Cgil
La Camusso, degna erede di Epifani
La concertazione come bussola
di Pia Gigli
Di provenienza socialista, come lo stesso Epifani, oggi tesserata Pd (si candidò a sostegno di Bersani nelle liste delle primarie nel 2009), con una carriera interamente vissuta nella confederazione di cui incarna un apparato burocratico che da almeno una decade e mezza ha impresso una modificazione genetica al più grande sindacato italiano, Susanna Camusso è stata prescelta dallo stesso Epifani alla sua successione. Dalla sua cooptazione in segreteria nel 2008, alla sua designazione come vice-segretaria, fino all'arrivo alla più alta carica di qualche giorno fa, si è assistito ad un costante lavoro mediatico che preparasse il cambiamento. Falsa la consultazione del direttivo, falsa la votazione finale.
Dichiarazione programmatica: la concertazione
Dare un'occhiata alla Dichiarazione programmatica che la neo segretaria ha proposto al comitato direttivo del 2 novembre, ci dà elementi per capire il peggioramento di cui parlavamo. E' centrale in tutto il documento il concetto di riconquista dei tavoli di concertazione della Cgil, che è ciò che ha perseguito Epifani in tutti questi anni. Susanna Camuso, infatti, non esita a riconoscere al "Patto Sociale", tavolo apertosi con le associazioni padronali, un ambito in cui, sostiene Camusso, le parti sociali (leggi padroni e lavoratori) finalmente possono dettare l'agenda, fino ad oggi dettata dai ministri. E' chiara l'immagine di un sindacato che ha definitivamente sotterrato il conflitto come strumento per contrastare le politiche governative e padronali e per far avanzare le rivendicazioni dei lavoratori. Le manifestazioni simboliche, gli scioperi rituali non preparati nelle categorie e senza un reale coinvolgimento dei lavoratori, l' inesistenza di un contrasto combattivo e prolungato contro gli attacchi del governo hanno determinato in questi anni brucianti sconfitte per i lavoratori (perdita del contratto nazionale, licenziamenti nella scuola e nel privato, collegato lavoro ecc.) producendo un arretramento, complessivo e concentrato della classe lavoratrice, senza precedenti.
Addio sciopero generale, parliamo di produttività
Il tavolo che si è aperto con Confindustria e che viene
considerato come una grande opportunità per la Cgil, rappresenta una beffa per le migliaia di operai e lavoratori che hanno
manifestato il 16 ottobre e che hanno chiesto a gran voce lo sciopero generale.
Proprio a quel tavolo la Cgil
è disposta a parlare di produttività. Ma quale produttività? Secondo Camusso da
"declinare positivamente e non come maggior sfruttamento o allungamento
dell'orario". Fino a prova contraria nel sistema di produzione capitalistico la
produttività è quella che vogliono i padroni, e forse occorrerebbe scomodare
Marx per capire che solo la continua estrazione di plusvalore dal processo
produttivo garantisce ai padroni di sopravvivere. Quindi quella che per loro è
produttività non può essere che maggiore sfruttamento per i lavoratori, come
dimostra il piano Marchionne.
Se è decisivo il "Patto sociale" iniziato da Epifani e
che anche Camusso ritiene centrale, allora lo sciopero generale non solo
diventa un orizzonte lontano, ma diventa addirittura uno strumento
controproducente. E infatti, come già sussurrato da Epifani il 16 ottobre a
Roma, se...dopo la manifestazione della Cgil del 27 novembre...se non ci saranno
delle risposte da parte del governo, allora si può ...forse...Ma cos'altro dobbiamo
aspettare come lavoratori per bloccare il Paese e far cadere il governo dal
nostro versante di classe!
Ricucire con Cisl e Uil
A Camusso è inoltre assegnato il ruolo di ricucire con
Cisl e Uil. Una ricucitura voluta dai padroni e anche dal Pd nelle sue varie
componenti. Susanna Camusso ritiene che la ricucitura debba avvenire sul piano
della rappresentanza, non per legge (c'è una proposta di legge di iniziativa
popolare della Fiom), ma per via "pattizia"in cui Cgil Cisl e Uil, di nuovo
"uniti", si spartiranno la rappresentanza senza che i lavoratori possano
esprimersi con il referendum su piattaforme ed accordi.
Ma come si può pensare di tornare all'unità sindacale
dopo che Cisl e Uil sono approdati definitivamente a carattere di sindacati
neocorporativi? Non ci sembra ci siano alternative: ricucire significa per la Cgil
la completa e definitiva trasformazione
in un sindacato per il quale la partecipazione dei lavoratori è un accessorio,
un sindacato destinato a vivere delle briciole che governi e padroni gli
assegnano per elargire servizi di assistenza, welfare ecc., cosa che peraltro la Cgil in parte già è.
