LA
BATTAGLIA PER
IL SINDACATO DI
CLASSE
Perché usciamo
da Usb e aderiamo
alla Cub
Intervista a
Fabiana Stefanoni, coordinatrice di Unire le lotte,
dopo l'Assemblea
nazionale del 4 dicembre
a cura della redazione
web

C’erano anche due dirigenti del
Comitato Immigrati in Italia all’assemblea nazionale di Unire le lotte che si è
svolta a Rimini il 4 dicembre: con la loro presenza e i loro interventi, Tahar
Sellami e Moustapha Wagne, hanno portato un contributo importante alla
partecipata assemblea. Infatti, Fabiana Stefanoni, coordinatrice nazionale
dell’area sindacale, è stata espulsa da Usb proprio per aver aderito allo
sciopero dei lavoratori immigrati dello scorso 15 aprile (la prima “giornata
della collera”, come i protagonisti di questa importante lotta hanno voluto
chiamare il loro sciopero nazionale). E loro, i compagni immigrati, hanno voluto
far sentire la loro solidarietà a tutti i compagni di Unire le lotte e per
questo non hanno voluto mancare all'assemblea del 4.
Tanto più in questi giorni, in cui la quotidiana violenza che i lavoratori immigrati sono costretti a subire è salita agli onori delle cronache per i gravi fatti di Firenze, la grottesca vicenda dell’espulsione di Fabiana Stefanoni da Usb si mostra per quello che è: la rappresentazione plastica del quadro desolante delle direzioni sindacali nel nostro Paese. Se Cgil, Cisl, Uil e Ugl sono ormai delle vere e proprie aziende al servizio diretto (Cisl, Uil, Ugl) o indiretto (Cgil, tramite la concertazione) del padronato, a sinistra il sindacalismo conflittuale non riesce a rappresentare una valida alternativa agli occhi dei lavoratori. Se oggi in Italia il governo Monti porta a compimento il massacro sociale avviato dai suoi predecessori, Prodi e Berlusconi, senza che vi sia un’esplosione della lotta di classe all’altezza dell’attacco in corso, è anche a causa della mancanza di un grande sindacato di classe con influenza di massa in grado di organizzare, unificare e dirigere le lotte.
La triste parabola del sindacato Usb è parte di questo quadro. Quando nacque, poco più di un anno fa, i dirigenti del sindacato presentarono Usb come un perno attorno a cui unificare il sindacalismo di base. In tanti onesti attivisti hanno creduto in quel progetto, anche i compagni di Unire le lotte. Ma, come ben analizzato dai compagni nel documento pubblicato sul sito dell’area (www.sindacatodiclasse.org) e approvato dall’assemblea del 4 dicembre, ai proclami non è seguita una prassi conseguente. Usb è nato con fortissimi limiti burocratici (a partire dal congresso, che non prevedeva il confronto su documenti politico-sindacali) che si sono col tempo ossificati. E’ mancato in Usb un principio fondamentale nella vita di un sindacato realmente conflittuale: la democrazia sindacale. Senza democrazia operaia un sindacato è destinato a diventare la corte di una burocrazia, piccola o grande che sia, che antepone la propria conservazione agli interessi complessivi della classe lavoratrice. Anche per questo, l’assemblea di Unire le lotte ha deciso di sciogliersi e uscire dal sindacato Usb, confluendo nella Cub. Ne abbiamo parlato con Fabiana Stefanoni.
Tanto più in questi giorni, in cui la quotidiana violenza che i lavoratori immigrati sono costretti a subire è salita agli onori delle cronache per i gravi fatti di Firenze, la grottesca vicenda dell’espulsione di Fabiana Stefanoni da Usb si mostra per quello che è: la rappresentazione plastica del quadro desolante delle direzioni sindacali nel nostro Paese. Se Cgil, Cisl, Uil e Ugl sono ormai delle vere e proprie aziende al servizio diretto (Cisl, Uil, Ugl) o indiretto (Cgil, tramite la concertazione) del padronato, a sinistra il sindacalismo conflittuale non riesce a rappresentare una valida alternativa agli occhi dei lavoratori. Se oggi in Italia il governo Monti porta a compimento il massacro sociale avviato dai suoi predecessori, Prodi e Berlusconi, senza che vi sia un’esplosione della lotta di classe all’altezza dell’attacco in corso, è anche a causa della mancanza di un grande sindacato di classe con influenza di massa in grado di organizzare, unificare e dirigere le lotte.
