Partito di Alternativa Comunista

Il dissenso in Cgil

La storia si ripete, questa volta in Cgil


di Antonino Marceca    

 

 

Non è la priva volta nella storia del movimento  operaio, non solo in Italia, che quando la sinistra variamente riformista -centrista, stalinista, socialdemocratica- collabora nei governi e nelle maggioranze di governo con le forze e i partiti della borghesia liberale, il diritto al dissenso organizzato nelle grandi organizzazioni di massa, quale è il sindacato, viene gravemente limitato, quando non represso.

E' successo nel nostro Paese nel corso dei governi di fronte popolare durante gli anni 1943-1947, si è ripetuto durante i governi di unità nazionale nella seconda metà degli anni '70, si ripresenta oggi con il governo dell'Unione di centrosinistra.
Questa volta è stato il Direttivo Nazionale della Cgil, riunitosi il 21 novembre 2006, a rappresentare il dramma in due atti di una prosa già scritta.
 
Il primo atto si è consumato nel corso della preparazione e poi dello svolgimento della manifestazione del 4 novembre a Roma contro la precarietà del lavoro salariato.
Una manifestazione che nelle intenzioni dei promotori doveva essere di pura pressione sul governo, ma proprio per la politica economica antioperaia portata avanti dall'esecutivo, a partire dalla vicenda dei precari Atesia, il noto call center romano, la manifestazione ha assunto una valenza sempre più di opposizione, al di là delle intenzioni de comitato promotore.
La segreteria della Cgil approfittando della denuncia da parte della Confederazione Cobas del ruolo svolto dal ministro del lavoro in un governo borghese, un giudizio peraltro condivisibile, ha chiesto il ritiro immediato delle categorie della Cgil dal comitato promotore della manifestazione e la non partecipazione alla stessa. I segretari della Funzione pubblica e della Conoscenza, Carlo Podda e Enrico Panini, ritiravano immediatamente la loro adesione alla manifestazione, mentre confermavano la loro partecipazione la Fiom e due componenti della Cgil, Lavoro e Società e la Rete 28 aprile, la prima interna alla maggioranza, la seconda minoranza nel Direttivo Nazionale. Nelle scelte influivano senz'altro la diversa collocazione delle burocrazie sindacali di queste aree nel processo di scomposizione e ricomposizione della sinistra connessa al processo di costituzione del Partito democratico. I primi sensibili al processo di costruzione del Partito democratico, i secondi interessati al processo di costruzione del partito della sinistra, di orientamento socialdemocratico.
Non c'è dubbio che nelle intenzioni dei gruppi dirigenti di queste aree critiche la funzione della Cgil non deve andare oltre il ruolo di pressione critica sul governo, ed è stato questo il senso della loro adesione alla manifestazione del 4 novembre.
La crisi precipita dal momento in cui la contrapposizione alla politica economica del governo irrompe nella manifestazione nonostante la volontà dei promotori. Una contrapposizione che nei mesi è cresciuta proprio in presenza di una Finanziaria per il 2007 di lacrime e sangue per i lavoratori e le masse popolari e per l'evidente intenzione del governo di non abrogare le leggi precarizzanti.
 
Il secondo atto del dramma si compie sullo sfondo del Patto di produttività proposto da Confindustria, sostenuto dalla Banca d'Italia e dai ministri economici del governo, e finalizzato a chiudere con il modello contrattuale concertativo, apertosi con i famigerati accordi di luglio '92-'93, fino a mettere in discussione lo stesso contratto collettivo nazionale di lavoro e gestire  unilateralmente l'orario di lavoro. E' questa la strada scelta dalle aziende per aumentare i profitti: più orario con meno salario. Questo nuovo patto sociale è strettamente legato al Patto per il lavoro pubblico, proposto da Cgil, Cisl e Uil, che mira a gestire i tagli previsti dalla manovra finanziaria per il 2007 a carico del pubblico impiego, scuola, sanità e amministrazioni locali e ad aprire ai fondi pensione anche nel settore pubblico.
Per di più a partire dal prossimo mese di gennaio, per effetto del Memorandum d'intesa recentemente firmato tra governo, Cgil, Cisl e Uil e Confindustria il processo di smantellamento del sistema previdenziale pubblico, iniziato con la riforma Dini del 1995, subirà un'accelerazione: l'età pensionabile sarà ulteriormente aumentata e la revisione dei coifficenti taglieranno ulteriormente la pensione pubblica. Nel contempo i poteri forti, il governo e le burocrazie sindacali hanno avviato la campagna per il lancio dei fondi pensione ad integrazione di una pensione pubblica ormai da fame, innanzitutto per i precari, obbligando i lavoratori ad utilizzare il proprio Tfr. Un'altra fregatura, infatti i Fondi pensione nel lungo periodo danno un rendimento inferiore a quello dell'Inps  e come successo negli Usa e in Gran Bretagna sono soggetti a fallimenti finanziari, con conseguente perdita dei versamenti e degli interessi dei lavoratori.
La posta in gioco spiega la virata repressiva del dissenso interno alla Cgil, considerato anche il fatto che la burocrazia sindacale si candida a gestire assieme agli altri soggetti i fondi pensione e così mantenere l'elefantiaco apparato burocratico e parassitario.
Nella relazione del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, c'è l'urgenza pertanto di prevenire ogni mobilitazione da parte dei lavoratori che possa avere "conseguenze negative" tali da mettere in crisi "l'attuale quadro politico". Una Cgil protesa a difesa del governo e della sua politica economica.
 
Nel Direttivo Nazionale si sono confrontati due documenti provenienti dalla stessa maggioranza della Confederazione, uno di Epifani l'altro di Lavoro e Società. Quello di quest'ultima a difesa della partecipazione alla manifestazione del 4 novembre, ma badando bene a non uscire dalla maggioranza della Confederazione.
Malgrado l'attacco subito e di fronte al quadro politico e sociale che si prospetta la sinistra sindacale, Rete 28 aprile in Cgil, rappresentata da Giorgio Cremaschi, si limitava ad interventi nel dibattito in cui si ribadivano le ragioni della partecipazione alla manifestazione e il diritto al dissenso, ma poi insieme al segretario della Fiom, Rinaldini, si asteneva nel Direttivo Nazionale. Nessun voto contrario quindi e neppure la presentazione di un documento alternativo alla maggioranza.
Riteniamo importante la difesa del diritto di tendenza programmatica in Cgil, ma questa difesa deve essere associata ad una piattaforma programmatica sindacale di fase all'altezza dello scontro che si prospetta, una piattaforma unificante di tutto il lavoro salariato e dei disoccupati in grado di dare luogo ad una vertenza generale contro il governo e il padronato. Strumenti importanti della mobilitazione sono la costituzione nei luoghi di lavoro e nei quartieri popolari di "Comitati per la difesa della pensione pubblica, del Tfr e contro la precarietà", rilanciando la lotta per la pensione pubblica a ripartizione, adeguatamente rivalutata al costo della vita, aumentando le pensioni minime fino ad un livello dignitoso, solo così è possibile salvaguardare il proprio Tfr. Nel contempo continuando la lotta per l'abrogazione delle leggi precarizzanti. 
Non è possibile continuare a svolgere una funzione puramente critica sulla maggioranza della Confederazione, attraverso le interviste sui giornali del portavoce nazionale, né continuare sulla strada della pressione critica sul governo, è necessaria una risposta all'altezza della situazione: lo sciopero generale.
Solo attraverso uno sciopero generale unitario di tutte le forze della sinistra e sindacali non concertative può essere posta una barriera all'azione del governo e del padronato.  

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