L’Ilva va nazionalizzata sotto controllo operaio e senza indennizzo!
Riconvertiamo la produzione!
di Michele Rizzi

Il Governo Monti, attraverso l'approvazione di un decreto che concede l'autorizzazione integrata ambientale (Aia), salva Emilio Riva e la proprietà dell'Ilva, ormai messa in discussione da più parti alla luce anche delle intercettazioni telefoniche. Si finge di aumentare “le prescrizioni” sulla bonifica, a carico della proprietà, ma in realtà si avalla la perpetuazione della distruzione ambientale e sanitaria ai danni dei lavoratori e di tutti coloro che vivono nei quartieri popolari a ridosso del siderurgico.
Emilio Riva, affari con Prodi e con Berlusconi
Che Riva fosse un magnate, legato a doppio filo con la politica d’ogni schieramento borghese, lo si è sempre saputo (senza la necessità d’indagini giudiziarie). D'altronde, acquistare nel 1995 dal duo Prodi/Dini, con l'equivalente di 850 milioni d’euro, dallo Stato, l'ex Italsider, la più grande acciaieria d'Europa (lasciando a carico di quest'ultimo tre miliardi d’euro di debiti), finanziare il Pd di Bersani, Forza Italia di Berlusconi, sindacati concertativi, prelati, giornali e pennivendoli vari, è, appunto, l'esempio chiaro di come i grandi capitalisti (quelli che D'Alema definiva “capitani coraggiosi”) facciano da sempre profitti sulla pelle dei lavoratori, lavorando in piena sintonia con la politica borghese. Riva comprava il silenzio e la complicità di chi poteva essere utile a far crescere il suo profitto, influenzava politici borghesi d’ogni schieramento per ottenere autorizzazioni per la produzione e otteneva robusti finanziamenti pubblici per finti risanamenti ambientali.
Cresce la coscienza di classe
Gli operai in lotta in questi mesi, dal “Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti” ai lavoratori del Mof, stanno creando la coscienza di classe necessaria per opporsi tanto a Riva e al suo entourage quanto ai politici borghesi e ai sindacati concertativi che hanno coperto e appoggiato negli anni l’operato di Riva. Il vaso è ormai colmo e Aia varie, propaganda governativa del ministro Clini o di Passera, sul presunto “interesse” nazionale attorno all'Ilva, non indeboliranno la coscienza operaia maturata in questi mesi a Taranto. Ormai è evidente cosa ruota attorno all'acciaieria più grande d'Europa, è evidente il legame fortissimo tra il grande capitale, politici di centrodestra e centrosinistra, sindacati concertativi e prelati, è evidente lo scandalo dei profitti dei Riva (esportati nei cosiddetti “paradisi fiscali”) e i danni ad ambiente, salute e lavoro.
Le parole d’ordine del PdAC: l’unica soluzione
Il Pdac è stato sempre chiaro in Puglia, già dalle scorse elezioni regionali, prima che esplodesse ufficialmente il “caso” Ilva e le nostre parole d’ordine di allora si stanno dimostrando l’unica soluzione. L’occupazione della fabbrica di una settimana, ad esempio, è stata importante affinché si cominci a mettere in discussione la proprietà dell'azienda stessa. Il Pdac ha sempre sostenuto e continua a sostenere, anche alla luce dell'ennesimo imbroglio chiamato Aia e decreto del Governo Monti, che l'Ilva debba essere espropriata e nazionalizzata, senza indennizzo. E’ necessario che un'assemblea dei lavoratori, rappresentativa delle lotte operaie di questi mesi (con l'espulsione delle burocrazie sindacali colluse con la proprietà), si faccia carico della gestione, costituendo un Comitato operaio eletto democraticamente che avvii la riconversione e la bonifica ambientale che dovranno essere pagati con l’esproprio di tutti i beni di Riva e del suo entourage, veri responsabili dello sfruttamento e del disastro ambientale. Questa è l'unica soluzione politica che possa realmente conciliare lavoro ed ambiente. E’ necessario respingere ogni altra apparente soluzione, soluzioni truccate che servirebbero solo per continuare ad avallare gli interessi padronali e le politiche contro i lavoratori.