La triste parabola del sindacato Usb è parte di questo quadro. Quando nacque, poco più di un anno fa, i dirigenti del sindacato presentarono Usb come un perno attorno a cui unificare il sindacalismo di base. In tanti onesti attivisti hanno creduto in quel progetto, anche i compagni di Unire le lotte. Ma, come ben analizzato dai compagni nel documento pubblicato sul sito dell’area (www.sindacatodiclasse.org) e approvato dall’assemblea del 4 dicembre, ai proclami non è seguita una prassi conseguente. Usb è nato con fortissimi limiti burocratici (a partire dal congresso, che non prevedeva il confronto su documenti politico-sindacali) che si sono col tempo ossificati. E’ mancato in Usb un principio fondamentale nella vita di un sindacato realmente conflittuale: la democrazia sindacale. Senza democrazia operaia un sindacato è destinato a diventare la corte di una burocrazia, piccola o grande che sia, che antepone la propria conservazione agli interessi complessivi della classe lavoratrice. Anche per questo, l’assemblea di Unire le lotte ha deciso di sciogliersi e uscire dal sindacato Usb, confluendo nella Cub. Ne abbiamo parlato con Fabiana Stefanoni.
L’ultima volta che ti abbiamo intervistata su questo sito ci avevi
detto che Usb è un sindacato di base solo nel nome. Sei ancora convinta di
questo?
Certo, e credo che gli ultimi fatti abbiano confermato quello che dicevo. In Usb non esiste nemmeno una parvenza di democrazia interna: chi non sottostà ai dettami dell'esecutivo viene emarginato oppure, come nel mio caso, viene espulso. Il sindacato è ostaggio di un ristrettissimo gruppo dirigente di matrice neostalinista. E’ noto infatti (anche se non a tutti gli attivisti di Usb) che i principali dirigenti di Usb, a partire dal portavoce, Pierpaolo Leonardi, fanno parte della Rete dei comunisti, una piccola organizzazione che nell'ombra eterodirige il sindacato imponendo (non si tratta infatti di una battaglia di egemonia alla luce del sole) le proprie posizioni. Le posizioni della Rete dei Comunisti coniugano una nostalgia dello stalinismo con posizioni scioviniste (come è tipico della tradizione stalinista). Tanto per fare un esempio, si dia un'occhiata a un filmato prodotto da questo gruppo, in cui con accenti nazionalistici si rivendica l'"indipendenza" dell'Italia (e del suo capitalismo) dalla "ingerenza" germanica... Vedere per credere:
Certo, e credo che gli ultimi fatti abbiano confermato quello che dicevo. In Usb non esiste nemmeno una parvenza di democrazia interna: chi non sottostà ai dettami dell'esecutivo viene emarginato oppure, come nel mio caso, viene espulso. Il sindacato è ostaggio di un ristrettissimo gruppo dirigente di matrice neostalinista. E’ noto infatti (anche se non a tutti gli attivisti di Usb) che i principali dirigenti di Usb, a partire dal portavoce, Pierpaolo Leonardi, fanno parte della Rete dei comunisti, una piccola organizzazione che nell'ombra eterodirige il sindacato imponendo (non si tratta infatti di una battaglia di egemonia alla luce del sole) le proprie posizioni. Le posizioni della Rete dei Comunisti coniugano una nostalgia dello stalinismo con posizioni scioviniste (come è tipico della tradizione stalinista). Tanto per fare un esempio, si dia un'occhiata a un filmato prodotto da questo gruppo, in cui con accenti nazionalistici si rivendica l'"indipendenza" dell'Italia (e del suo capitalismo) dalla "ingerenza" germanica... Vedere per credere:
http://www.youtube.com/watch?v=XHQQkKWpkZI&feature=player_embedded Sono posizioni pericolose, che dividono la classe
operaia europea anziché unificarla contro gli stessi nemici, i capitalisti,
tedeschi o italiani che siano.
Questo gruppo dirigente antepone la
propria conservazione a tutto il resto, inclusa la difesa degli interessi della
classe lavoratrice. In Usb avviene, in piccolo, ciò che succede in grande
nell’apparato Cgil: la burocrazia Cgil per sopravvivere ha bisogno di svendere i
lavoratori sul tavolo del padronato, la microburocrazia che dirige Usb ha
bisogno di liquidare la democrazia sindacale per preservare i propri
microprivilegi.
