di lavoratori, nonostante gli alti profitti realizzati dalla Grande Distribuzione (Coop, Aushan, Carrefur, Pam, ecc). Fino ad arrivare al paradosso che per i lavoratori del turismo non c'è ancora una vera piattaforma rivendicativa.
Lo stato dei salari nel comparto manifatturiero e dei servizi denunciato dall'Eurispes, l'aumento della produzione aziendale (4,6% in un anno) e la riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto (dal 2,9% al 1,3 % in un anno) dimostrano che il padronato macina profitti: in questa situazione è assolutamente necessaria una proposta più avanzata in termini di salario e più rigida in termini di condizioni di lavoro. Ma solo i lavoratori metalmeccanici hanno potuto esprimere il loro giudizio sulla piattaforma sindacale della categoria che, seppur approvata a larga maggioranza (88%), ha registrato il netto dissenso operaio alle Carrozzerie Mirafiori e in diverse fabbriche del Paese. Le stesse fabbriche che hanno registrato nelle settimane appena trascorse la contestazione dei massimi dirigenti sindacali di Cgil, Cisl e Uil e gli scioperi contro la rapina del Tfr, contro l'allungamento dell'età pensionabile, per la difesa della pensione pubblica. Le altre categorie di lavoratori non hanno potuto accedere a questo elementare diritto di democrazia sindacale. D'altronde i lavoratori non sono stati consultati dalla burocrazia sindacale, compresa quella Fiom, quando si è trattato di procedere alla rapina del Tfr e allo smantellamento della previdenza pubblica.
L'accordo del 29 maggio segna pertanto un ritorno, a perdere, a prima del 1993, quando la durata dei contratti era triennale ma l'inflazione era coperta, seppur parzialmente, dalla scala mobile dei salari. Non solo ma dà l'impronta al tavolo concertativo aperto tra governo, associazioni padronali e burocrazie sindacali sulla struttura della contrattazione e imprime una grave ipoteca ai rinnovi contrattuali nel settore privato: dei metalmeccanici, dell'agroalimentare, dei lavoratori dei servizi, commercio e turismo.
Le piattaforme sindacali di Cgil, Cisl e Uil per il rinnovo di questi contratti sono largamente insufficienti: nella parte economica a garantire il recupero del potere d'acquisto dei salari, crollato in questi anni al penultimo posto in Europa, appena sopra il Portogallo, come dimostra il recente studio dell'Eurispes; nella parte normativa a combattere la pretesa padronale di gestire unilateralmente la forza lavoro, utilizzando in tema di flessibilità/precarietà in entrata il pacchetto Treu e la legge Biagi e in tema di orario di lavoro la legge 66/2003.
Nella parte economica la piattaforma unitaria dei metalmeccanici prevede 117 euro di aumento medio (corrispondente al 5° livello), più 30 euro per gli esclusi dalla contrattazione aziendale, che corrispondono a 101 euro per gli operai al terzo livello, la maggioranza degli operai di linea.
Per i lavoratori del pulimento, categoria particolarmente precaria e sfruttata, la piattaforma sindacale prevede appena 90 euro di aumento. Ancora più bassa è la richiesta salariale per il rinnovo del contratto nazionale del terziario, appena 78 euro, che riguarda oltre un milione e mezzo di lavoratori, nonostante gli alti profitti realizzati dalla Grande Distribuzione (Coop, Aushan, Carrefur, Pam, ecc). Fino ad arrivare al paradosso che per i lavoratori del turismo non c'è ancora una vera piattaforma rivendicativa.
Lo stato dei salari nel comparto manifatturiero e dei servizi denunciato dall'Eurispes, l'aumento della produzione aziendale (4,6% in un anno) e la riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto (dal 2,9% al 1,3 % in un anno) dimostrano che il padronato macina profitti: in questa situazione è assolutamente necessaria una proposta più avanzata in termini di salario e più rigida in termini di condizioni di lavoro. Ma solo i lavoratori metalmeccanici hanno potuto esprimere il loro giudizio sulla piattaforma sindacale della categoria che, seppur approvata a larga maggioranza (88%), ha registrato il netto dissenso operaio alle Carrozzerie Mirafiori e in diverse fabbriche del Paese. Le stesse fabbriche che hanno registrato nelle settimane appena trascorse la contestazione dei massimi dirigenti sindacali di Cgil, Cisl e Uil e gli scioperi contro la rapina del Tfr, contro l'allungamento dell'età pensionabile, per la difesa della pensione pubblica. Le altre categorie di lavoratori non hanno potuto accedere a questo elementare diritto di democrazia sindacale. D'altronde i lavoratori non sono stati consultati dalla burocrazia sindacale, compresa quella Fiom, quando si è trattato di procedere alla rapina del Tfr e allo smantellamento della previdenza pubblica.
