L'accordo sulla rappresentatività:
un accordo preconfezionato
Un altro durissimo attacco ai lavoratori. L’accordo sulla rappresentatività, o stipula del patto sulla rappresentanza fra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, di fatto azzererà il diritto democratico di rappresentanza sindacale, così come avvenne nel 2010 quando la Fiom si oppose al ricatto di Marchionne rimanendo esclusa di fatto dalla rappresentanza sindacale alla Fiat di Pomigliano (e poi in tutti gli stabilimenti del gruppo).
Evidentemente
la notte porta consiglio, visto che il buio più pesto sembra attraversare i
sogni di gloria di quella che era apparsa una storica resistenza. Oggi anche la
direzione della Fiom infatti capitola
al capitale e svende i suoi coraggiosissimi lavoratori alle logiche del padrone
per non perdere la poltrona al tavolo delle trattative così duramente conquistata.
Il
problema è che di quelle conquiste sarà l’unica a trarne vantaggio, poiché con
la sua resa agli accordi degli industriali e dei banchieri ha di fatto svenduto
le sue percentuali al banco dei pegni del potere. La rappresentatività in
cambio della esigibilità. Stare all’opposizione, cioè nella minoranza, era
diventato troppo rischioso. Infatti, l’Accordo del 28
Giugno 2011, seguito nel Novembre 2012 da quello tristemente noto come 'Accordo
per la Produttività,
la Crescita
e la Competitività' - in cui si prevedono deroghe su praticamente tutti gli
istituti contrattuali e che seppellisce il contratto nazionale - è giunto al
coronamento di se stesso grazie al mandato conferito pochi giorni fa a Susanna
Camusso di stipulare il cosiddetto patto
sulla rappresentanza sindacale, patto che di fatto annulla il diritto di
opposizione pena l’esclusione dalla rappresentatività in un’azienda.
Praticamente sparisce il ruolo della rappresentanza sindacale intesa come
diritto e tutela a priori ed a prescindere da ogni accordo, e indipendentemente
dalla sua durezza dello stesso.
Con
questo accordo la direzione della Cgil chiarifica definitivamente, persino agli
occhi degli osservatori più distratti, la sua politica di subalternità e il suo
asservimento alle logiche padronali, e lo fa in buona compagnia, seguita dai
dirigenti pseudo resistenti della Fiom che di fatto abbandonano sul campo di
battaglia i lavoratori, che mai come oggi pagano sulla loro pelle le politiche
di concertazione e di compromesso al ribasso operate dai sindacati
collaborativi.
Ad
oggi, solo la Rete
28 aprile, Usb e Cub si sono schierate contro questo ulteriore massacro al
mondo del lavoro: occorre che alle dichiarazioni di contrarietà segua la messa
in atto di azioni di lotta per organizzare una ferma opposizione da operarsi in
tutti i luoghi di lavoro, in ogni piazza e a tutti i livelli, fino alla
convocazione di uno vero sciopero generale. A questo proposito, determinante
potrà essere il sostegno che solo una vera alternativa comunista può
assicurare: "il bolscevico-leninista è in prima linea in tutte le lotte,
anche in quelle che riguardano solo gli interessi materiali o i diritti
democratici più modesti della classe operaia. Interviene attivamente nei
sindacati di massa per rafforzarli e renderli più combattivi. Si batte
intransigentemente contro qualsiasi tentativo di subordinare i sindacati allo
Stato borghese" (Trotsky, Programma
di transizione).
Dipartimento sindacale del Pdac