Partito di Alternativa Comunista

Dopo l'assemblea nazionale del sindacalismo di base (17 maggio)

Dopo l'assemblea nazionale del sindacalismo di base (17 maggio)
PER L'UNITA' SINDACALE, PER L'INDIPENDENZA DI CLASSE
 
Sabato 17 maggio a Milano si è svolta una grande assemblea nazionale del sindacalismo di base, che ha visto la partecipazione di migliaia di delegati di Cub, Confederazione Cobas e SdL. Dalla stragrande maggioranza degli interventi sono emerse sia la presa d'atto della sostanziale omogeneità delle politiche dei governi di entrambi gli schieramenti (attacchi ai lavoratori, alle donne, agli immigrati; sostegno ai profitti di pochi), sia la forte esigenza di unità del sindacalismo sindacale, superando l'attuale frammentazione. Potete leggere qui sotto:
1) la mozione conclusiva dell'assemblea.
2) un contributo alla discussione diffuso all'assemblea da alcuni attivisti del sindacalismo di base.

 
Cub - Confederazione Cobas - Sdl intercategoriale
MOZIONE CONCLUSIVA

L'assemblea Nazionale del sindacalismo di base promossa unitariamente da CUB Confederazione Cobas e Sdl intercategoriale, tenuta a Milano il 17.05.08, cui hanno partecipato oltre 2000 delegati provenienti da tutta Italia e da tutte le categorie pubbliche e private ha discusso ed arricchito i contenuti e le analisi proposte dal documento unitario che ha aperto i lavori e rafforzato la piattaforma di lotta.
Gli oltre 30 intervenuti hanno sottolineato la violenta lotta di classe scatenata contro i lavoratori e i ceti popolari dai padroni e dal potere finanziario ed economico che porta con se una condizione di bassi salari, di precarietà diffusa, di peggioramento dei diritti sociali, di sfruttamento degli immigrati, delle donne e di devastazione del territorio, che é funzionale alle politiche liberiste e mercatiste fatte proprie, nel nostro paese, sia dal centro destra che dal centro sinistra e che, con una perfetta identità di vedute del governo Prodi e di quello Berlusconi, stanno producendo inaccettabili provvedimenti razzisti e politiche securitarie.
In questo quadro si colloca anche l'attacco portato da Cgil Cisl Uil per ridurre drasticamente gli spazi di democrazia nei luoghi di lavoro e gli strumenti generali di difesa delle condizioni di vita dei lavoratori sancendo, con la proposta avanzata, lo svuotamento del Contratto Nazionale realizzato in questi anni.
L'assemblea ritiene necessario proseguire nel percorso unitario intrapreso e, raccogliendo la forte richiesta di unità emersa in tutti gli interventi, di realizzare strumenti permanenti di confronto, azione e lotta unitari sia a livello generale che territoriale e categoriale.
L'assemblea approva la piattaforma proposta nel documento introduttivo i cui punti principali sono:
 
> Forti aumenti generalizzati per salari e pensioni di almeno 3.000 euro annui; introduzione di un meccanismo automatico di adeguamento salariale legato agli aumenti dei prezzi – Eliminazione dell'Iva dai generi di prima necessità – Difesa della pensione pubblica – No allo scippo del TFR – eliminazione della clausola del silenzio assenso e possibilità per i sottoscrittori di uscire dal fondo pensione.
 
> Abolizione delle leggi Treu e 30.
 
> Lotta al razzismo che, oltre a negare diritti uguali e la dignità delle persone, scarica sui migranti la responsabilità dei principali problemi sociali.
 
> Continuità del reddito – Lotta alla precarietà lavorativa e sociale, con forme di reddito legate al diritto alla casa, allo studio, alla formazione e alla mobilità.
 
> Rilancio del ruolo del contratto nazionale come strumento di redistribuzione del reddito. No alla detassazione degli straordinari proposta da governo.
 
> Sicurezza nei luoghi di lavoro e sanzioni penali per chi provoca infortuni gravi o mortali.
 
> Restituire ai lavoratori il diritto di decidere: no alla pretesa padronale di scegliere le organizzazioni con cui trattare e pari diritti per tutte le organizzazioni dei lavoratori.
 
> Difesa e potenziamento dei servizi pubblici, dei beni comuni, del diritto a prestazioni sanitarie degne di questo nome, del diritto alla casa e all'istruzione.
 
