Partito di Alternativa Comunista

Innse, LEONI E AVVOLTOI

Innse
LEONI E AVVOLTOI
Troppi padri per una vittoria che apre l'autunno operaio

Gli operai fronteggiano la polizia, il 4 agosto
 
di Francesco Ricci
 
  Le ragioni della soddisfazione per la lotta della Innse sono presto dette. Abbiamo davanti l'esempio di una lotta ostinata e controcorrente, che durava da ben prima che si accendessero i riflettori mediatici agostani (la scelta dei tempi da parte degli operai è stata ottima: in un altro periodo dell'anno difficilmente sarebbero arrivate le Tv); una lotta a cui il nostro giornale, Progetto Comunista - siamo orgogliosi di ciò - diede ampio spazio qualche mese fa (1), quando l'insieme dei tanti (troppi) amici odierni degli operai della Innse ancora non si vedevano (o erano impegnati sotto altre telecamere).
 
innse
 
Un caso esemplare di lotta che non si ferma ai riti imposti dalle burocrazie sindacali; una lotta che sfida la legalità borghese e il sacro diritto di proprietà; con una unità completa tra tutti i lavoratori della fabbrica; che sa creare attenzione, richiamando la solidarietà dei lavoratori e dei militanti di tutta Italia. Una lotta - ecco il punto fondamentale - che indica la necessità di un protagonismo diretto dei lavoratori nel prossimo autunno, quando i licenziamenti raggiungeranno livelli di massa.
La riflessione potrebbe fermarsi qui se non fosse che plotoni di avvoltoi stanno volteggiando attorno a questa battaglia e alla vittoria assai fragile che è stata conseguita.
Perché di vittoria parziale, dimezzata, dobbiamo parlare, per essere sinceri. Per farlo bisogna porsi fuori dal coro di questi giorni, correndo il rischio di farsi accusare di essere dottrinari, settari: magari proprio dai vari Cremaschi, Rinaldini, Ferrero, ecc. che oggi si intitolano questa vittoria solo perché all'ultimo minuto sono accorsi e hanno sgomitato per farsi riprendere dalle telecamere, mentre prima nemmeno sapevano di questa lotta, come giustamente è stato denunciato dai lavoratori della Innse quando hanno visto arrivare, insieme a tanti compagni sinceramente solidali, lavoratori, militanti sindacali e politici, anche un numero eccessivo di burocrati e star da tv regionali che spesso, ancor prima di informarsi sui fatti, si precipitavano verso la prima telecamera accesa per farsi intervistare o perlomeno per essere ripresi sullo sfondo.
 
Una vittoria con troppi padri
Un elemento inquietante sono le dichiarazioni di soddisfazione che arrivano da ogni parte.
Se gli operai della Innse hanno appeso uno scherzoso striscione con la frase "Hic sunt leones" (qui ci sono i leoni) bisogna essere avvertiti del fatto che, ahinoi, attorno ai leoni girano molti avvoltoi. A dirsi soddisfatti sono infatti davvero in troppi; sarà forse perché le vittorie, come ci insegnava Keats, hanno spesso molti padri. Passi per i burocrati sindacali e i dirigenti della sinistra governista, arrivati all'ultimo minuto, retroguardia di ogni lotta. Ma i padroni? Eppure il coro è unanime. E' soddisfatto il nuovo padrone; sono soddisfatti i padroni in generale; è soddisfatta la stampa padronale, a partire da quella di area Pd.
Il cavalier Attilio Camozzi, il nuovo padrone, che vanta una amicizia con l'intermediario dell'accordo, Maurizio Zipponi (già dirigente Fiom, poi membro della segreteria di Rifondazione Comunista, poi passato con Vendola e infine, con abiura del comunismo recitata sul Corsera, diventato "inviato tra gli operai" di Di Pietro), dopo essersi felicitato per la conclusione della vicenda e per la sua acquisizione (per 4 milioni di euro) della Innse, ha spiegato che ora occorre rimboccarsi le maniche "bisognerà lavorare di più. Produrre quello che vuole il mercato. Ridurre l'assenteismo" (2). Camozzi, modestamente, non vuole essere chiamato padrone: "Il padrone è il mercato" (3) mentre "imprenditori" (bontà sua) considera essere non solo i suoi familiari miliardari ma anche gli operai, con i quali nella sua azienda ha un rapporto "da padre a figlio" tanto da organizzare con loro persino, come ci racconta commossa Repubblica (4), "tornei di calcio". E' uno che "si è fatto da sé", ci informa la stampa, e ora ha un buon numero di aziende e 3500 dipendenti, di cui 1600 in Cina (un benefattore internazionale, insomma, forse per questo Paolo Ferrero lo ha definito "un padrone serio"). Certo, precisa al giornale della Confindustria (5) "ora occorre tirare tutti la cinghia, padrone e operai."
La stampa padronale si è schierata... con gli operai. A illustrare perché, con grande lucidità, è stato Luciano Gallino su Repubblica (6) scrivendo che "c'è da augurarsi nell'interesse generale" (che tradotto significa l'interesse dei padroni che pagano Gallino per scrivere questi articoli) che le proteste in autunno adotteranno forme simili, cioè - nella sua lettura (che deforma la lotta dell'Innse, iniziata ben prima dell'episodio della gru, come diremo poi) - invece di scioperi e occupazioni "azioni mediatiche" per richiamare l'attenzione di chi di dovere, che poi si preoccuperà di sistemare le cose in nome del famoso "interesse comune" di padroni e operai.
Per quanto riguarda le burocrazie sindacali, le dichiarazioni sono concordi con quelle dei padroni. La lettura della burocrazia dirigente della Cgil è ben riassunta in una intervista rilasciata da Epifani (7) che ha rivendicato un sindacalismo che sa mettere insieme gli interessi di padroni e operai e ha fatto notare che alla Innse, a differenza che in Francia dove gli operai hanno sequestrato i manager, "il rischio lo corrono solo i lavoratori". Infine ha richiamato i padroni ad "avere un senso alto del dovere dell'imprenditore e della sua responsabilità sociale".
Sulla stessa falsariga sono le dichiarazioni rilasciate da Rinaldini e Cremaschi nonché da tutti i vertici della sinistra governista, da Ferrero a Diliberto, passando per Bertinotti. Il leitmotiv è quello che già il vecchio Marx (se la memoria non ci tradisce) attribuiva come connotazione del "socialismo borghese" nel Manifesto (quello vero, del 1848): far credere ai lavoratori che i borghesi sono borghesi nell'interesse della classe operaia.
 