E sul contratto?
A Susanna Camusso è affidato il compito di realizzare il famoso "tagliando" al modello contrattuale del 22 gennaio 2009 che scadrà nel 2012 e che Epifani ha programmato nel recente congresso della Cgil. Lei lo ha detto chiaramente: occorre "progettare un CCNL più largo e meno prescrittivo, più inclusivo ed universale, affermando la necessità di una contrattazione di secondo livello sempre più ampia e diffusa"; e poi "abbiamo detto regole non deroghe". Intanto, pensare di fare un tagliando a questo modello contrattuale, che la Cgil non ha firmato, significa riconoscerlo di fatto (come peraltro la Cgil ha già fatto approvando più di 50 accordi unitari nonostante non abbia firmato l'accordo sul nuovo modello contrattuale). In secondo luogo sembra evidente che si vuole costruire un contratto nazionale leggero con minime regole fondamentali (si noti che quelle che oggi sono deroghe potrebbero diventare le nuove regole), riducendo il grosso alla contrattazione aziendale che, ricordiamo, non è prerogativa di tutti i lavoratori, e che, soprattutto in periodi di crisi non dà alcuna garanzia ai lavoratori né dal punto di vista normativo né da quello salariale.
Tenere a bada tutti i "massimalismi"
Sulla questione
della contrattazione Camusso gioca un ulteriore ruolo assegnatole come
neosegretaria: quello di normalizzare la Fiom. Ha dichiarato che la Fiom oltre a dissentire deve
fare delle "proposte", annullando per oggi e per domani tutte le pratiche
conflittuali che gli operai hanno messo in campo in questi mesi fino alla
manifestazione del 16 ottobre. Inoltre ha sottolineato che "essere lealmente
segretario di tutti e tutte richiede di custodire gelosamente e costantemente
il nostro pluralismo", peccato che poi ha aggiunto "Vi è un processo che va
favorito (nella confederazione ndr), che sappia che non è utile l'opposizione
interna, che va favorita la condivisione dei programmi, che grande attenzione
deve essere dedicata a rispettare confederalità ed autonomia della nostra
organizzazione". Alla faccia del pluralismo e della democrazia sindacale!
Insomma è del
tutto evidente che la nuova segretaria, forte di una impostazione politica
riformista, continuerà a pretendere un ruolo concertativo, ne cercherà gli
spiragli che via via si potranno aprire dinanzi alla crisi della maggioranza di
governo, cercando di strappare briciole per i lavoratori ed un ruolo di
sopravvivenza per il sindacato stesso, che governerà al fine di renderlo
funzionale al prossimo cambio di governo. Per questo dovrà ammortizzare ogni
residua e flebile propensione alla lotta che si manifesterà all'interno della
Cgil e rendere inattivo ogni dissenso organizzato, anche debole come è quello
dell'area programmatica di minoranza "La Cgil che vogliamo". Forse questo processo è già
in atto; c'è da chiedersi, infatti, come mai pur essendo 27 i componenti di
quest'area nel direttivo nazionale, ci siano stati 21 voti contrari alla nuova
segretaria.
Nei messaggi di
apprezzamento per Susanna Camusso pervenuti trasversalmente da associazioni
padronali, Cisl, Uil, ministri del governo, segretari di partito, presidenti di
regioni ecc., quasi tutti hanno fatto riferimento positivamente al fatto che
fosse stato eletto un segretario "donna". Senza dubbio non è da sottovalutare
che per la prima volta una donna è a capo della Cgil. Lei stessa ha evidenziato
come ciò sia una vittoria di tutte le donne dell'organizzazione e frutto delle
regole di "non discriminazione" che vigono in Cgil. Detto questo pensiamo che
il fatto di essere donna non contempli in sé alcuna garanzia di cambiamento se
la sua storia e le politiche che porta avanti rappresentano il peggio della
conservazione, del compromesso e della narcosi della classe lavoratrice. Di
altro hanno bisogni i lavoratori e le lavoratrici: di un sindacato di classe
che faccia i loro interessi fino in fondo, che metta al centro il conflitto,
non i tavoli di concertazione, per difendere con le unghie e con i denti
quei pochi diritti che ancora ci restano
e che apra una prospettiva di cambiamento vero che realmente cambi i rapporti
di forza nel nostro Paese.