Ombre e luci dello sciopero
dei “baroni” universitari
di Salvo De Lorenzo
Ombre
Il “Movimento per la dignità della docenza
universitaria” (Mddu) ha promosso uno sciopero nazionale dei professori
ordinari, associati, e dei ricercatori universitari che ha prodotto il blocco
della prima sessione di esami autunnali in diversi atenei italiani. Le
rivendicazioni del movimento riguardano lo sblocco delle classi e degli scatti
stipendiali a partire dal 1° gennaio 2015, e il riconoscimento del quadriennio
2011-2014 ai fini giuridici, con conseguenti effetti economici a partire dallo
stessa data. Dunque rivendicazioni salariali e previdenziali che, escludendo i
ricercatori universitari, riguardano il comparto dirigenziale dell'università,
non certo noto per passarsela malissimo dal punto di vista economico. Si pensi
infatti che lo stipendio di un professore ordinario all'inizio della sua
carriera è attorno ai 3000 euro e, grazie appunto agli scatti stipendiali, può
giungere e superare i 5000 euro a fine carriera. Ovviamente, al netto degli
ulteriori gettoni di presenza incamerati per la partecipazione ai vari consessi
istituzionali (consiglio di amministrazione, senato accademico, etc). Non
propriamente dei morti di fame, per intendersi.
E' quindi oggettivamente di pessimo gusto il
richiamo di questo movimento al concetto di dignità, tanto più quando si
confrontino le buste paga di queste categorie con quelle degli addetti alle
pulizie o alla guardianìa all'università. Per intenderci, da circa venti anni,
i servizi di pulizia nella maggior parte delle università italiane sono stati
esternalizzati e ogni due o tre anni imprese di pulizia si confrontano, con
gare al ribasso, per aggiudicarsi il nuovo appalto. Le aziende vincitrici
dell'appalto scaricano, ovviamente, il ribasso sui lavoratori, che vengono
periodicamente riassunti con salari ogni volta più bassi. La compressione dei
salari degli addetti alle pulizie ha raggiunto effettivamente livelli
indegni se pensiamo che questi lavoratori, che svolgono un ruolo
fondamentale per la dignità del sistema universitario, percepiscono salari
attorno ai 600 euro e sono sottoposti,
ogni tre anni, alla gogna del licenziamento e della riassunzione.
Peraltro, lo sciopero del Mddu non affronta
situazioni molto più gravose determinatesi nell'università, a partire dalla
questione relativa alla legge Gelmini, che, abolendo la figura di ricercatore a
tempo indeterminato, ha dato l'avvio a una campagna di precarizzazione
selvaggia del mondo della ricerca, creando una bolla di precariato di oltre
40.000 giovani ricercatori di cui solo una piccolissima percentuale (meno del
5% secondo calcoli riportati su vari siti specializzati) potrà aspirare ad un
ruolo stabile nell'università nell'attuale quadro economico e normativo.
Luci
Tuttavia, come sempre accade quando una
categoria di lavoratori, seppur benestante come quella dei professori associati
e ordinari, scende in sciopero, lo sciopero stesso tende ad innescare una
dialettica nel mondo del lavoro: la singola pietra che rotola giù dalla
montagna potrebbe innescare la valanga. Quello che ha indicato Mddu è che il
comparto docente dell'università può aggregarsi autonomamente, senza il bisogno
delle burocrazie sindacali, per avanzare le proprie rivendicazioni, giuste o
sbagliate che siano. Da questo punto di vista è interessante segnalare che il
Mddu ha promosso lo sciopero svincolandosi da una qualunque dialettica con le
organizzazioni sindacali, peraltro colpevolmente latitanti sul fronte
universitario sin dai tempi della legge Gelmini. Mddu ha cioè indetto
autonomamente lo sciopero, valendosi delle specificità del contratto della
docenza.
Ed è questa la ragione per la quale tutta una
serie di organizzazioni sindacali, oggettivamente in stato comatoso in questi
dieci anni di profondo declino dell'Università italiana, sono state costrette a
svegliarsi. Le principali organizzazioni sindacali universitarie (Adi, Aipac,
Andu, Arted, Cisl Università, Confsal-Cisapuni-Snals, Conpass, Crnsu,
Federazione Ugl Università, Flc-Cgil, Link, Rete29Aprile, Snals Docenti
Università, Udu, Uil Rua), sentendosi scavalcate, sono state costrette a
fingere una loro esistenza e utilità nell'ambito della contrattazione.
Ignorando lo sciopero di Mddu hanno quindi sottoscritto un documento in cui,
improvvisamente, si impegnano a promuovere “a partire dal prossimo autunno
una ampia mobilitazione del mondo universitario per ottenere dal governo il
varo di provvedimenti urgenti per risolvere il problema del precariato e del
reclutamento in ruolo e per richiamare alle proprie responsabilità tutte le
forze politiche”. Vedremo...
La lezione da trarre
Per il mondo del precariato universitario, vera vittima sacrificale della legge Gelmini, la lezione che viene però da questo sciopero è preziosa: se si vuole realmente risolvere il problema della stabilizzazione in ruolo occorre abbandonare l'approccio filo-padronale delle burocrazie sindacali e organizzare dal basso, attraverso la creazione di comitati di lotta locali e il loro coordinamento nazionale, una piattaforma di rivendicazioni e un calendario di lotte che consentano, stavolta sì, di riproporre il discorso della dignità di tanti giovani studiosi italiani, sfruttati dal baronato italiano per tenere in vita le università. Solo una lotta radicale può risolvere il problema della loro stabilizzazione.