LA FIAT E IL “MODELLO POMIGLIANO”
di Dancelli Massimiliano
Dopo la decisione di uscire da Confindustria a fine 2011, il 13 dicembre scorso è arrivata la firma del nuovo contratto collettivo di lavoro per gli oltre 80.000 lavoratori Fiat in Italia. Di fatto Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Ugl metalmeccanici e l'associazione Quadri e Capi Fiat hanno sancito l'applicazione del “modello Pomigliano” a tutti gli stabilimenti del gruppo.
RISTRETTI DIRITTI E LIBERTA' SINDACALI
Il nuovo contratto che dal 1° gennaio entrerà in vigore per tutti i lavoratori degli stabilimenti italiani del gruppo torinese, prevede sul modello già adottato in Brasile, Stati Uniti e Serbia e in Italia a Pomigliano e Mirafiori, pesanti restrizioni ai diritti (peraltro acquisiti dai lavoratori con anni di lotte e sacrifici), alla libertà sindacale e un peggioramento della vita lavorativa in fabbrica.
Nei fatti saranno intensificati i ritmi produttivi riducendo le pause, aggiungendo turni e aumentando le ore straordinarie obbligatorie che non devono essere contrattate (da 80 ore si passa a 120); gli aumenti salariali o il pagamento dei primi due giorni di malattia saranno legati al tasso di assenteismo del proprio stabilimento (3,5% il tasso massimo di assenteismo previsto); il premio-contentino di 600 € sarà erogato in base all'effettiva presenza in fabbrica (860 ore minime di presenza in 6 mesi senza conteggiare ferie, permessi, malattie e per le donne addirittura la maternità).
Viene inoltre sancito il divieto assoluto di sciopero sulle condizioni già sottoscritte nel contratto e restano fuori da ogni successiva contrattazione, e di fatto dalla fabbrica, le organizzazioni sindacali che non hanno firmato il presente contratto.
I lavoratori non possono più nemmeno scegliere liberamente a che sindacato iscriversi e non possono nemmeno eleggere democraticamente i propri delegati sindacali dal momento che il contratto prevede che le Rsu (rappresentanze sindacali unitarie) siano sostituite dalle Rsa (rappresentanze sindacali aziendali) i cui membri sono designati dall'alto, dai vertici delle organizzazioni firmatarie dell'attuale contratto.
UN ATTACCO INACCETTABILE PER TUTTO IL MONDO DEL LAVORO
Il contratto ottenuto con le minacce (perdita del posto di lavoro, Fiat via dall'Italia, etc.) da Marchionne per i suoi dipendenti, non solo è peggiorativo per gli stessi lavoratori della casa automobilistica, ma rappresenta un precedente preoccupante per tutti i lavoratori italiani. In poco meno di un anno, da quando venne firmato l'accordo di Pomigliano, sono stati cancellati decenni di lotte e di sacrifici dei lavoratori, si è limitato il diritto di sciopero, si è aumentato l'orario di lavoro, si è ridotto il salario, etc. Altri padroni potrebbero seguire a breve la strada tracciata da Marchionne e questo significherebbe una sconfitta pesante ed un arretramento clamoroso nella storia del movimento operaio, fin quasi a prima degli anni Settanta.
Tutto questo, in un momento di crisi così importante, è ovviamente inaccettabile, ma le burocrazie sindacali invece di opporvisi, firmano accordi vergognosi (non fa eccezione la Fiom, vedi caso Bertone) o rinunciano apertamente alla lotta.
LA FIOM RESTA FUORI DALLA FABBRICA, MA NON INTENSIFICA LE LOTTE
La Fiom, il più grosso sindacato e con il maggior numero di iscritti nel settore metalmeccanico, che ha deciso di non firmare il contratto proposto da Marchionne, non è più rappresentata e non ha più voce in capitolo all'interno della maggiore industria italiana. Ha deciso di non firmare un accordo che riteneva non democratico e peggiorativo delle condizioni dei lavoratori: Landini parla di “fascistizzazione” del lavoro in Fiat e difatti diventerà difficilissimo organizzare lotte e scioperi in futuro. Nonostante ciò e nonostante gli operai abbiano dimostrato una forte volontà di lotta, la direzione della Fiom non ha messo in atto un'azione di lotta all'altezza dell'attacco in corso, limitandosi ad organizzare scioperi separati dei vari stabilimenti o addirittura astensioni di sole quattro ore. Al contrario tenta di fare pressioni per vie legali, annunciando inutili ricorsi in tribunale, lanciando l'appello di un referendum per abrogare questo contratto, nei fatti dichiarando apertamente di voler rinunciare alla vera battaglia. Probabilmente è l'ennesimo tentativo di dimostrarsi diligenti agli occhi del governo Monti, delle istituzioni e dello stesso Marchionne nella speranza di ricevere ancora qualche briciola da parte di chi, invece, pensa solo a distribuire licenziamenti e ricatti.