Gli elementi importanti della battaglia alla Innse
Gli elementi davvero importanti della battaglia operaia alla Innse sono allora altri e vanno appunto rintracciati sotto il cumulo di interpretazioni interessate fornite dai padroni, dai loro amici sindacalisti e dalla sinistra governista (o aspirante tale).
E' bene aver presente tre cose, per non falsificare la vicenda. Primo, che se un risultato è stato raggiunto e 49 operai non vengono licenziati, soltanto 15 di loro ritorneranno ora in produzione, mentre gli altri saranno messi in cassa integrazione straordinaria. La conservazione del posto di lavoro c'è ma è assai precaria. Secondo, che il preteso "modello Innse" nella lettura che ne danno i burocrati riformisti è una falsificazione gialla (come gialli sono i sindacati di questi sindacalisti). Il loro "modello Innse" significa che in autunno i lavoratori dovrebbero limitarsi ad alzare un po' il tono, a fare qualche corteo rituale, al più arrivando a qualche "azione mediatica" (come loro considerano quella della Innse), per poi ritirarsi in buon ordine lasciando fare alle burocrazie. Ma così non è: sia perché siamo nel pieno di una crisi capitalistica di sovrapproduzione e il problema non è in generale risolvibile sostituendo a un "padrone speculatore" un "padrone serio" (tutti i padroni seri sono speculatori, all'insaputa di Ferrero); sia perché la lotta degli operai della Innse (che abbiamo documentato sul nostro giornale diversi mesi fa) non si è limitata alla "azione mediatica" di cui si è parlato in questi giorni, cioè ai cinque compagni saliti sulla gru, ma è durata quasi un anno e mezzo, con l'occupazione della fabbrica, blocchi stradali, mesi di autogestione e presidio dello stabilimento.
 
Innse: premessa dell'autunno operaio
Insomma, se padroni e burocrati sindacali si illudono che in autunno gli operai faranno solo un po' di sceneggiata si sbagliano di grosso. Anzi: è proprio la lotta della Insse, con la sua parziale vittoria, con il suo esempio che già sta provocando contagio, a indicare un metodo generale per settembre esattamente opposto a quello che vorrebbero i padroni: lotte non rituali, radicali, ad oltranza, scioperi, occupazioni delle fabbriche (estendendo una pratica che già negli scorsi mesi ha interessato decine di realtà, ignorate dalla Tv), coordinamento nazionale delle lotte. Per cominciare. E poi, per raggiungere qualcosa in più di qualche pur importante vittoria parziale, proseguendo con l'imposizione dell'esproprio senza indennizzo delle fabbriche sotto il controllo dei lavoratori come unica risposta realistica e immediata ai licenziamenti di massa, in una prospettiva di ascesa generale e unitaria delle lotte contro il padronato e il suo governo.
Questo è il nostro autunno. E non basteranno gli avvoltoi riformisti per preservare i padroni dai leoni operai.
 
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(1) "Gli operai della Innse presse resistono! Lotte operaie nel milanese" Intervista a cura della sezione milanese del PdAC, Progetto Comunista n. 19, febbraio 2009.
(2) "L'ex tornitore ai suoi nuovi operai: 'Bravi, ora lavoriamo insieme'", Repubblica, 14 agosto.
(3) ibidem.
(4) ibidem.
(5) Dall'intervista di Camozzi al Sole 24 Ore, 13 agosto.
(6) "Il nuovo volto della protesta", Repubblica, 13 agosto.
(7) "E stata una bella pagina di lotta, chi criticava si deve ricredere. Epifani: agli imprenditori chiedo più responsabilità", Repubblica, 13 agosto.
 

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