>No all'attacco al diritto di sciopero – difesa e riconquista di spazi di lotta che vadano oltre le attuali limitazioni.
 
A sostegno di questa piattaforma, che il sindacato di base ha posto al centro del conflitto e delle mobilitazioni e che oggi rilanciamo con forza, l'Assemblea promuove una forte campagna di mobilitazione che impegni tutti i territori e le categorie, da realizzare con scioperi, manifestazioni, iniziative di lotta, indicando sin d'ora anche una prima giornata nazionale da tenersi entro giugno.
L'Assemblea ritiene altresì, sin d'ora, di indicare per l'autunno la necessità di realizzare uno Sciopero Generale Nazionale dell'intera giornata a sostegno di questa piattaforma di lotta e per sconfiggere le politiche economiche e sociali imposte dal liberismo e dalla globalizzazione e realizzate dai governi.
 
Milano, sabato, 17 maggio 2008
 

 
Sabato 17 maggio 2008 - Milano
Assemblea nazionale del sindacato di base
(CUB, Conf. COBAS, SdL)
 
Costruiamo su basi di classe la sinistra sindacale
 
Contributo alla discussione di alcuni attivisti del sindacalismo di base
 
 
La costituzione del nuovo governo Berlusconi, la cui politica economica e sociale si inserisce lungo l’asse tracciato in senso anti-operaio dal governo Prodi, la crisi economica (rallentamento della crescita dell’economia nazionale, nel quadro di una più generale contrazione a livello globale), l’avvio della trattativa sul nuovo modello contrattuale sono tutti fattori che contribuiscono a determinare un nuovo poderoso attacco ai lavoratori e alle lavoratrici. Le burocrazie sindacali, dopo aver garantito la pace sociale al governo Prodi, si preparano ora a garantirla al governo Berlusconi. Questo pertanto - come ha dichiarato la presidente degli industriali, Emma Marcegaglia - potrà tranquillamente portare avanti politiche antioperaie senza l’opposizione della Cgil, passata dal sostegno al "governo amico" alla teoria che "tutti i governi" sono amici.
Per contrastare tale offensiva padronale è necessario unire in un fronte unico di lotta tutte le organizzazioni della sinistra politica e sociale, con la costruzione di comitati unitari nei luoghi di lavoro e di studio, nei quartieri popolari. A partire dalla fallimentare esperienza dei governi di collaborazione di classe, nazionali e locali, occorre difendere l’indipendenza di classe del proletariato dalla borghesia, sulla base di una piattaforma unificante che sia in grado di unire lavoratori, precari, immigrati, disoccupati, studenti: l'obiettivo è quello della cacciata del governo Berlusconi, dal versante dei lavoratori e della mobilitazione di massa.
 
La crisi economica e i riflessi nel Paese
 
Gli analisti finanziari nel trattare lo stillicidio di cadute e riprese delle borse mondiali sempre più ricorrono allo spettro della crisi del '29. Il direttore di Le Monde Diplomatique, Ignacio Ramonet, nell’editoriale di febbraio 2008, si interrogava su un possibile crack mondiale a seguito della propagazione della crisi dalla sfera finanziaria all’economia reale. Il nuovo ciclo viene fatto iniziare con la crisi dei subprime negli Usa e sempre più vede associata la recessione con la tendenza all'inflazione, la stagflazione. Le maggiori organizzazioni capitalistiche mondiali, Ocse e Fmi, parlano di crisi globale, con possibile interessamento della Cina. L’Ocse ha diffuso dati sull’inflazione che ha ripreso a crescere su tutti i Paesi, mentre nei paesi dipendenti l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari determinano scioperi e rivolte per il pane. Siamo in presenza di una crisi capitalistica di sovrapproduzione di capitali, di cui la tendenza alla guerra è l'espressione più barbara.
L’economia europea sta decelerando: la forte discesa dei tassi Usa, associata alla stabilità dei tassi europei, spinge l’euro oltre la quota di 1,6 sul dollaro. Ne consegue la riduzione delle esportazioni dei Paesi dell’area euro verso gli Usa con trasmissione della recessione all’Europa. Qui la crisi già si presenta diversificata in relazione alla struttura economica dei diversi paesi europei.
La Commissione europea prevede per il 2008 una forte riduzione della crescita, mentre l’inflazione dovrebbe attestarsi al 3,6%. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso, per contrastare gli effetti inflazionistici, di non variare il costo del denaro e ha chiesto ai governi di frenare gli aumenti salariali. Il presidente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet, ha detto davanti al Parlamento europeo a metà marzo che “non si può applicare nessuna forma di indicizzazione dei salari perché vanno evitati i rischi corsi durante le crisi petrolifere degli anni ’70, ’80, ’90”, mentre auspica lo scambio salario-produttività-competitività.
Anche l’Italia presenta una previsione di crescita per il 2008 dimezzata (dal 0,5% a zero) e un’inflazione in crescita. In questo quadro le imprese avrebbero ripreso ad indebitarsi con le banche e ridotto gli ordini nel settore dei beni d’investimento. La volata dell’inflazione è determinata soprattutto dalla enorme crescita dei prezzi alimentari (pane, pasta, latte, formaggi) e dei prodotti energetici (benzina, gasolio, elettricità). Le stime Codacons prevedono per l’anno in corso 1300 € di perdita di potere d’acquisto delle famiglie. Una condizione che peggiorerà se troveranno attuazione i consigli del Fondo monetario internazionale dati al governo Berlusconi in merito al risanamento dei conti pubblici attraverso nuovi tagli, dopo quelli operati dal governo Prodi, a pensioni, scuola e sanità pubblica.
 