E’
per questo che a Rimini avete deciso di uscire da Usb e confluire nel sindacato
di base Cub?
Essenzialmente sì. Senza democrazia sindacale un sindacato è destinato a contrapporsi alle lotte, non a rappresentarle e difenderle come dovrebbe. A Rimini il Coordinamento nazionale uscente di Unire le lotte ha presentato un testo, che si può leggere sul sito www.sindacatodiclasse.org, nel quale si argomentano, in modo più dettagliato di quanto non possiamo fare con questa intervista, le ragioni della nostra scelta. L’assemblea è stata davvero un bella assemblea: hanno partecipato tanti attivisti di Usb di tutti i comparti e di molte regioni d’Italia. Alla fine di un acceso dibattito, la nostra proposta di uscire da Usb è stata approvata a larghissima maggioranza.
Abbiamo molto apprezzato anche i saluti di alcuni compagni, invitati all’assemblea, che ci hanno portato la testimonianza di importanti realtà di lotta: dagli operai della Same di Treviglio e della Pirelli a metalmeccanici della Cub e della Fiom, dai compagni immigrati del Comitato immigrati in Italia agli studenti in lotta contro i tagli alla scuola pubblica. Insomma, una bella giornata in cui abbiamo discusso di come rilanciare la lotta di classe, per respingere gli attacchi del governo Monti, di Confindustria, di Marchionne.
Essenzialmente sì. Senza democrazia sindacale un sindacato è destinato a contrapporsi alle lotte, non a rappresentarle e difenderle come dovrebbe. A Rimini il Coordinamento nazionale uscente di Unire le lotte ha presentato un testo, che si può leggere sul sito www.sindacatodiclasse.org, nel quale si argomentano, in modo più dettagliato di quanto non possiamo fare con questa intervista, le ragioni della nostra scelta. L’assemblea è stata davvero un bella assemblea: hanno partecipato tanti attivisti di Usb di tutti i comparti e di molte regioni d’Italia. Alla fine di un acceso dibattito, la nostra proposta di uscire da Usb è stata approvata a larghissima maggioranza.
Abbiamo molto apprezzato anche i saluti di alcuni compagni, invitati all’assemblea, che ci hanno portato la testimonianza di importanti realtà di lotta: dagli operai della Same di Treviglio e della Pirelli a metalmeccanici della Cub e della Fiom, dai compagni immigrati del Comitato immigrati in Italia agli studenti in lotta contro i tagli alla scuola pubblica. Insomma, una bella giornata in cui abbiamo discusso di come rilanciare la lotta di classe, per respingere gli attacchi del governo Monti, di Confindustria, di Marchionne.
La
campagna contro la tua espulsione da Usb ha avuto un notevole successo, ed è
stata sottoscritta da tanti attivisti e anche da alcuni dirigenti di Usb. Ma i
vertici di Usb hanno ignorato questo appello. Cosa dici ai compagni di Usb che
ti hanno sostenuta?
A loro dico anzitutto – e so di parlare non solo a nome mio ma a nome di tutti i compagni di Unire le lotte – che noi facciamo una distinzione tra gli attivisti onesti di Usb e i vertici di Usb. Sappiamo che ci sono tanti compagni che quotidianamente fanno attività sindacale senza nessun tornaconto personale, credendoci fino in fondo. Tuttavia, pensiamo che la nostra vicenda abbia dimostrato che in Usb non esistono spazi per costruire, a partire da un reale confronto democratico, il sindacato: per questo dico loro di leggere con attenzione il documento che abbiamo discusso a Rimini. Li invito a confrontarsi con noi sulle ragioni che ci hanno indotti a lasciare il sindacato Usb - che noi giudichiamo burocratizzato - e a confluire nella Cub. In ogni caso, per noi i lavoratori iscritti a Usb non saranno mai dei nemici, così come non lo sono i lavoratori iscritti alla Cgil: a tutti diciamo anzitutto di opporsi alle politiche delle direzioni dei loro sindacati.
