Dopo l'ondata operaia
del 16 ottobre
SCIOPERO GENERALE AD
OLTRANZA!
Facciamo come la
Francia!
di Claudio Mastrogiulio e Francesco
Ricci

(Questa foto è
tratta dal sito della Fiom;
Sul nostro sito
web, nella sezione foto, altre immagini del corteo)
Diciamolo subito: quella di sabato è stata
la più grande manifestazione operaia che si ricordi negli ultimi anni. Un’onda
di mezzo milione di manifestanti ha invaso le strade di Roma, esprimendo con
forza e radicalità il malcontento sociale che serpeggia in tutto il mondo del
lavoro. Una giornata di mobilitazione e di riscatto per quella parte del mondo
del lavoro che negli ultimi mesi ha subito gli attacchi più cruenti da parte del
padronato. Dal ricatto di Pomigliano, passando per la brutale aggressione della
libertà sindacale per mano della Fiat a Melfi, fino alle minacce negli ultimi
giorni del ministro degli Interni Maroni. La risposta della piazza è stata
esemplare: scendendo in massa per le strade della capitale la classe operaia ha
mostrato la sua forza imponente, in grado di spazzare via tutto (a partire dalle
falsità di chi da anni la vorrebbe scomparsa o rifluita o impotente).
La radicalità della grande massa operaia (che si è riflessa negli slogan più urlati sabato) fa, tuttavia, da contraltare all’attendismo opportunista delle direzioni sindacali. La burocrazia Cgil sta già cercando di utilizzare la grande manifestazione per poter aumentare il proprio peso contrattuale nell’ottica di un ritorno ad un tavolo di concertazione con il governo e la Confindustria. Chiaro in questo senso è stato il discorso di Epifani dal palco, infarcito (per evitare i fischi della piazza) della promessa di un futuro imprecisato sciopero generale ("se non ci daranno risposte"). Nulla di sostanzialmente diverso hanno proposto, pur con toni diversi, i dirigenti Fiom Landini e Cremaschi, che hanno consegnato le conclusioni a Epifani.
La radicalità della grande massa operaia (che si è riflessa negli slogan più urlati sabato) fa, tuttavia, da contraltare all’attendismo opportunista delle direzioni sindacali. La burocrazia Cgil sta già cercando di utilizzare la grande manifestazione per poter aumentare il proprio peso contrattuale nell’ottica di un ritorno ad un tavolo di concertazione con il governo e la Confindustria. Chiaro in questo senso è stato il discorso di Epifani dal palco, infarcito (per evitare i fischi della piazza) della promessa di un futuro imprecisato sciopero generale ("se non ci daranno risposte"). Nulla di sostanzialmente diverso hanno proposto, pur con toni diversi, i dirigenti Fiom Landini e Cremaschi, che hanno consegnato le conclusioni a Epifani.
Il pieno sostegno alla lotta operaia e la
denuncia dell'inganno teso dalle burocrazie: ecco cosa avrebbe dovuto esprimere,
partecipando al corteo del 16, anche Usb e il resto del sindacalismo di base:
invece, assenti per la scelta miope dei propri gruppi dirigenti, hanno perso una
grande occasione (anche se, sigle a parte, in piazza abbiamo incontrato tanti
compagni che militano nel sindacalismo di base, per nulla d'accordo col
settarismo dei propri gruppi dirigenti).
Una sola prospettiva: sciopero
generale ad oltranza e occupazione delle fabbriche!
La straordinaria risposta di sabato non può
e non deve essere distorta ad altri fini dalle burocrazie. Per due ordini di
ragioni. Il primo sta nella oggettività del quadro sociale ed economico
italiano, in cui i poteri forti sono uniti e determinati nel raggiungimento del
comune obiettivo di far pagare la crisi capitalistica ai lavoratori ed alle
masse popolari. Il secondo, intimamente legato al primo, consiste nel pericolo
che un simile atteggiamento possa produrre nei lavoratori disorientamento e un
senso d’impotenza. Questo perché, e la storia ce lo insegna, tutte le conquiste
operaie che si sono avute nella storia non sono state certamente partorite da
una particolare abilità dei burocrati sindacali ai tavoli contrattuali ma, al
contrario, dalle lotte.