COSA SERVE DAVVERO?
I lavoratori della Fiat hanno dimostrato disponibilità alla lotta e la strada da seguire l'hanno tracciata chiaramente gli operai e la combattiva Rsu degli stabilimenti Ferrari di Modena, proclamando uno sciopero prolungato rispetto alle quattro ore della Fiom (adesione al 90%): la lotta ha fatto sì che gli stessi delegati dei sindacati firmatari (Fim e Uilm) votassero per ben due volte NO (una prima volta a livello provinciale e poi nello stabilimento Ferrari) al referendum-farsa per il contratto, convocato dai sindacati firmatari dell'accordo. La lotta degli operai non si è piagata, nonostante la pesante repressione padronale: un delegato sindacale Fiom in Ferrari è stato sospeso, mentre un altro licenziato (poi reintegrato dal giudice) in Fiat Cnh. I lavoratori hanno compreso l'entità dell'attacco portato avanti da Marchionne e hanno capito che solo con la lotta dura si possono ottenere dei risultati: infatti hanno già annunciato altre azioni nelle prossime settimane.
Noi di Alternativa Comunista siamo al loro fianco e li esortiamo a proseguire in questa direzione. Bisogna fare appello alla direzione della stessa Fiom perché comprenda che non saranno le loro “vie legali” a cambiare l'attuale stato di cose.
SERVE UNO SCIOPERO PROLUNGATO E UNITARIO IN TUTTI GLI STABILIMENTI DELLA FIAT, AL FINE DI COINVOLGERE ANCHE TUTTI GLI ALTRI LAVORATORI IN ITALIA PER UN VERO SCIOPERO GENERALE!
DIFENDIAMO IL NOSTRO POSTO DI LAVORO, I NOSTRI DIRITTI E LA LIBERTA' IN FABBRICA
RISTRETTI DIRITTI E LIBERTA' SINDACALI
Il nuovo contratto che dal 1° gennaio entrerà in vigore per tutti i lavoratori degli stabilimenti italiani del gruppo torinese, prevede sul modello già adottato in Brasile, Stati Uniti e Serbia e in Italia a Pomigliano e Mirafiori, pesanti restrizioni ai diritti (peraltro acquisiti dai lavoratori con anni di lotte e sacrifici), alla libertà sindacale e un peggioramento della vita lavorativa in fabbrica.
Nei fatti saranno intensificati i ritmi produttivi riducendo le pause, aggiungendo turni e aumentando le ore straordinarie obbligatorie che non devono essere contrattate (da 80 ore si passa a 120); gli aumenti salariali o il pagamento dei primi due giorni di malattia saranno legati al tasso di assenteismo del proprio stabilimento (3,5% il tasso massimo di assenteismo previsto); il premio-contentino di 600 € sarà erogato in base all'effettiva presenza in fabbrica (860 ore minime di presenza in 6 mesi senza conteggiare ferie, permessi, malattie e per le donne addirittura la maternità).
Viene inoltre sancito il divieto assoluto di sciopero sulle condizioni già sottoscritte nel contratto e restano fuori da ogni successiva contrattazione, e di fatto dalla fabbrica, le organizzazioni sindacali che non hanno firmato il presente contratto.
I lavoratori non possono più nemmeno scegliere liberamente a che sindacato iscriversi e non possono nemmeno eleggere democraticamente i propri delegati sindacali dal momento che il contratto prevede che le Rsu (rappresentanze sindacali unitarie) siano sostituite dalle Rsa (rappresentanze sindacali aziendali) i cui membri sono designati dall'alto, dai vertici delle organizzazioni firmatarie dell'attuale contratto.