Il quadro politico dopo le elezioni
 
La morte della socialdemocrazia dopo due anni di sostegno al governo padronale
Dopo che per due anni la sinistra governista - Rifondazione comunista, Verdi, Comunisti Italiani in primis - ha sostenuto attivamente e diligentemente il governo di Confindustria, i nodi sono arrivati al pettine. Le elezioni politiche hanno sancito la morte della Sinistra Arcobaleno, il cartello elettorale che raggruppava le forze della sinistra radicale di governo e che ha candidato alla presidenza del Consiglio Fausto Bertinotti.
Non è bastato qualche distinguo dell'ultimo minuto nell'aula parlamentare alla vigilia del voto per cancellare due anni di sostegno incondizionato e appassionato a finanziarie lacrime e sangue, all'aumento delle spese militari, al finanziamento delle missioni coloniali, all'aumento dell'età pensionabile, ai taglia alla scuola pubblica e ai finanziamenti alle scuole private, a decreti razzisti. La fedeltà di Rifondazione comunista e delle altre forze dell'Arcobaleno a tutte le manovre padronali ha portato prima allo sfaldamento del quadro militante di quei partiti, per poi tradursi persino nella perdita di un bacino elettorale che, seppur con varie oscillazioni, ruotava attorno all'11% (sommando le percentuali ottenute dai partiti che compongono l'Arcobaleno alle scorse elezioni politiche). Oggi la Sinistra Arcobaleno si ferma al 3% e perde ogni rappresentanza parlamentare. Al di là delle sirene del voto utile di Veltroni - che avranno sicuramente attratto parte di quell'elettorato, incapace, a causa di un'omogeneità di fatto, di distinguere tra Pd e socialdemocrazia - gran parte dei delusi dalle politiche governiste ha optato per l'astensione.
Le politiche antioperaie del governo Prodi, con la conseguente perdita del potere d'acquisto dei salari e l'impoverimento di fette crescenti della popolazione, hanno aperto la strada alla vittoria della destra populista e reazionaria. L'ampia affermazione, anche tra gli operai, della Lega Nord - che non ha caso, oltre a riproporre la solita retorica xenofoba, ha fatto appello al voto dei lavoratori tartassati dal precedente governo - è il frutto acerbo di due anni di politiche di sostegno ai profitti di pochi e di sistematico attacco ai lavoratori. La collaborazione attiva a queste politiche da parte della sinistra riformista, Rifondazione in primis, oltre a decretarne il fallimento, ha privato i lavoratori di un punto di riferimento per le loro rivendicazioni: la politica concertativa delle burocrazie sindacali di Cgil, Cisl e Uil in combutta con la cosiddetta sinistra radicale di governo ha determinato il più basso numero di ore di sciopero, a fronte del più pesante attacco ai diritti dei lavoratori. Addirittura, si è arrivati a mettere in discussione conquiste storiche della classe operaia, come il contratto collettivo nazionale di lavoro. Tutto questo è avvenuto senza che le tre Confederazioni proclamassero uno sciopero generale: anzi, hanno fatto di tutto per boicottare quelli indetti dal sindacalismo di base.
 
