NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DI FINCANTIERI!
SCIOPERO GENERALE CONTRO IL GOVERNO E IL
PADRONATO !
La Fincantieri, su cui vogliono mettere le mani
gli speculatori, è un’azienda sana con un fatturato in crescita, tra le prime
aziende mondiali per quota di mercato nella costruzione di navi da crociera e di
traghetti. Una delle più grandi aziende del Paese, tra le poche ancora a
capitale pubblico, divisa in tredici unità produttive -otto cantieri navali, due
sedi di progettazione, una società di sistemistica militare, un centro di
ricerche, una fabbrica motori- distribuite in sette regioni.
Il progetto a lungo vagheggiato dall’amministratore delegato della società,
Giuseppe Bono, di privatizzazione e collocazione in Borsa di Fincantieri, ha
ottenuto il via libera del governo Prodi che ha formalizzato la decisione di
quotare in borsa il 49% del gruppo industriale. Il governo infatti, attraverso
Fintecna, è l’azionista di maggioranza di Fincantieri. Non c’è dubbio che una
volta collocata in Borsa la finta barriera del 51% verrà velocemente superata,
come successo per altri gruppi industriali.
Nel piano industriale per il 2007/2011, presentato a gennaio dall’amministratore delegato, si propone “l’internazionalizzazione del gruppo” che tradotto significa acquisire cantieri nei paesi dell’Est (Ucraina, Romania) dove delocalizzare la costruzione degli scafi delle navi. Una operazione che il Corriere della Sera aveva preannunciato proprio in funzione della collocazione in Borsa del gruppo, infatti suggerisce il giornale della grande borghesia: per attirare capitali privati bisogna aumentare i profitti, un modo per farlo è costruire gli scafi dove il lavoro costa meno e competere su questo terreno con i produttori asiatici. La conseguenza di questa operazione sarà il taglio di 12-13 mila posti di lavoro in Italia, stima la Fiom Cgil nel suo Libro Bianco sul caso Fincantieri.
Nel contempo, denunciano i lavoratori, “molti reparti nei cantieri sono abbandonati ad una lenta ed inesorabile agonia, nel tentativo di sostituirli inevitabilmente con appalti sempre più deregolamentati”. Inoltre in quasi tutte le città che ospitano gli stabilimenti di Fincantieri sono all’opera settori della borghesia, sostenuti dai governi di centrodestra e di centrosinistra, che puntano allo smantellamento delle attività industriali e alla liberazione delle aree occupate per destinarle a grandi operazioni speculative nei settori dei servizi, turistico e alberghiero.
I lavoratori, oltre 25 mila di cui 9 mila diretti e 15-18 mila delle ditte in appalto, temono che una volta messa sul mercato Fincantieri possa percorrere lo stesso percorso seguito alla privatizzazione di Telecom e Alitalia. Un futuro di delocalizzazioni, smembramenti, tagli occupazionali, chiusure. Per contrastare questa politica i lavoratori, sostenuti dalla Fiom Cgil, hanno effettuato numerose iniziative di lotta e indetto uno sciopero nazionale per il 15 giugno, con manifestazione a Roma. Fim Cisl e Uilm, veri e propri sindacati gialli, hanno sostenuto fin dall’inizio il processo di privatizzazione.
Nel piano industriale per il 2007/2011, presentato a gennaio dall’amministratore delegato, si propone “l’internazionalizzazione del gruppo” che tradotto significa acquisire cantieri nei paesi dell’Est (Ucraina, Romania) dove delocalizzare la costruzione degli scafi delle navi. Una operazione che il Corriere della Sera aveva preannunciato proprio in funzione della collocazione in Borsa del gruppo, infatti suggerisce il giornale della grande borghesia: per attirare capitali privati bisogna aumentare i profitti, un modo per farlo è costruire gli scafi dove il lavoro costa meno e competere su questo terreno con i produttori asiatici. La conseguenza di questa operazione sarà il taglio di 12-13 mila posti di lavoro in Italia, stima la Fiom Cgil nel suo Libro Bianco sul caso Fincantieri.
Nel contempo, denunciano i lavoratori, “molti reparti nei cantieri sono abbandonati ad una lenta ed inesorabile agonia, nel tentativo di sostituirli inevitabilmente con appalti sempre più deregolamentati”. Inoltre in quasi tutte le città che ospitano gli stabilimenti di Fincantieri sono all’opera settori della borghesia, sostenuti dai governi di centrodestra e di centrosinistra, che puntano allo smantellamento delle attività industriali e alla liberazione delle aree occupate per destinarle a grandi operazioni speculative nei settori dei servizi, turistico e alberghiero.
I lavoratori, oltre 25 mila di cui 9 mila diretti e 15-18 mila delle ditte in appalto, temono che una volta messa sul mercato Fincantieri possa percorrere lo stesso percorso seguito alla privatizzazione di Telecom e Alitalia. Un futuro di delocalizzazioni, smembramenti, tagli occupazionali, chiusure. Per contrastare questa politica i lavoratori, sostenuti dalla Fiom Cgil, hanno effettuato numerose iniziative di lotta e indetto uno sciopero nazionale per il 15 giugno, con manifestazione a Roma. Fim Cisl e Uilm, veri e propri sindacati gialli, hanno sostenuto fin dall’inizio il processo di privatizzazione.
Il Partito di Alternativa Comunista
sostiene la lotta dei lavoratori Fincantieri contro i processi di
privatizzazione e indica nella nazionalizzazione sotto controllo operaio l’unica
rivendicazione che può bloccare il progetto governativo e padronale. Una
mobilitazione che deve essere inserita nella più generale lotta contro la
politica economica ed estera del governo Prodi, organizzando lo sciopero
generale.