Partito di Alternativa Comunista

la sinistra sindacale in Cgil

Ricostruiamo su basi di classe

la sinistra sindacale in Cgil

 

contributo di Francesco Doro

(Dir. reg. Fiom Veneto, Esec. reg. R28a) e altri

per l'Assemblea Nazionale Rete 28 aprile in Cgil

 

 

La crisi politica, che si è determinata con la caduta del Governo Prodi e con l’indizione di elezioni politiche anticipate, ed economica (rallentamento della crescita dell’economia nazionale, nel quadro di una più generale contrazione a livello globale), sono i due avvenimenti principali che nel prossimo periodo favoriranno lo scatenarsi di un nuovo poderoso attacco contro le condizioni di lavoro e di vita di milioni di lavoratori, studenti e pensionati nel nostro paese.
La stessa sostanziale sovrapposizione dei programmi dei due poli dell’alternanza borghese, il Pd e il Pdl, lo evidenzia.

 

Il contesto mondiale e l'Italia

Le maggiori organizzazioni mondiali del Capitale sempre più evidenziano negli ultimi studi pubblicati l'ingresso dell'economia capitalistica in un nuovo ciclo di crisi economica e finanziaria, un ciclo che viene fatto iniziare con la crisi dei subprime negli Usa e che sempre più vede associata la recessione con la tendenza all'inflazione, la stagflazione. E' quanto descrivono: il rapporto Rischi globali 2008 discusso dal Forum economico mondiale di Davos, il rapporto di previsione sull'andamento dell'economia mondiale nel 2008 pubblicato dalla Banca mondiale, gli analisti delle maggiori banche d'affari, tra cui Goldman Sachs, ecc.  In realtà si tratta di una crisi capitalistica di sovrapproduzione di capitali, di cui la tendenza alla guerra è l'espressione più barbara.

La crisi economica presenta una notevole sincronizzazione, essa si estende dagli Usa al Canada, dall'Europa al Giappone.

Negli Usa nell'ultimo trimestre del 2007 il Pil è aumentato di appena lo 0,6%, mentre a gennaio l'inflazione è cresciuta oltre il 4%, secondo la Commissione europea nell'area dell'euro nel 2008 il Pil aumenterà soltanto del 1,8%, mentre l'inflazione del 2,6%.

L'Ocse ha recentemente diffuso dati sull'inflazione che ha ripreso a crescere su tutti i paesi industrializzati, anche in Cina ha superato l'8%. Aumentano i prezzi dei prodotti energetici, degli alimenti, mentre l'oro ritorna ad essere un bene rifugio.

Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso, per contrastare gli effetti inflazionistici, di non variare il costo del denaro e ha chiesto ai governi di frenare gli aumenti salariali.

Per quanto riguarda il nostro paese le previsioni indicano un dimezzamento del tasso di crescita, intorno al 0,7%, mentre l'inflazione dovrebbe crescere del 2,7% con conseguenti effetti sul potere d'acquisto dei salari. Su questo tema l'Eurispes in un recente studio ha calcolato che negli anni 2001-2005 l'inflazione è cresciuta del  23,7% e nel corso del 2006-2007 del 5%, con un'impennata nei primi mesi del 2008 dell'8%, ne consegue che la perdita del potere d'acquisto dei salari è stata del 35%.

Non c'è dubbio che la crisi capitalistica verrà ancora una volta scaricata sui lavoratori e le masse popolari, mentre la pressione sindacale sul governo per una riduzione del fisco è, considerando i fattori strutturali appena descritti, illusoria.

 

Il quadro politico dopo due anni di governo del centrosinistra

E' necessario fare un serio bilancio degli ultimi due anni di governo di centro sinistra, sulla scorta del quale poter meglio impostare la battaglia politico sindacale nella prossima fase.

I quasi ventiquattro mesi in cui il governo Prodi ha svolto la sua attività, si sono caratterizzati per un costante attacco alle condizioni di vita di milioni di lavoratori, studenti, disoccupati, immigrati e pensionati del paese.