Il quarto governo Berlusconi: si annuncia tempesta
Il nuovo governo Berlusconi, al di là dei nomi indicati nei vari ministeri, ha già espresso con chiarezza i suoi intenti: portare a compimento il lavoro avviato da Prodi, accelerando sul terreno delle "grandi opere" (Tav, ponte sullo stretto), delle privatizzazioni, dello smantellamento del contratto collettivo di lavoro, dell'energia nucleare. Una cosa è certa: Berlusconi punta su una stagione di accordi bipartisan, a cui il Pd auspica e a cui sarà ben felice di collaborare. Del resto, gli stessi programmi elettorali di Pd e PdL erano indistinguibili, sia sul terreno della politica economica che su quello della politica estera. Non è un caso che Il nuovo ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, abbia lodato il suo predecessore al ministero, Cesare Damiano, per aver difeso a spada tratta la legge 30 e si sia reso disponibile ad affidare la presidenza della Commissione Lavoro a Pietro Ichino, giuslavorista e senatore Pd, che nei suoi editoriali sul Corriere della Sera si è sempre battuto per la drastica riduzione dei diritti e delle tutele dei lavoratori. Non di meno, il nuovo ministro ha elogiato il documento unitario di Cgil, Cisl e Uil ma, soprattutto, ha fatto notare la sua vicinanza alle posizioni espresse da Confindustria in tema di detassazione degli straordinari e dei premi variabili, dando la preferenza alla contrattazione individuale.
Il nuovo ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è un esperto nei provvedimenti fiscali a favore di imprese e liberi professionisti, ma dovrà lavorare di concerto col ministro per le riforme federalistiche, Umberto Bossi, che ha elaborato il testo sul federalismo fiscale. Su questo tema, un rapporto dalla Cgia di Mestre (Ve) prevede che le regioni meridionali saranno costrette a tagliare i già scarsi servizi sanitari e sociali e ad aumentare le tasse (Irap, addizionale Irpef, tasse universitarie); in compenso, il ministro delle infrastrutture, Altero Matteoli, annuncia progetto e finanziamenti per il Ponte sullo Stretto.
Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, per garantire la “sicurezza” della piccola borghesia annuncia “misure urgenti” contro il proletariato immigrato, romeni, rom, cittadini extracomunitari. In tema di giustizia, viene nominato ministro Angelino Alfano, amico di Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Sulla politica estera, l’incarico di semplificare le leggi dato a Roberto Calderoli ha complicato, fin da subito, i rapporti con la Libia di Gheddafi, il quale, memore della rivolta di Bengasi a seguito delle vignette e delle dichiarazioni razziste del ministro leghista, non vuole trovarsi - visti anche gli scioperi e le rivolte per il pane in tutto il Nord Africa - con una nuova crisi interna. Una cosa è certa: ancora una volta saranno i lavoratori a dover pagare il prezzo della crisi. I lavoratori vedranno continuamente ridotto il potere d'acquisto dei salari, mentre i profitti della grande industria continueranno ad aumentare. Non è un caso che la Fiat, dopo due anni di governo Prodi, abbia rivendicato "i più alti utili della sua storia".
 
