Lo scandalo dei dirigenti Cisl
Ecco cosa sono le burocrazie sindacali
di Alberto Madoglio
Lo
scandalo dei compensi d’oro di cui beneficiano diversi alti dirigenti della
Cisl, dimostra una volta di più come i burocrati sindacali non siano
rappresentanti dei lavoratori, ma lo “strumento di direzione sulla classe
operaia da parte dello Stato borghese” (Trostsky, Il sindacato nell’epoca di
decadenza dell’imperialismo).
Sbaglierebbe
chi volesse affrontare la questione solo con un approccio moralistico
(“cacciamo le mele marce, riduciamo i compensi a una somma più accettabile e la
questione è risolta”) sia chi si rallegrasse che lo scandalo abbia colpito, per
la seconda volta (la prima fu all’epoca delle dimissioni del segretario
Bonanni), un sindacato che negli ultimi decenni più di altri ha svolto il ruolo
di quinta colonna degli interessi della borghesia tra i lavoratori.
Il
fenomeno della burocratizzazione dei sindacati ha dimensioni più ampie di
qualche “alto papavero” che viene pagato come un super manager. La burocrazia
nel sindacato è composta da decine di migliaia di persone che beneficiano, in
forme e quantità differenti, di piccoli o grandi privilegi, per difendere i
quali sono disposte a sacrificare in tutto le richieste della classe sociale
che dovrebbero rappresentare.
Per
quanto riguarda la Cgil, al momento non risultano casi eclatanti come quello
che è scoppiato in queste settimane su tutti i giornali, ma non ci sarebbe da
stupirsi di trovare pure lì casi simili. In ogni caso, anche se così non fosse,
anche il sindacato di via del Corso, come e più di altri, è dominato da una
inamovibile escrescenza burocratica: sono oltre 12000 i funzionari a tempo
pieno della Cgil, altre migliaia sono i dirigenti e rappresentanti sindacali
che usano la propria carica come strumento per soddisfare il proprio
tornaconto. Né possiamo dimenticare che, tra i tanti, Epifani e Damiano sono
stati alti dirigenti di Cgil e Fiom e oggi, approdati agli scranni del parlamento
borghese, hanno votato a favore del Jobs Act e dell’abolizione dell’articolo 18
dello Statuto dei Lavoratori. O pensiamo a un personaggio come Cofferati, che
oggi si spaccia per oppositore di sinistra a Renzi, come si ricorderà, abbandonata
la carica di segretario Cgil tornò per qualche settimana al suo vecchio posto
di lavoro in Pirelli accompagnato da autista e addetto stampa: non proprio un
impiegato come tanti!
Per
evitare che milioni di lavoratori, scandalizzati dal caso Cisl, si lascino andare
allo sconforto e abbandonino l’attività sindacale e la lotta sul posto di
lavoro nella convinzione che non ci sia nulla da fare, bisogna intraprendere
una lotta senza quartiere e senza tregua contro i burocrati sindacali per la
costruzione di un sindacato di classe.
Una
lotta che deve essere legata alla prospettiva dell’abbattimento rivoluzionario
della società capitalista: così come rivendicazioni che oggi appaiono di buon
senso (riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, occupazione delle
fabbriche che licenziano o chiudono) non possono trovare applicazione se non
all’interno di una lotta per il socialismo, così pure sindacati democratici, di
lotta e indipendenti dalla borghesia e dal suo Stato non possono che essere
diretti da militanti rivoluzionari, fondati su un programma di classe
coerentemente anticapitalista. E' quanto concludeva Trotsky nel testo che
abbiamo citato all'inizio: “Questa direzione, naturalmente, deve e può essere
razionale e garantire nei sindacati il massimo di democrazia…Ma senza la
direzione politica della Quarta Internazionale l’indipendenza dei sindacati è
impossibile”