Un crescendo, dalla riforma del Tfr, che ha consegnato nelle mani di banche e assicurazioni decine di miliardi di retribuzione differita del lavoratori per favorire la creazione di una previdenza privata, il taglio del cuneo fiscale che ha consentito alle grandi imprese di beneficiare di un finanziamento di cinque miliardi di euro, la riforma del welfare dello scorso luglio che ha innalzato l'età in cui si ha diritto ad andare in pensione, diminuendo allo stesso tempo l'importo della pensione stesa con la revisione dei coefficienti di trasformazione, alle varie misure finanziarie che si sono in questo tempo susseguite, il risultato è stato uno solo: un esponenziale aumento dei profitti per le imprese e specularmente un pauroso e generale impoverimento degli strati più deboli della popolazione.

Tutto ciò è avvenuto, più che con un complice silenzio, con la fattiva e continua collaborazione sia della Sinistra, che ha sempre sostenuto e difeso le scelte del governo di cui faceva direttamente parte (con i ministri Bianchi, Mussi, Pecoraro Scanio e Ferrrero) comprese quelle di politica estera volte a rimarcare il carattere imperialista della politica nazionale (missioni in Afganistan e Libano su tutte), sia dalle tre maggiori organizzazioni sindacali del paese, Cgil, Cisl e Uil.

Ciò spiega inoltre perché in questi anni abbiamo assistito ad un rallentamento della conflittualità di classe pur in presenza di scelte pesantemente anti-operaie e anti-popolari.

La caduta del governo Prodi, lungi dall'esser frutto di un fantomatico complotto dei poteri forti spaventati da una altrettanto fantomatica fase due del governo, quella cioè di un utopistico risarcimento a favore dei ceti deboli, è stata causata sostanzialmente da un incidente di percorso parlamentare, legato sia alle vicissitudini politico famigliari dell'ex ministro delle Giustizia, sia all'approssimarsi di un referendum volto a modificare in senso ultra maggioritario la legge elettorale.

Oggi, alla vigilia della scadenza elettorale, il quadro politico risulta essere in corso di mutazione: la creazione, negli ultimi mesi, del Partito democratico (Pd) e del Partito del popolo della libertà (Pdl), è il tentativo di arrivare ad una semplificazione del quadro politico nazionale, principalmente dal versante della diretta rappresentanza degli interessi di classe della borghesia (della quale entrambi i due nuovi partiti rivendicano essere i migliori portavoce).

La creazione del cartello elettorale denominato Sinistra arcobaleno (Prc, Pdci, Sd e Verdi) porterà quasi certamente alla nascita, nel prossimo futuro, di una forza socialdemocratica di destra che, al di là della contingente polemica pre-elettorale, si candida a garantire la governabilità sul versante di "sinistra", in un ipotetico governo Veltroni.

Se ad oggi non è ancora certo quale dei due schieramenti uscirà vincitore dalla scadenza elettorale del prossimo aprile, possiamo già oggi affermare che la grande borghesia ha scelto lo schieramento per così dire di centro sinistra, così come nel 2006 aveva sostenuto la coalizione guidata da Romano Prodi.

La presenza nelle liste del Pd di due alti esponenti del mondo confindustriale come Matteo Colaninno e Massimo Calearo (rispettivamente ex presidenti dei giovani industriali e di Federmeccanica), lungi dall'essere scelte individuali, rappresentano l'investimento che le classi dominanti italiane fanno a favore di uno dei due contendenti in campo.

Veltroni infatti (come abbiamo scritto poco sopra riguardo all'esecutivo diretto da Romano Prodi), si appresta a portare di nuovo in dote alle classi dominanti, un mix fatto di egemonia sul suo versante politico di sinistra, e una rinnovata disponibilità del sindacalismo confederale a farsi carico della volontà del capitalismo italiano di ridurre ulteriormente di diritti dei lavoratori.

 

Il nuovo modello contrattuale

Questa rinnovata disponibilità si manifesta con la volontà di Cgil, Cisl e Uil da un lato e Confindustria dall'altro di arrivare ad una riforma del modello di contrattazione nato nel luglio del 1993, proprio perché questo sistema di contrattazione, che pure ha permesso alle imprese di veder diminuire la quota da loro destinata al salario rispetto a quella dei profitti, non regge più ai colpi che la concorrenza mondiale e la crisi economico finanziaria internazionale stanno sferrando alle multinazionali italiane.