Questione salariale e precarietà
 
La questione salariale
La delocalizzazione industriale, iniziata nella seconda metà degli anni ’70 nei paesi dipendenti e il conseguente ingresso nel mercato del lavoro mondiale di oltre un miliardo e mezzo di lavoratori, ha fortemente ridotto il prezzo della forza-lavoro nei centri imperialisti. Il rapporto della Banca dei regolamenti internazionali (Bri) sulla distribuzione delle quote del prodotto interno lordo tra profitti e salari non fa che registrare tale fenomeno: in Italia la quota dei profitti passa dal 24% nel 1985, al 31% nel 1995, al 32,7% nel 2001. Una crescita progressiva dei profitti a cui corrisponde una perdita secca di salario di circa 7 mila euro annui. Malgrado il fenomeno sia comune a diversi paesi europei, una recente classifica effettuata dall’Ocse colloca l’Italia agli ultimi posti per quanto riguarda l’importo medio delle retribuzioni nette dei lavoratori.
Non c’è dubbio su quali siano i fattori che hanno determinato l'attuale condizione salariale: l’abolizione definitiva della Scala Mobile di salari e pensioni nel luglio 1992; l’accordo del 23 luglio 1993 tra Governo, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, che vincolava le piattaforme contrattuali alla politica economica stabilita dal governo mediante il Dpef e i salari all’inflazione programmata, mentre al livello aziendale subordinava i lavoratori agli obiettivi dell’impresa; i ritardi dei rinnovi contrattuali; il mancato recupero del fiscal drag. Il quadro è lo stesso per tutte le categorie, anche perché le politiche contrattuali delle diverse categorie di Cgil, Cisl e Uil risultano, come evidenziato dalle stesse pubblicazioni dell’Ires, abbastanza omogenee al modello concertativo, con il conseguente accumulo nel tempo di un gap tra inflazione programmata ed effettiva (in media dello 0,6% annuo). L'Eurispes in un recente studio ha calcolato che negli anni 2001-2005 l'inflazione è cresciuta del 23,7% e nel corso del 2006-2007 del 5%, con un'impennata nei primi mesi del 2008 dell'8%: ne consegue che la perdita del potere d'acquisto dei salari è stata del 35%. A questa situazione deve essere aggiunta la perdita salariale per giovani ed immigrati dovuta all’introduzione dei nuovi contratti precari con pacchetto Treu (1997), legge Biagi (2003) e infine con Protocollo del 23 luglio 2007. Va da sé che il nuovo modello contrattuale -determinando, tra l’altro, una riduzione della copertura contrattuale dei lavoratori e delle lavoratrici, soprattutto della piccola e media impresa, attraverso la cancellazione del Contratto nazionale - accelererà ancora di più il declino dei salari.
 
La precarietà
Il governo Prodi ha peggiorato le condizioni di vita e di lavoro dei precari e il ministro Damiano ne è stato il principale artefice: il protocollo sul lavoro che prende il suo nome - il "protocollo Damiano" appunto, con cui si indicano gli accordi del luglio 2007 tra Confindustria, governo e Cgil, Cisl e Uil - è riuscito persino a peggiorare la Legge 30. Sono state confermate tutte le figure principali di lavoratore precario previste dalla legge Biagi, dal contratto a progetto allo staff leasing (la somministrazione di gruppo), dal contratto interinale ai contratti a tempo determinato. Per quanto riguarda quest'ultimi, di stabilizzazione non se ne parla, anzi, dopo 36 mesi nella stessa azienda, potrà essere stipulato un nuovo contratto a termine, purché in presenza di un rappresentante sindacale presso la Direzione provinciale del lavoro. Al sindacato spetta un mero ruolo di certificazione, mentre l'azienda può continuare a fare l'uso che vuole di lavoratori a termine, senza vincoli né tetti contrattuali. L'unica cosa che è cambiata è che i lavoratori a progetto, che già rappresentano, insieme agli interinali, la categoria meno garantita tra i precari - quelli che non hanno diritto a malattia pagata, ferie, preavviso di licenziamento, maternità né giusta causa - hanno visti aumentati i contributi da versare.
Quello che ci aspetta con il nuovo governo Berlusconi è un'accelerazione su questo stesso terreno: del resto, gli stessi rappresentanti del PD in Parlamento - Calearo e Ichino in primis - non hanno perso occasione per elogiare la Legge 30 sulla precarietà, emanata dallo scorso governo Berlusconi. Anche in questo ambito, a fronte del caro vita, è prevedibile un ulteriore peggioramento delle condizioni dei tanti precari, che rappresentano lo strato più ricattabile della classe lavoratrice. La media giornaliera di morti sul lavoro è arrivata a quattro: una realtà drammatica, che non a caso riguarda spesso lavoratori precari, come nel caso della Thyssenkrupp. I lavoratori precari sono sotto costante ricatto, per questo, nel timore di non vedere rinnovato il contratto, spesso svolgono ore e ore di lavoro straordinario, che servono ai padroni per non accollarsi le spese di nuove assunzioni. Tra l'altro, con l'abolizione della contribuzione aggiuntiva degli straordinari, che verranno quindi a costare ancora meno alle aziende, diminuiranno ulteriormente i nuovi contratti, mentre i lavoratori precari (necessariamente poco sindacalizzati nel settore privato) subiranno una condizione di "ipersfruttamento".
 