A loro dico anzitutto – e so di parlare non solo a nome mio ma a nome di tutti i compagni di Unire le lotte – che noi facciamo una distinzione tra gli attivisti onesti di Usb e i vertici di Usb. Sappiamo che ci sono tanti compagni che quotidianamente fanno attività sindacale senza nessun tornaconto personale, credendoci fino in fondo. Tuttavia, pensiamo che la nostra vicenda abbia dimostrato che in Usb non esistono spazi per costruire, a partire da un reale confronto democratico, il sindacato: per questo dico loro di leggere con attenzione il documento che abbiamo discusso a Rimini. Li invito a confrontarsi con noi sulle ragioni che ci hanno indotti a lasciare il sindacato Usb - che noi giudichiamo burocratizzato - e a confluire nella Cub. In ogni caso, per noi i lavoratori iscritti a Usb non saranno mai dei nemici, così come non lo sono i lavoratori iscritti alla Cgil: a tutti diciamo anzitutto di opporsi alle politiche delle direzioni dei loro sindacati.
Non
avete preso in considerazione la possibilità di continuare comunque la battaglia
in Usb?
In assemblea c’è stata una proposta alternativa a quella avanzata dal coordinamento: rimandare la scelta di uscire da Usb. Ma questa posizione ha avuto solo due voti. Per la maggioranza delle realtà presenti in assemblea la proposta di uscire da Usb, ti confesso, è stata vissuta come una sorta di liberazione. Credo sia comprensibile: da mesi tutti noi dovevamo dedicare energie doppie nell’attività sindacale: la lotta contro i padroni nel nostro luogo di lavoro e contemporaneamente contro gli attacchi dei dirigenti del nostro sindacato. Sono stati tanti i momenti in cui abbiamo subito dai dirigenti di Usb attacchi meschini: la lista sarebbe lunga. Non solo, a noi che non eravamo considerati “in linea” (con l'esecutivo nazionale) era impedita, in tutti i modi, persino la stessa possibilità di costruire il sindacato. La mia impressione è che la patologia stalinista del gruppo dirigente di Usb si sia accentuata quando, con la presentazione della legge Brunetta, si è affacciata la possibilità di una riduzione dei finanziamenti che Usb riceve dallo Stato (in virtù della rappresentatività nei comparti della pubblica amministrazione).
In assemblea c’è stata una proposta alternativa a quella avanzata dal coordinamento: rimandare la scelta di uscire da Usb. Ma questa posizione ha avuto solo due voti. Per la maggioranza delle realtà presenti in assemblea la proposta di uscire da Usb, ti confesso, è stata vissuta come una sorta di liberazione. Credo sia comprensibile: da mesi tutti noi dovevamo dedicare energie doppie nell’attività sindacale: la lotta contro i padroni nel nostro luogo di lavoro e contemporaneamente contro gli attacchi dei dirigenti del nostro sindacato. Sono stati tanti i momenti in cui abbiamo subito dai dirigenti di Usb attacchi meschini: la lista sarebbe lunga. Non solo, a noi che non eravamo considerati “in linea” (con l'esecutivo nazionale) era impedita, in tutti i modi, persino la stessa possibilità di costruire il sindacato. La mia impressione è che la patologia stalinista del gruppo dirigente di Usb si sia accentuata quando, con la presentazione della legge Brunetta, si è affacciata la possibilità di una riduzione dei finanziamenti che Usb riceve dallo Stato (in virtù della rappresentatività nei comparti della pubblica amministrazione).
Intendi dire che i vertici di Usb sono condizionati da interessi
materiali nelle scelte sindacali?
Se un sindacato non lascia nessuno spazio al dibattito democratico interno è normale che si crei un gruppo dirigente autoreferenziale e autoconservativo, che antepone la propria difesa e la conservazione di privilegi (in questo caso minuti, di piccola burocrazia) agli interessi generali della classe lavoratrice. Non mi sembra sia un caso che Usb abbia "sospeso" lo sciopero generale già indetto per il 2 dicembre all’indomani della elezione del governo Monti: forse l’Esecutivo sperava, con Monti, di veder ridimensionati i tagli ai finanziamenti al suo apparato? In un’intervista al Manifesto, Emidia Papi, dell’Esecutivo di Usb, giustifica questa decisione affermando che il governo Monti avrebbe “modificato il clima” e che gli italiani sarebbero immersi in una sorta di “luna di miele” nei confronti del governo stesso di cui "bisogna tener conto". Altro che luna di miele! Con Monti oggi i lavoratori stanno subendo un’altra manovra finanziaria pesantissima, che innalza a 70 anni l’età pensionabile e prosciuga le tasche già vuote dei lavoratori. L’unica luna di miele che vediamo noi è quella tra Monti, i banchieri, la Confindustria e i partiti dei due schieramenti di alternanza, tutti uniti nella difesa "dell'interesse generale": che è poi la formula dietro cui nascondono gli interessi dei capitalisti. E’ gravissima la responsabilità dei vertici di Usb nel sospendere e rimandare quello sciopero: se tra i lavoratori ci sono (o ci sono state nelle scorse settimane) delle illusioni su Monti, compito di un sindacato conflittuale non è alimentarle ma contrastarle. Altrimenti si contribuisce a lasciare i lavoratori disarmati di fronte all'attacco padronale. In questo senso, bene hanno fatto la Cub e i Cobas a non sospendere dopo la nomina di Monti il loro sciopero (quello del 17 novembre). I lavoratori che non sono scesi in piazza quel giorno perché nutrivano illusioni nei confronti del governo Monti si ricorderanno, di fronte alla prova dei fatti e delle politiche reali di Monti, di chi li ha invitati a non credere a quelle illusioni e di chi, invece, come la direzione di Usb, quelle illusioni non ha voluto contrastarle.