La crisi che sta creando scompiglio nel
sistema economico e sociale non è dovuta a fatalità. Le crisi cicliche
rappresentano, nella storia del modo di produzione conosciuto come capitalismo,
una costante necessaria ed intrinseca. Non è certamente rivendicando il rispetto
della legalità che si farà recedere Marchionne dai suoi propositi antioperai e
sfruttatori. L’amministratore delegato della Fiat, così come i padroni d’ogni
tempo e d’ogni luogo, inizierà ad indietreggiare solo quando verranno create,
dai lavoratori le condizioni sufficienti per far temere al padronato di poter
perdere tutto. Per questo diciamo: occupazione delle fabbriche, a partire da
Fiat, Fincantieri e da tutte quelle in cui il capitalismo ha già palesato il suo
fallimento storico licenziando e mettendo in cassa integrazione. E sciopero a
oltranza fino al ritiro delle manovre padronali che mirano a far pagare la crisi
capitalistica ai lavoratori e alle masse popolari, fino alla riassunzione di
tutti i lavoratori licenziati, fino all'assunzione di tutti i precari e di tutti
i disoccupati, fino alla caduta di Berlusconi, per aprire la strada a
un'alternativa di potere dei lavoratori.
Il Partito di Alternativa Comunista,
presente con un visibile e nutrito spezzone in piazza (animato da tanti operai e
da molti giovanissimi), rivendica la necessità di un progetto di indipendenza di
classe del movimento operaio dalla borghesia e dai suoi governi. Ecco ciò che
serve alle masse scese in piazza sabato, ecco cosa manca.
Dalla piazza del 16 si alza una domanda di
radicalità, una richiesta che la mobilitazione continui subito e che non venga
solo annunciata. Ma soltanto un percorso politico che dia effettiva
rappresentanza e indipendenza politica e programmatica a questi lavoratori sarà
in grado di creare i presupposti perché finalmente possa esserci un riscatto del
mondo del lavoro. E questo non sarà certo dato dalla sinistra governista di
Rifondazione, che bussa di nuovo alla porta del Pd per un'alleanza di governo.
Né da Vendola. Né tantomeno dal sedicente amico degli operai Di
Pietro.
Serve un'altra direzione politica. Serve da
subito la creazione di comitati di lotta in ogni azienda, in ogni città, che si
diano un coordinamento nazionale: per non lasciare che le prossime mosse le
decidano le burocrazie interessate solo a far fallire la lotta.
Alternativa Comunista sarà parte attiva, nella misura delle proprie forze, nella battaglia per garantire una risposta a questa grande domanda di rappresentanza, ed afferma la necessità di un programma realmente alternativo, basato sugli interessi della classe operaia, che consenta di porre i presupposti per il rovesciamento dell’attuale sistema economico e sociale. Il mezzo milione di persone che hanno riempito Roma sabato scorso, oltre ovviamente ad altri milioni di lavoratori, meritano la concretizzazione di una prospettiva realmente anticapitalista e dunque rivoluzionaria. Ciò che nell'immediato significa lo sviluppo di una lotta ad oltranza, come ci sta insegnando l'esempio della Francia. Dopo il 16 ottobre nessuno può più dire che non ci sono le forze necessarie per farlo.
Alternativa Comunista sarà parte attiva, nella misura delle proprie forze, nella battaglia per garantire una risposta a questa grande domanda di rappresentanza, ed afferma la necessità di un programma realmente alternativo, basato sugli interessi della classe operaia, che consenta di porre i presupposti per il rovesciamento dell’attuale sistema economico e sociale. Il mezzo milione di persone che hanno riempito Roma sabato scorso, oltre ovviamente ad altri milioni di lavoratori, meritano la concretizzazione di una prospettiva realmente anticapitalista e dunque rivoluzionaria. Ciò che nell'immediato significa lo sviluppo di una lotta ad oltranza, come ci sta insegnando l'esempio della Francia. Dopo il 16 ottobre nessuno può più dire che non ci sono le forze necessarie per farlo.