La bozza sindacale unitaria di Cgil Cisl e Uil nell'affrontare il tema del nuovo modello contrattuale assume i contenuti programmatici di Confindustria e, nei fatti, porta a compimento il protocollo Damiano sul mercato del lavoro del 23 luglio 2007. In sintesi i contenuti sono i seguenti: il Ccnl assume i caratteri di un "centro regolatore dei sistemi contrattuali" e lega "la difesa del salario al (...) concetto di inflazione realisticamente prevedibile", in continuità quindi con il concetto di "inflazione programmata". Inoltre la bozza sindacale  propone il "superamento del biennio economico e la fissazione della triennalità della vigenza contrattuale, unificando così la parte economica e normativa", un meccanismo che ridurrà ulteriormente i salari. Nel nuovo modello contrattuale pertanto viene espunto il nocciolo del Ccnl: la difesa dei diritti e delle tutele, la lotta per l'aumento salariale e la funzione solidaristica tra tutti i lavoratori; infatti solo nel 10% delle aziende (meno del 30% dei lavoratori) si effettua la contrattazione di secondo livello, mentre in tante aziende manca qualsiasi tutela sindacale. Svuotata ogni vertenza contro il padronato per il salario, rimane la pressione congiunta di padroni e operai, uniti in un rapporto corporativo,  verso il governo... sul fisco, una strada che porterà al taglio del salario indiretto (servizi, scuola, sanità, ecc.). La bozza sindacale individua nella contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale, da rafforzare con misure di detassazione e decontribuzione legislativa, in linea con il protocollo del 23 luglio 2008, "spazi di manovra salariali e normativi", alludendo alle deroghe aziendali al contratto nazionale in tema di orario e flessibilità, come avvenuto per i chimici. Mentre le quote di salario aggiuntivi vengono strettamente legate alla redditività d'impresa, ancorando il salario agli obiettivi aziendali: produttività, qualità, redditività, efficienza, efficacia. Il salario di merito ci riporta indietro agli anni Cinquanta e premia l'individualismo, il crumiraggio, il cottimo. Un impianto di collaborazione di classe che subordina totalmente i salariati all'impresa.

Questa bozza costituisce il punto di partenza, la piattaforma ideologica di base, per dar vita a quella costituente sindacale dalla quale dovrà nascere il nuovo sindacato unitario italiano sulle ceneri delle attuali tre confederazioni. Per fare ciò, la burocrazia maggioritaria della Cgil ha da tempo iniziato una feroce campagna volta a limitare gli spazi democratici all'interno del sindacato.

Già in occasione del referendum sul pacchetto Damiano dello scorso autunno avevamo assistito ad una caccia alle streghe nei confronti di quei settori della Cgil che non si volevano piegare alla politica del governo amico e che respingevano il ricatto espresso in diverse occasioni dal segretario Epifani, così sintetizzabile: se si boccia l'accordo, cade il governo Prodi.

Oggi questa aggressione alla democrazia sindacale continua per mezzo del documento presentato dalla maggioranza nella Conferenza d'Organizzazione nel quale si vogliono introdurre limiti invalicabili per la manifestazione del dissenso pubblico.

 

La necessità dell'opposizione di classe in Cgil

Davanti a questo quadro generale fino ad ora evidenziato, è assolutamente indispensabile che la Rete 28 aprile faccia un salto di qualità nella sua proposta alternativa a quella della maggioranza Cgil.

Pur se nell'ultimo periodo al Rete 28 aprile ha rappresentato un punto di riferimento per tutti quei lavoratori sindacalizzati che si opponevano alle politiche concertative delle burocrazie confederali, dobbiamo allo stesso tempo dire molto chiaramente che la Rete 28 aprile ha impostato la sua azione in un modo che le ha impedito di crescere e consolidarsi fra i settori della avanguardia sindacale, anche extra confederale, non rompendo mai in maniera chiara con una sorta di ambiguità e spirito di autoconservazione.

Nella nostra prima assemblea Nazionale del 12 giugno 2006, questa ambiguità si è palesata nell'affermazione che il Governo dell'Unione avrebbe dovuto scegliere se schierarsi dalla parte dei padroni o dei lavoratori, quando già la sua composizione ministeriale e i suoi primi atti (manovra correttiva), rendevano evidente che la scelta era già stata fatta, e favore dei primi a scapito dei secondi.

Questo tentennare è proseguito sia alla seconda assemblea nazionale dello scorso Aprile, sia al seminario di settembre, quando pur non nascondendo le critiche al governo e non nutrendo più illusioni su un suo possibile ravvedimento, non si è fatto una chiaro appello per la rottura dei lavoratori non solo nei confronti dell'esecutivo, ma anche verso quei partiti della sinistra, Rifondazione in testa, che erano i suoi più convinti sostenitori.