UN ATTACCO INACCETTABILE PER TUTTO IL MONDO DEL LAVORO
Il contratto ottenuto con le minacce (perdita del posto di lavoro, Fiat via dall'Italia, etc.) da Marchionne per i suoi dipendenti, non solo è peggiorativo per gli stessi lavoratori della casa automobilistica, ma rappresenta un precedente preoccupante per tutti i lavoratori italiani. In poco meno di un anno, da quando venne firmato l'accordo di Pomigliano, sono stati cancellati decenni di lotte e di sacrifici dei lavoratori, si è limitato il diritto di sciopero, si è aumentato l'orario di lavoro, si è ridotto il salario, etc. Altri padroni potrebbero seguire a breve la strada tracciata da Marchionne e questo significherebbe una sconfitta pesante ed un arretramento clamoroso nella storia del movimento operaio, fin quasi a prima degli anni Settanta.
Tutto questo, in un momento di crisi così importante, è ovviamente inaccettabile, ma le burocrazie sindacali invece di opporvisi, firmano accordi vergognosi (non fa eccezione la Fiom, vedi caso Bertone) o rinunciano apertamente alla lotta.
LA FIOM RESTA FUORI DALLA FABBRICA, MA NON INTENSIFICA LE LOTTE
La Fiom, il più grosso sindacato e con il maggior numero di iscritti nel settore metalmeccanico, che ha deciso di non firmare il contratto proposto da Marchionne, non è più rappresentata e non ha più voce in capitolo all'interno della maggiore industria italiana. Ha deciso di non firmare un accordo che riteneva non democratico e peggiorativo delle condizioni dei lavoratori: Landini parla di “fascistizzazione” del lavoro in Fiat e difatti diventerà difficilissimo organizzare lotte e scioperi in futuro. Nonostante ciò e nonostante gli operai abbiano dimostrato una forte volontà di lotta, la direzione della Fiom non ha messo in atto un'azione di lotta all'altezza dell'attacco in corso, limitandosi ad organizzare scioperi separati dei vari stabilimenti o addirittura astensioni di sole quattro ore. Al contrario tenta di fare pressioni per vie legali, annunciando inutili ricorsi in tribunale, lanciando l'appello di un referendum per abrogare questo contratto, nei fatti dichiarando apertamente di voler rinunciare alla vera battaglia. Probabilmente è l'ennesimo tentativo di dimostrarsi diligenti agli occhi del governo Monti, delle istituzioni e dello stesso Marchionne nella speranza di ricevere ancora qualche briciola da parte di chi, invece, pensa solo a distribuire licenziamenti e ricatti.
COSA SERVE DAVVERO?
I lavoratori della Fiat hanno dimostrato disponibilità alla lotta e la strada da seguire l'hanno tracciata chiaramente gli operai e la combattiva Rsu degli stabilimenti Ferrari di Modena, proclamando uno sciopero prolungato rispetto alle quattro ore della Fiom (adesione al 90%): la lotta ha fatto sì che gli stessi delegati dei sindacati firmatari (Fim e Uilm) votassero per ben due volte NO (una prima volta a livello provinciale e poi nello stabilimento Ferrari) al referendum-farsa per il contratto, convocato dai sindacati firmatari dell'accordo. La lotta degli operai non si è piagata, nonostante la pesante repressione padronale: un delegato sindacale Fiom in Ferrari è stato sospeso, mentre un altro licenziato (poi reintegrato dal giudice) in Fiat Cnh. I lavoratori hanno compreso l'entità dell'attacco portato avanti da Marchionne e hanno capito che solo con la lotta dura si possono ottenere dei risultati: infatti hanno già annunciato altre azioni nelle prossime settimane.
Noi di Alternativa Comunista siamo al loro fianco e li esortiamo a proseguire in questa direzione. Bisogna fare appello alla direzione della stessa Fiom perché comprenda che non saranno le loro “vie legali” a cambiare l'attuale stato di cose.
SERVE UNO SCIOPERO PROLUNGATO E UNITARIO IN TUTTI GLI STABILIMENTI DELLA FIAT, AL FINE DI COINVOLGERE ANCHE TUTTI GLI ALTRI LAVORATORI IN ITALIA PER UN VERO SCIOPERO GENERALE!
DIFENDIAMO IL NOSTRO POSTO DI LAVORO, I NOSTRI DIRITTI E LA LIBERTA' IN FABBRICA