Errare è umano, perseverare è landiniano.
Dipartimento sindacale PdAC
Continua in Cgil la pantomima
riguardo l’accordo sulla rappresentanza.
Dopo il verbale del 10 gennaio
scorso, in cui i sindacati confederali, insieme a Confindustria, hanno stilato
le norme applicative dell’accordo, si è scatenato un putiferio all’interno
della Confederazione di Corso Italia, o almeno così è sembrato.
Landini e la Fiom hanno fatto la voce
grossa: hanno bloccato le assemblee congressuali della Fiom, denunciando le,
per loro, “novità inaspettate” nell’accordo del 10 gennaio, rispetto a quanto
era stato deciso il 31 maggio scorso, e hanno chiesto alla Cgil di aprire una
consultazione fra tutti gli iscritti per verificare se quanto deciso il 10
gennaio sia o meno in linea con l’accordo originario.
La Camusso non si è
assolutamente spaventata di fronte alle rimostranze del sindacato a guida
Landini e, come quei generali che ispezionano il rancio destinato alle truppe,
ha sentenziato “ottimo e abbondante”. Come darle torto! Tra il 31 maggio e il
10 gennaio c’è il filo rosso di un attacco diretto ai lavoratori e solo i
burocrati della Fiom sembrano, o fingono, di non essersene accorti.
Ma tant’è!
Di fronte alle porte sbattute in
faccia, anche in malo modo, cosa ha deciso di fare Landini?
Ha continuato nel blocco dei
congressi, facendo, di fatto, saltare il congresso? Ha rotto con il documento
congressuale sottoscritto con la
Camusso, scegliendo di sostenere il testo della minoranza
Cgil? Niente di tutto questo.
Pare che il Comitato Centrale
della Fiom abbia deciso semplicemente la convocazione delle proprie strutture
territoriali e la presentazione, nelle assemblee congressuali, di un ordine del
giorno che ripete le richieste, quelle stesse richieste che sono già state
respinte al mittente.
Tra la scelta di lanciare
un’aperta battaglia politica e di fare appello alla base della Cgil e ai
lavoratori in generale per una mobilitazione contro l’accordo della vergogna, e
il rischio che l’accordo per spartirsi i posti nell’apparato potesse saltare, i
“duri e puri” della Fiom hanno scelto il male minore, male minore per loro, non
certo per i lavoratori.
E’ proprio il caso di affermare
che la montagna ha partorito un topolino.
Non ci stupiamo: le burocrazie
sindacali non segano certo il ramo dei privilegi sul quale sono sedute!
Da parte nostra facciamo appello
affinché, da ogni posto di lavoro, gli attivisti politici e sindacali
d’avanguardia si organizzino per costruire una mobilitazione di tutti i
lavoratori che possa respingere l’attacco di Cgil- Cisl- Uil e dei padroni
contro il diritto di lottare nelle fabbriche, nelle scuole e negli uffici.