Gli effetti dell'accordo del pubblico
impiego
Dopo l'accordo del pubblico impiego sulla triennalizzazione,
i presidenti di Federmeccanica, Massimo Calearo, e Confcommercio, Carlo
Sangalli, chiedono anche loro il contratto triennale, ricevendo tra l'altro il
sostegno di Cisl e Uil. Senza rinunciare, va da sé, alla legge 30 e pacchetto
Treu, alla decontribuzione degli straordinari e della contrattazione di secondo
livello, alla flessibilità sugli orari, portando ad esempio le 60 ore
settimanali, per 12 settimane l'anno, dell'Austria. In aggiunta le aziende del
pulimento chiedono da parte loro di mettere mano ai primi tre giorni di malattia
e abolire l'art. 4 del contratto che obbliga il mantenimento della continuità
occupazionale nelle ditte che operano in regime di appalto.
Questo in estrema sintesi lo stato delle vertenze contrattuali nei diversi settori del proletariato, proprio per superare questo stato di cose presenti abbiamo sostenuto l'analisi e la proposta politico sindacale contenuta nel documento "Ricostruiamo su basi di classe la sinistra sindacale in Cgil" presentato all'Assemblea Nazionale della Rete 28 aprile in Cgil svoltasi a Milano il 21 aprile 2007, documento leggibile sul nostro sito web.
Il contenuto delle piattaforme, sinteticamente sopra descritto, è strettamente correlato alla presenza di un governo di collaborazione di classe, di un "fronte popolare preventivo", dove la sinistra di governo e i suoi quadri sindacali svolgono diligentemente la funzione loro assegnata dagli esponenti liberali del futuro Partito Democratico: di controllori e pacificatori sociali.
I militanti e i simpatizzanti del Partito di Alternativa Comunista lottano con tutte le proprie forze, tra i lavoratori e nel sindacato, per la convergenza delle vertenze, sulla base di una piattaforma unificante, per un salario che salvaguardi il potere d'acquisto, contro la rapina del Tfr e per la certezza di una pensione pubblica, senza revisione dei coefficienti né allungamenti dell'età pensionabile, contro la flessibilità/precarietà per nuovi diritti e nuove tutele: coscienti che per resistere alle politiche di guerra, sociale ed estera, del governo, degli industriali e delle banche, è necessario costruire lo sciopero generale. Per un'altra prospettiva: un governo dei lavoratori, per il socialismo.
Questo in estrema sintesi lo stato delle vertenze contrattuali nei diversi settori del proletariato, proprio per superare questo stato di cose presenti abbiamo sostenuto l'analisi e la proposta politico sindacale contenuta nel documento "Ricostruiamo su basi di classe la sinistra sindacale in Cgil" presentato all'Assemblea Nazionale della Rete 28 aprile in Cgil svoltasi a Milano il 21 aprile 2007, documento leggibile sul nostro sito web.
Il contenuto delle piattaforme, sinteticamente sopra descritto, è strettamente correlato alla presenza di un governo di collaborazione di classe, di un "fronte popolare preventivo", dove la sinistra di governo e i suoi quadri sindacali svolgono diligentemente la funzione loro assegnata dagli esponenti liberali del futuro Partito Democratico: di controllori e pacificatori sociali.
I militanti e i simpatizzanti del Partito di Alternativa Comunista lottano con tutte le proprie forze, tra i lavoratori e nel sindacato, per la convergenza delle vertenze, sulla base di una piattaforma unificante, per un salario che salvaguardi il potere d'acquisto, contro la rapina del Tfr e per la certezza di una pensione pubblica, senza revisione dei coefficienti né allungamenti dell'età pensionabile, contro la flessibilità/precarietà per nuovi diritti e nuove tutele: coscienti che per resistere alle politiche di guerra, sociale ed estera, del governo, degli industriali e delle banche, è necessario costruire lo sciopero generale. Per un'altra prospettiva: un governo dei lavoratori, per il socialismo.