Se un sindacato non lascia nessuno spazio al dibattito democratico interno è normale che si crei un gruppo dirigente autoreferenziale e autoconservativo, che antepone la propria difesa e la conservazione di privilegi (in questo caso minuti, di piccola burocrazia) agli interessi generali della classe lavoratrice. Non mi sembra sia un caso che Usb abbia "sospeso" lo sciopero generale già indetto per il 2 dicembre all’indomani della elezione del governo Monti: forse l’Esecutivo sperava, con Monti, di veder ridimensionati i tagli ai finanziamenti al suo apparato? In un’intervista al Manifesto, Emidia Papi, dell’Esecutivo di Usb, giustifica questa decisione affermando che il governo Monti avrebbe “modificato il clima” e che gli italiani sarebbero immersi in una sorta di “luna di miele” nei confronti del governo stesso di cui "bisogna tener conto". Altro che luna di miele! Con Monti oggi i lavoratori stanno subendo un’altra manovra finanziaria pesantissima, che innalza a 70 anni l’età pensionabile e prosciuga le tasche già vuote dei lavoratori. L’unica luna di miele che vediamo noi è quella tra Monti, i banchieri, la Confindustria e i partiti dei due schieramenti di alternanza, tutti uniti nella difesa "dell'interesse generale": che è poi la formula dietro cui nascondono gli interessi dei capitalisti. E’ gravissima la responsabilità dei vertici di Usb nel sospendere e rimandare quello sciopero: se tra i lavoratori ci sono (o ci sono state nelle scorse settimane) delle illusioni su Monti, compito di un sindacato conflittuale non è alimentarle ma contrastarle. Altrimenti si contribuisce a lasciare i lavoratori disarmati di fronte all'attacco padronale. In questo senso, bene hanno fatto la Cub e i Cobas a non sospendere dopo la nomina di Monti il loro sciopero (quello del 17 novembre). I lavoratori che non sono scesi in piazza quel giorno perché nutrivano illusioni nei confronti del governo Monti si ricorderanno, di fronte alla prova dei fatti e delle politiche reali di Monti, di chi li ha invitati a non credere a quelle illusioni e di chi, invece, come la direzione di Usb, quelle illusioni non ha voluto contrastarle.
Oggi Unire le lotte si è sciolta come area ed ha avviato un
processo di confluenza collettiva nel sindacato Cub. Cosa pensi di trovare nella
Cub?
Nessuno di noi pensa che oggi in Italia esista quel sindacato di classe e di massa di cui avrebbe bisogno la classe lavoratrice per respingere con la lotta ad oltranza l’attacco padronale. Proprio per questo crediamo che sia necessario continuare a battersi per costruirlo. Penso che la probabile ascesa delle lotte nel nostro Paese nella prossima fase potrà favorire processi di scomposizione e ricomposizione sindacale su basi più avanzate. Ciò che speriamo di trovare nella Cub è un sindacato che non consideri la democrazia sindacale un optional; un sindacato i cui dirigenti siano interessati a costruire il sindacato, un sindacato combattivo, nel confronto anche tra proposte diverse. Noi, come abbiamo scritto nel documento, ci impegneremo a costruire la Cub con l’onestà, la trasparenza e la correttezza che ci ha sempre caratterizzati.
