Fiom
L'ennesima svolta a destra di Landini
E l'inconsistenza
dell'attuale sinistra della Cgil
di Massimiliano Dancelli e
Alberto Madoglio
Bersani, Vendola e
Landini
La Fiom svolta decisamente a destra e lo
fa votando a maggioranza al proprio Comitato Centrale, del 5-6 settembre scorsi,
un documento presentato dal segretario generale Maurizio Landini. Nel documento
Landini sostiene che, per risolvere la sempre più aspra crisi economica in cui
versa il Paese, sia necessario spegnere o smorzare il conflitto in atto, logica
conseguenza della lotta di classe in corso, e tornare invece al tavolo della
trattativa con i padroni, quindi fare accordi unitari e presentare una
piattaforma comune per il rinnovo del Ccnl dei metalmeccanici. Tende quindi la
mano a quelle stesse organizzazioni, Cisl e Uil, che avevano fatto di tutto per
far fuori la Fiom, compreso firmare accordi improponibili e contratti da
schiavitù come nel caso della Fiat. Tende la mano anche a quella stessa
Federmeccanica che solo due mesi fa non aveva nemmeno preso in considerazione la
Fiom, non convocandola alla prima sessione di trattative per il rinnovo del
contratto di categoria.
E' chiaro che Landini, resosi conto dell'
impossibilità di far valere le ragioni per cui la Fiom ha sempre predicato ma
mai seriamente lottato, cerca ora uno spiraglio anche minimo per rientrare al
tavolo delle trattative coi padroni e il loro governo: lo fa rivendicando gli
accordi interconfederali del 28 giugno (sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil con
Confindustria, accordi che hanno decretato la fine della contrattazione
nazionale) sulla rappresentatività e rinnegando la propria piattaforma
contrattuale votata peraltro dalla maggioranza dei lavoratori. Ovviamente Cisl e
Uil, desiderose di estromettere dalle fabbriche definitivamente la Fiom (che è
ancora il primo sindacato tra i metalmeccanici) hanno già risposto picche,
mentre Federmeccanica si è detta disponibile ad un confronto tra segreterie ma
senza intravedere le condizioni per l'interruzione di una trattativa sul rinnovo
del contratto già avviata proficuamente due mesi fa con le altre due sigle
sindacali.
La Fiom si trova così ora a pagare il conto
della politica di Landini e del suo gruppo dirigente degli ultimi anni, una
politica in cui mentre si presentavano i metalmeccanici come la frangia più
critica e combattiva all'interno della Cgil, criticando giustamente la non
convocazione dello sciopero generale e gli accordi, ora rivendicati, del 28
giugno sulla rappresentatività sindacale e le deroghe ai contratti; nei fatti
però non ci si discostava troppo dalle linee guida della casa madre e si
rinunciava a mettere in campo serie azioni di lotta, convocando scioperi in
ritardo e di facciata, manifestazioni frammentate o insufficienti. Una politica
che nel concreto si è tramutato in sconfitte colossali quali l'estromissione
della Fiom dalla Fiat.
Cacciata
dalla segreteria la (debole) opposizione interna
La nuova ulteriore svolta a destra è chiaramente il prodotto delle
elezioni del 2013 che si avvicinano. E' infatti altamente probabile che le forze
politiche di riferimento del gruppo dirigente Fiom (l'Idv ma soprattutto la Sel
di Vendola) si ritrovino al governo l'anno prossimo, insieme al Pd e alle stesse
forze sociali, industriali e banchieri, che oggi sostengono Monti. Il ruolo che
in quel progetto sarà assegnato alla Cgil ma anche alla Fiom sarà di
salvaguardare l'attacco padronale gestito dal centrosinistra dalle lotte
operaie (così come già fecero con i due governi Prodi). Ecco allora che la
svolta a destra si combina con un giro di vite interno alla
Fiom.
Landini rivendica, soprattutto in relazione
alla vicenda Fiat, la democrazia sindacale nei luoghi di lavoro, ma poi non
garantisce la medesima all'interno del suo sindacato. Al termine del sopra
citato Comitato Centrale della Fiom, due componenti della segreteria nazionale
(Airaudo e Spezia) hanno presentato le dimissioni, addebitandole a una incompatibilità politica con Bellavita (membro della segreteria
in quota alla Rete 28 aprile, minoranza interna alla Cgil, l'area di
Cremaschi) che aveva presentato un documento alternativo a quello di
Landini. Nulla di particolarmente rivoluzionario, un testo in cui
si critica la nuova giravolta a destra e si sostiene il fatto che in questa
fase storica bisognerebbe perlomeno... essere un po' più conflittuali. Con
questa mossa Landini ha voluto azzerare di proposito la segreteria (con due
dimissionari su quattro la segreteria decade) per estromettere dal principale
organismo dirigente del sindacato il rappresentante del (peraltro
timido) dissenso.
Per quanto ci riguarda, come Alternativa
comunista critichiamo aspramente questa ulteriore dimostrazione di mancanza
di democrazia all'interno di un’organizzazione che dovrebbe rappresentare ben
altri valori. Tuttavia ci pare evidente che la cacciata di Bellavita costituisca
anche l'ennesima riprova di quanto andiamo dicendo da tempo: oggi si raccoglie
quello che si è seminato ieri. Questi sono i frutti di anni di una morbida e
inefficace opposizione della Rete 28 aprile nella Cgil, che non a caso risorge
oggi dopo che, al Congresso Cgil del 2010, era stata sciolta per confluire
insieme a tutta la Fiom nell'area congressuale "La Cgil che vogliamo",
annacquando ulteriormente la critica agli apparati burocratici.
Una linea che, specie nella Fiom, si reggeva
sullo spargere illusioni sul gruppo dirigente, criticando alcuni passaggi della linea politica e sindacale, ma senza mai arrivare a
indicare una linea realmente alternativa, conflittuale, di classe. Un
atteggiamento condiviso anche dai riformisti e dai vari gruppi centristi (a
partire da Sinistra Critica e Pcl): come si è visto in occasione della
contestazione a Bergamo di Landini da parte degli operai (contrestazione che si
è ripetuta a Taranto): c'è chi l'ha condannata, c'è chi l'ha criticata, c'è chi
non ha detto una parola. L'unica organizzazione politica che ha difeso
apertamente gli operai e la loro giusta rabbia contro la burocrazia che si
rifiuta di organizzare un vero sciopero è stato il Pdac.
Ora ci auguriamo e ci batteremo
perché si arrivi a mettere in piedi una vera opposizione all'interno della
Cgil e della stessa Fiom, un’opposizione che ha per primo compito quello di
richiamare l'esigenza di unire le lotte e di svilupparle contro l'attuale
governo e contro il prossimo governo borghese che (di centrodestra o
di centrosinistra, sia guidato da Bersani, da Vendola o da altri) ne raccoglierà
l'eredità. Per farlo bisogna però muoversi subito, rompendo tatticismi e cautele
finora esibiti dalla Rete 28 aprile (che appaiono non estranei ai
progetti politici neo-riformisti di Cremaschi). Si tratta di
raccogliere in un'area democraticamente organizzata
il malcontento verso le burocrazie sindacali che è destinato a crescere tra i
lavoratori; relazionarsi ai settori più combattivi del sindacalismo di base;
costruire insomma un vero autunno caldo di lotte.