La scelta di non lanciare la parola d'ordine dello sciopero generale in occasione del referendum di ottobre, preparato con la creazione di comitati di lotta in ogni luogo di lavoro ad di là dell'appartenenza sindacale, è stata un'occasione persa non solo per la Rete, ma per far si che l'ennesimo attacco contro i lavoratori potesse essere respinto (infatti la consultazione truccata rendeva impossibile battere l'accordo sul terreno scelto dalla burocrazia sindacale).

Oggi non è però più tempo per tentennamenti e timori di sorta: è indispensabile lavorare per creare un sindacato conflittuale e di classe, che si opponga ad ogni governo dei padroni, al di là delle forze che lo sostengono, e che lanci una lotta senza quartiere alle burocrazie sindacali direttamente responsabile del continuo peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori. Una proposta politico sindacale che nel prossimo congresso nazionale dovrà esprimersi in un documento complessivamente alternativo alla maggioranza di Epifani, un documento che andrà presentato in tutte le categorie della Cgil, Fiom compresa.

 

Per un programma sindacale di fase, per una vertenza generale e unificante

E' necessario lanciare una campagna di mobilitazione che partendo dal no al nuovo modello di contrattazione, proponga ai lavoratori, agli studenti e ai disoccupati una piattaforma rivendicativa unificante per tutti questi soggetti.

Una piattaforma che dovrebbe avere, a titolo di esempio, tra i suoi punti centrali: un aumento mensile di 350 euro per recuperare il potere d'acquisto eroso dall'aumento dei prezzi; l'abolizione di tutte le leggi precarizzanti (Treu, Biagi, Damiano) e la trasformazione a tempo indeterminato dei contratti di lavoro atipici; la riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore a parità di salario; il ripristino di un sistema previdenziale totalmente pubblico, a ripartizione, e per il diritto alla pensione dopo 35 anni di lavoro a prescindere dall'età anagrafica; abolizione delle leggi anti immigrati Bossi Fini e Turco Napolitano, per il riconoscimento dei pieni diritti civili, politici e sindacali per gli immigrati; scala mobile dei salari; salario minimo garantito per i disoccupati; sanità e scuola pubblica, gratuita fino all'università.

Sul versante dell'unità sindacale, se è corretto respingere l'unità auspicata dal Pd, perché funzionale ai suoi interessi di classe, e perché creerebbe un sindacato concertativo non conflittuale, allo stesso tempo dobbiamo noi lanciare un proposta di vera unità dei lavoratori, non decisa dagli apparati, che dovrebbe nascere nelle lotte e che dovrebbe essere in primo luogo rivolta a quei settori del sindacalismo di base che si sono opposti alle sciagurate politiche di questi ultimi anni

Allo stesso tempo non è più rinviabile una completa e realmente democratica struttura nazionale della Rete 28 aprile.

Bisogna costruire la Rete 28 aprile in ogni camera del lavoro e in ogni categoria, abbandonando definitivamente ogni comportamento volto a privilegiare rapporti di vertice invece che una chiara ed aperta battaglia programmatica.

In questo senso il rifiuto di costruirci nella Fiom per non rompere con Rinaldini è stato un grave errore, alla luce poi della sottoscrizione dei metalmeccanici all'ultimo contratto di categoria, più arretrato di quanto rivendicava la Fiom al tempo della separazione con Fim e Uilm.

I gruppi di continuità locali, nazionali e nelle categorie, devono essere democraticamente eletti da tutti gli aderenti alla Rete 28 aprile e le decisioni devono essere prese a maggioranza, a differenza di come avviene oggi in cui sono pochi, o in alcuni casi uno solo, che decidono per tutti, in nome di un malinteso tentativo di sintesi superiore che nella maggior parte dei casi non è mai possibile.

Solo facendo il già citato salto di qualità necessario, riusciremo non solo a rispondere agli attacchi che nella prossima fase dovremo affrontare, ma faremo si che per la prima volta da decenni possano essere i lavoratori a passare all'offensiva e a riprendersi tutto ciò che nel tempo è stato loro sottratto.

 

Per adesioni e comunicazione relative al presente documento:

 

Francesco Doro (Direttivo regionale Fiom Veneto, Esecutivo regionale Veneto R28a)

 

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