Nessuno di noi pensa che oggi in Italia esista quel sindacato di classe e di massa di cui avrebbe bisogno la classe lavoratrice per respingere con la lotta ad oltranza l’attacco padronale. Proprio per questo crediamo che sia necessario continuare a battersi per costruirlo. Penso che la probabile ascesa delle lotte nel nostro Paese nella prossima fase potrà favorire processi di scomposizione e ricomposizione sindacale su basi più avanzate. Ciò che speriamo di trovare nella Cub è un sindacato che non consideri la democrazia sindacale un optional; un sindacato i cui dirigenti siano interessati a costruire il sindacato, un sindacato combattivo, nel confronto anche tra proposte diverse. Noi, come abbiamo scritto nel documento, ci impegneremo a costruire la Cub con l’onestà, la trasparenza e la correttezza che ci ha sempre caratterizzati.
All'inizio di questa settimana
c'è stato un primo incontro ufficiale tra la segreteria della Cub e una
delegazione del coordinamento dell'area (in via di scioglimento) Unire le lotte.
Nelle prossime settimane, come deciso nell'assemblea del 4, il coordinamento si
occuperà appunto di facilitare anche nelle diverse situazioni locali, con
incontri e riunioni, il processo di confluenza.
Per
concludere, due domande personali. In questi mesi che ti hanno vista al centro
del dibattito del sindacalismo di base in Italia (il caso della tua espulsione
ha avuto un notevole clamore), dicci qual è la cosa che ti ha fatto più piacere
e quella che ti ha lasciato più amarezza.
La cosa che mi ha fatto più piacere sono stati i tantissimi attestati di solidarietà che ho ricevuto, anche da sindacalisti di altri Paesi. In particolare, ma credo di averlo già detto, mi ha fatto piacere ricevere la solidarietà di compagni con cui ho avuto spesso posizioni molto diverse in ambito politico o sindacale. Credo sia importante difendere il principio della democrazia sindacale indipendentemente dalle divergenze di opinione. La cosa che mi ha lasciato più amarezza è la vicenda in sé, e non tanto per il mio caso personale, quanto per il fatto che per il sindacalismo di base il mancato avvio di un reale processo di unificazione su basi democratiche è un’occasione persa: e le occasioni perse non possono che suscitare grande amarezza. Ma non ci arrendiamo: dalla nostra parte – dalla parte di chi lotta per abbattere questo sistema economico e sociale – ci sono le lotte che stanno esplodendo in tutto il mondo, dall'Egitto alla Grecia, dalla Spagna agli Stati Uniti (in questi giorni persino le masse russe, da tempo tenute sotto scacco, hanno ripreso a mobilitarsi). Il nostro compito, proprio perché non agiamo in una miope logica nazionale, è partire dallo sviluppo delle lotte contro il governo e la borghesia del "nostro" Paese, per legare questa lotta a quella dei lavoratori di tutto il mondo. Quindi, come abbiamo scritto sul sito di Unire le lotte: ora avanti con la costruzione dell’opposizione di classe al governo Monti!
La cosa che mi ha fatto più piacere sono stati i tantissimi attestati di solidarietà che ho ricevuto, anche da sindacalisti di altri Paesi. In particolare, ma credo di averlo già detto, mi ha fatto piacere ricevere la solidarietà di compagni con cui ho avuto spesso posizioni molto diverse in ambito politico o sindacale. Credo sia importante difendere il principio della democrazia sindacale indipendentemente dalle divergenze di opinione. La cosa che mi ha lasciato più amarezza è la vicenda in sé, e non tanto per il mio caso personale, quanto per il fatto che per il sindacalismo di base il mancato avvio di un reale processo di unificazione su basi democratiche è un’occasione persa: e le occasioni perse non possono che suscitare grande amarezza. Ma non ci arrendiamo: dalla nostra parte – dalla parte di chi lotta per abbattere questo sistema economico e sociale – ci sono le lotte che stanno esplodendo in tutto il mondo, dall'Egitto alla Grecia, dalla Spagna agli Stati Uniti (in questi giorni persino le masse russe, da tempo tenute sotto scacco, hanno ripreso a mobilitarsi). Il nostro compito, proprio perché non agiamo in una miope logica nazionale, è partire dallo sviluppo delle lotte contro il governo e la borghesia del "nostro" Paese, per legare questa lotta a quella dei lavoratori di tutto il mondo. Quindi, come abbiamo scritto sul sito di Unire le lotte: ora avanti con la costruzione dell’opposizione di classe al governo Monti!