Lavoratori del Commercio
Prove tecniche per un nuovo modello contrattuale
di Enrico Pellegrini (*)
Alla luce di quanto avvenuto nell'ultimo
direttivo nazionale Cgil, risulta evidente che tutto il percorso politico
compiuto dal governo, a danno dei milioni di lavoratori di questo Paese, può
contare sull'appoggio politico-sindacale di questa grande organizzazione, dal
momento che nessuna forma di dissenso interno verrà più tollerata se non in
sintonia con gli assi portanti di una nuova stagione concertativa di cui in
parte già conosciamo il nome: patto per la produttività.
Al recente congresso si sono sprecate le più svariate formule di retorica
democratica e propaganda politica in riferimento al centenario
dell'organizzazione; oggi in termini moderni ne tastiamo concretamente la
sostanza, in riferimento a un'impostazione programmatica che rimette nuovamente
sui binari del dialogo concertativo tutta una serie di "riforme" strutturali
aventi come obiettivo il rilancio del sistema economico italiano.
Il
paradosso di questa nuova fase non si inquadra nella ripresentazione in termini
caricaturali e grotteschi di un nuovo luglio '93, bensì in un forzoso gioco di
affermazioni e smentite che redatte come regole e temi di discussione
nell'ultima tornata congressuale, fanno sprofondare la Cgil nel più brutto
momento della sua storia. Basti pensare ai fiumi di parole spesi contro la Legge
30, contro la precarietà ed a favore del tempo di lavoro indeterminato, oggi
resi carta straccia viste le ultime prese di posizione sul caso Atesia, sulle
aperture a nuove forme di flessibilità "contrattata" inserite nei vari CCNL in
via di rinnovo e non ultimo, il mancato appoggio alla manifestazione di Roma del
4 novembre scorso.
Una situazione del resto più che prevedibile dal momento
che, certi appetiti sindacali sembravano già emergere durante tutta la fase del
governo precedente: il business dei fondi pensione alla cui riforma nessun tipo
di opposizione è stata avanzata, il fiume di denaro gestito attraverso la
"formazione" di molti settori e figure del mondo lavorativo, la possibilità
della ripresa di un più forte ruolo politico in seguito alla capacità di
mobilitazione sociale espressa negli ultimi anni.
La situazione ora è molto
più chiara ed in relazione alle esigenze ed interessi di un mondo produttivo e
finanziario affamato di nuovo e fresco profitto, la Cgil dimostra... tutta la
sua grande e generosa disponibilità.
Mentre al Senato si discute e si vota
quella paccottiglia di disastri che prende il nome di nuova Legge Finanziaria,
già Confindustria per bocca del suo presidente Montezemolo invoca un nuovo Patto
per la Produttività, foriero di nuovi disastri per i lavoratori italiani, in cui
gli unici obiettivi reali risultano essere l'abbattimento del Contratto
Nazionale, il controllo definitivo sugli orari e nuove richieste di ulteriore
flessibilità "concordata".
In questo scenario ben si inserisce il documento
prodotto nel direttivo di cui sopra, in cui, senza ormai più alcuna remora si
dichiara "(..) oggi ci induce un'assunzione consapevole di responsabilità sulle
conseguenze negative che precipiterebbero (..) a seguito di una modificazione
dell'attuale quadro politico". Ben sapendo che la cosiddetta fase due
dell'operato del governo scatterà dal gennaio prossimo, è facile intuire che sui
temi di discussione rilevanti (pensioni, modello contrattuale, ecc.) non si
vedrà in alcun modo l'opposizione del più grande sindacato
italiano.
E' di per sé illuminante del resto
l'impostazione generale della piattaforma di rinnovo del Ccnl del Commercio,
distribuzione-servizi (Terziario) in cui emergono, in modo evidente, certe
precise volontà che diventeranno in futuro oggetto di discussione e modifica di
tutta una serie di assi contrattuali.L'ultimo rinnovo del settore faceva
registrare forti aperture sulla legge 30 (apprendistato, part-time, ecc.); non
regolarizzava il fiume di precarietà presente nel mondo della grande
distribuzione ed oltre all'esiguità dell'aumento salariale ottenuto(125 euro in
4 anni!); poneva in primo piano il problema della democrazia di mandato, visto
che su una platea di circa 1.500.000 di lavoratori, solo a poco piu' di 30.000
di questi veniva data la possibilità di esprimersi. Non solo: accanto ad una
dirigenza assolutamente verticistica della trattativa, all'ultimo momento
venivano sospese tutta una serie di iniziative di lotta (sciopero generale e
corteo nazionale a Roma) a cui seguiva un forte risentimento delle Rsu più
combattive, fatte sopire con le tecniche burocratiche conosciute ad arte da
parte di funzionari più che navigati.
La piattaforma presentata di recente
non fa altro che registrare l'arretramento precedente: non vi si ritrova in
nessun luogo la volontà di combattere la piaga della precarietà e, aprendo
ulteriormente al part-time ed ai Contratti a Progetto, si concedono eventuali
proroghe alle aperture domenicali e soprattutto si richiedono solamente 70 euro
di aumento economico non tenendo assolutamente conto degli enormi profitti
conseguiti dalle aziende in questi ultimi anni.
Considerando inoltre la forte
e massiccia retorica con cui presuntamente si cerca di affrontare tutta la parte
concernente gli orari di lavoro è presumibile che neanche questa volta
riceveremo lezioni di democrazia sindacale qualora si allestiranno le varie
assemblee nei luoghi di lavoro in cui richiedere la votazione su quanto
firmato.
Ma non basta: all'interno di un piccolo paragrafo, dall'aria del
tutto innocente, è posta una piccola clausola definita di "salvaguardia" in cui
si precisa che nell' ipotesi di tempi più o meno lunghi della trattativa, le
parti si accorderanno per stilare eventuali nuove proposte economiche e
normative su tutti e 4 gli anni di durata contrattuale.
Presentata dai
vertici sindacali con lo scopo di tutelare l'attuale assetto vigente, emerge
seppur sotterraneamente l'intenzione di voler anticipare i tempi di una
discussione riguardante il nocciolo vero dell'interesse di molte controparti: la
tenuta del Ccnl così inteso come lo viviamo ancora oggi, per cui più che di
salvaguardia si dovrebbe parlare della presenza di una vera e propria clausola
di "affossamento", premonitrice di nuovi e futuri disastri come del resto lo fu
a suo tempo lo scellerato accordo del 23 luglio '93.
Ma un'altra riflessione
si impone. Quale genere di forza sindacale riusciranno ad esprimere realtà
lavorative assai delicate ed atomizzate quali questo settore conosce dopo i
futuri terremoti giuridico-normativi a cui stanno andando incontro? Quale reale
potenzialità di scelta ed incisione politico-sindacale potranno ancora
conservare? Quale peso sociale potranno esercitare nell'ambito di profondi
mutamenti economici in corso?
Sono quesiti di spessore, che investono una
futura idea diversa di sindacato e su cui molti dirigenti dovrebbero seriamente
riflettere a meno che, all'interno di una concezione sbagliata sul terziario
visto come valvola di sfogo sociale per la crescente desertificazione produttiva
industriale, non intravedano solo un soggetto erogatore di servizi come via via
sembra essere.
Il ruolo di difesa intransigente di interessi ed esigenze di
tutta questa parte di mondo del lavoro passa nel compito ineludibile di
capovolgere radicalmente questa oscena tendenza.
(*) Direttivo Provinciale Filcams- Cgil Venezia