Il nuovo modello contrattuale
 
Il 7 maggio Cgil, Cisl e Uil hanno elaborato un testo unitario sulla riforma del modello contrattuale, il testo a giugno verrà portato al tavolo dove siederanno le associazioni padronali e i rappresentanti del governo Berlusconi per ulteriori mediazioni al ribasso. La burocrazia sindacale condivide con padronato e governo il percorso di revisione a destra dal modello contrattuale concertativo nato ufficialmente con l’accordo del 23 luglio del 1993. In Cgil solo la minoranza di sinistra ha espresso una posizione contraria. Il documento, definito “storico” da Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, costituisce la base teorica del sindacato unico, aziendalista e corporativo.
Si tratta di una modifica del modello contrattuale concertativo esattamente opposta a quella che servirebbe ai lavoratori e alle lavoratrici per aumentare salari e tutele: servirebbe un modello contrattuale e sindacale conflittuale. La quota di spartizione tra salari e profitti mostra chiaramente a chi ha giovato il modello concertativo nato nel 1993, ma evidentemente la borghesia italiana, col sostegno della burocrazia sindacale, ha bisogno di un surplus di sfruttamento della forza lavoro per reggere la concorrenza mondiale e la crisi economico finanziaria internazionale.
Il documento di Cgil Cisl e Uil, nell'affrontare il tema del nuovo modello contrattuale, assume i contenuti programmatici di Confindustria e, nei fatti, porta a compimento il protocollo Damiano sul mercato del lavoro del 23 luglio 2007. I contratti nazionali, pubblici e privati, saranno triennali attraverso il "superamento del biennio economico (…) unificando così la parte economica e normativa", un meccanismo che ridurrà ulteriormente i salari. Il Ccnl, oltre ad assumere i caratteri di un "centro regolatore dei sistemi contrattuali", affida il “sostegno” del salario al concetto di “inflazione realisticamente prevedibile", in continuità quindi con il concetto di "inflazione programmata" finora utilizzato e che ha portato i salari italiani ai livelli più bassi di tutta l’Unione Europea. In questo modo viene espunta la funzione del Contratto nazionale: la difesa dei diritti e delle tutele, la lotta per l'aumento salariale e la funzione solidaristica tra tutti i lavoratori; infatti solo nel 10% delle aziende (meno del 30% dei lavoratori) si effettua la contrattazione di secondo livello, mentre in tante aziende manca qualsiasi tutela sindacale.
La contrattazione di secondo livello (aziendale e territoriale), rafforzata da misure di “detassazione” e “decontribuzione”, viene definita “accrescitiva”. Un concetto che viene subito esplicitato subordinando eventuali quote di salario agli obiettivi aziendali: produttività, qualità, redditività, efficienza, efficacia.
Svuotata ogni vertenza contro il padronato per il salario, rimane la pressione congiunta di padroni e operai, uniti in un rapporto corporativo, verso il governo... sul fisco, una strada che porterà al taglio del salario indiretto (servizi, scuola, sanità, ecc.). Dopo aver costruito un impianto di totale subordinazione del lavoro salariato al capitale, la burocrazia sindacale pone i paletti a difesa del monopolio della rappresentanza (cioè quali organizzazioni sindacali hanno diritto a sedere al tavolo delle trattative): per il pubblico impiego viene utilizzata l’attuale normativa, per il settore privato viene indicato il CNEL per la certificazione utilizzando i dati associativi rilevati dall’INPS e i consensi elettorali risultanti ai verbali elettorali delle RSU.
Per quanto riguarda l’approvazione degli “accordi bidone”, verrà lasciata ampia autonomia alle categorie, per quanto riguarda gli accordi confederali verrà seguito il meccanismo truffaldino praticato per l’approvazione dell’accordo del 23 luglio 2007 facendo votare pensionati e lavoratori, ma senza garanzie per chi dissente. E questa la chiamano democrazia sindacale. Intanto la nuova presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, ha dichiarato che di accordi territoriali non se ne parla, mentre preferisce quelli aziendali e individuali. Il governo Berlusconi da parte sua ha fatto sapere che opererà per la detassazione secca degli straordinari e per tutte le voci del salario variabile (premi e incentivi), puntando al rapporto individuale tra azienda e lavoratore: se vuoi incrementare il tuo salario da fame devi lavorare di più e non protestare. Il salario di merito ci riporta indietro agli anni Cinquanta con le gabbie salariali, l'individualismo, il crumiraggio, il cottimo.
 
Costruiamo un fronte unico di lotta
 
Di fronte a questo scenario è necessario indicare una strada di resistenza e di lotta che respinga le politiche padronali e del governo.
L'assemblea unitaria del 17 maggio a Milano promossa da Rdb Cub, Confederazione Cobas, SdL segna la volontà di stringere le file e lottare con più forza contro il governo e il padronato, per rilanciare da subito una mobilitazione contro gli attacchi ai diritti dei lavoratori. Riteniamo si tratti di un momento importante, un primo passo per costruire un fronte unico di lotta - operaio e popolare, sindacale e politico - che coinvolga tutte le forze del movimento operaio, le forze politiche della sinistra di classe e il sindacalismo di base.
Giudichiamo particolarmente positivo il fatto che questa assemblea sia stata convocata unitariamente dalle tre principali sigle del sindacalismo di base: RdB Cub, Cobas, SdL. Crediamo debba essere la premessa di un percorso che porti all'unificazione del sindacalismo di sinistra su basi conflittuali, indipendente dai padroni e dai governi, nella prospettiva della costruzione di un sindacato di classe che sappia dare ai lavoratori, nei luoghi di lavoro, quella rappresentanza che oggi non hanno.
Occorre partire da questo importante appuntamento per dare vita a un fronte unico da costruire nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nei quartieri popolari, sulla base di una piattaforma unificante che sia in grado di unire lavoratori, precari, immigrati, disoccupati, studenti: l'obiettivo è quello della cacciata del governo Berlusconi, dal versante dei lavoratori e della mobilitazione di massa.
 
* Per la difesa del contratto nazionale, liberato dai vincoli di compatibilità
* Per un forte aumento dei salari
* No al carovita, per una nuova Scala Mobile dei salari e delle pensioni
* Per l'abolizione delle leggi precarizzanti e la stabilizzazione di tutti i lavoratori precari
* Per un reale diritto alla casa e per un piano di edilizia popolare
* Lotta contro gli infortuni e le malattie professionali
* Per il controllo operaio nei luoghi di lavoro e nei servizi di prevenzione
* Per i diritti della donna e per servizi sanitari e sociali gratuiti
* Lotta contro la disoccupazione e per la riduzione dell’orario di lavoro
* Per il diritto allo studio e contro l’aumento delle tasse universitarie
* Per la difesa del Tfr
* Per la riduzione dell’età pensionabile
* Per la difesa di Scuola, Sanità e Previdenza pubblica
* Per la nazionalizzazione senza indennizzo sotto controllo operaio delle aziende in crisi
 
E' una battaglia che, per essere vincente, deve essere portata avanti dal più ampio fronte di lotta, ma che, al contempo, necessita di un'imprescindibile condizione: l’indipendenza dai padroni e dai governi che ne amministrano gli affari, perché i lavoratori in regime capitalistico non hanno governi amici.
 
Fabiana Stefanoni - Cub Scuola, Modena
Giacomo Capettini - Direttivo regionale Cub Trasporti, Milano
Patrizia Cammarata - Rdb Cub, Vicenza
Andrea Valerini -  Conf. Cobas Scuola, Lecce
Andrea Spadoni - Cub nazionale Trasporti, Roma
Domenico De Feo - Cub Trasporti, Salerno 
Federico Angius - Esecutivo regionale Rdb Cub, Sardegna 
Claudio Onorato – Rdb Cub, Latina
Angelo Frigoli – Rsu Rdb Cub, Cremona
Mauro Mongelli – Conf. Cobas Telecom, Bari
Elena Comparin - dirigente Rdb Cub, Vicenza
Giacomo Di Leo – Conf. Cobas Scuola, Messina
Riccardo Bocchese – Rsu Rdb Cub, Vicenza
Raffaele Zenere - Rdb Cub, Vicenza
Rita Smorgon - Rdb Cub, Latina
Annamaria Ferri – Conf. Cobas, Roma
Riccardo Di Palma-Rsu RdB Cub Comune di Borgomanero, Novara
Francesco Bonfini- Cub scuola Bologna
 
 
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