30 ottobre
sciopero
Contratto dei metalmeccanici:
l’ultimo accordo concertativo
di Francesco Doro
(*)
Nel mese di giugno 2007 è scaduto il
contratto nazionale dei metalmeccanici. Il contratto, che è da rinnovare sia
nella parte salariale che nella parte normativa, interessa più di 2 milioni di
lavoratori: 1 milione 600 mila meccanici del settore della grossa industria
privata aderente a Federmeccanica, 400 mila delle piccole e medie industrie
associate a Confapi e 20 mila lavoratori delle cooperative metalmeccaniche
La piattaforma presentata dai sindacati confederali è sostanzialmente in linea
con la politica concertativa che ha contraddistinto i rinnovi contrattuali
firmati da Cgil, Cisl e Uil in questi anni, sia per quanto riguarda la parte
salariale che quella normativa.
Dal 99 ad oggi, la stagione degli
accordi separati
Questa ipotesi di accordo è definita dai
sindacati dei meccanici “un ulteriore momento di sintesi unitaria”; in sostanza
dopo la stagione degli accordi separati (2001-2005: l’ultimo accordo firmato
unitariamente sia sul salario che sulla parte normativa risale al 1999) che
vedeva Fim e Uilm firmare contratti inaccettabili, in cui si sono recepite norme
precarizzanti e salari da fame, la Fiom giustamente rilanciava con l’avvio dei
precontratti nei posti di lavoro una piattaforma più avanzata chiedendo salario
uguale per tutti e rifiutando ulteriori norme precarizzanti, rivendicando
l’ultrattività del contratto del 99.
L’ultima tornata contrattuale sul biennio salariale si concluse unitariamente il 19 febbraio 2006, dopo un anno di dure lotte, 60 ore di scioperi, blocchi di stazioni ferroviarie ed autostrade. Nonostante la radicalità espressa dai lavoratori meccanici le burocrazie sindacali concludevano la partita con una firma al ribasso: appena 100 euro al 5° livello, invece dei 130 euro richiesti dalla piattaforma votata dai lavoratori, l’allungamento del contratto di sei mesi, l’inserimento dell’orario plurisettimanale ed una normativa per l’estensione in peggio dell’apprendistato, tutto questo nonostante il mandato dei lavoratori riguardasse esclusivamente il biennio salariale e non prevedeva nessun scambio tra salario e orario.
La firma da parte della Fiom su questo accordo ha portato la sigla più combattiva dei meccanici a ripiegare in fase di trattativa con Fim e Uilm per la stesura della piattaforma attuale su posizioni più moderate in virtù di un’apparente unità sindacale.
L’ultima tornata contrattuale sul biennio salariale si concluse unitariamente il 19 febbraio 2006, dopo un anno di dure lotte, 60 ore di scioperi, blocchi di stazioni ferroviarie ed autostrade. Nonostante la radicalità espressa dai lavoratori meccanici le burocrazie sindacali concludevano la partita con una firma al ribasso: appena 100 euro al 5° livello, invece dei 130 euro richiesti dalla piattaforma votata dai lavoratori, l’allungamento del contratto di sei mesi, l’inserimento dell’orario plurisettimanale ed una normativa per l’estensione in peggio dell’apprendistato, tutto questo nonostante il mandato dei lavoratori riguardasse esclusivamente il biennio salariale e non prevedeva nessun scambio tra salario e orario.
La firma da parte della Fiom su questo accordo ha portato la sigla più combattiva dei meccanici a ripiegare in fase di trattativa con Fim e Uilm per la stesura della piattaforma attuale su posizioni più moderate in virtù di un’apparente unità sindacale.
Una piattaforma insufficiente: la
parte salariale
La proposta avanzata sul piano salariale di
117 euro lordi al 5° livello che scendono a 101 (67 netti) al 3° livello (dove è
inquadrata la maggior parte dei lavoratori del settore), è sostanzialmente
insufficiente. A questi vanno ad aggiungersi 30 euro mensili per 13 mensilità,
che si sommeranno ai 130 euro annuali del “mancato premio di risultato”
concordati nell’intesa del 2006. Questa richiesta non è in grado di
salvaguardare il potere d’acquisto dei salari, il cui crollo è documentato dai
dati forniti dall’Eurispes.
La sola Fiom durante la stagione degli accordi separati chiedeva molto di più: 130 euro uguali per tutti!
La sola Fiom durante la stagione degli accordi separati chiedeva molto di più: 130 euro uguali per tutti!
La parte normativa
Nella nuova piattaforma, nonostante si rivendichi che: “Il rapporto di lavoro normale dell’industria metalmeccanica è il contratto di lavoro a tempo indeterminato”, si lascia spazio ad una serie di concessioni in termini di flessibilità e precarietà in piena continuità con il precedente contratto firmato per la parte normativa solamente da Fim e Uilm. Sono previsti infatti contratti di inserimento, di somministrazione di manodopera a tempo determinato, ulteriore peggioramento per le assunzioni di apprendistato, si prevede il superamento delle 40 ore settimanali e turnazioni aggiuntive a fronte di maggiorazioni irrisorie. La normativa riguardante la reperibilità lascia ampi margini di discrezionalità al padronato. La percentuale di contratti a tempo determinato, fissata al 15% sulla totalità dei lavoratori stabili, può essere ampliata in sede di contrattazione aziendale. Sui livelli di inquadramento, in sostituzione alle attuali 7 categorie professionali si vuole applicare un sistema che prevede 5 fasce di livello, la valutazione e confronto per gli aumenti salariali e di professionalità dovranno essere discusse a livello aziendale attraverso un istituto con modalità di trattative tra Rsu e azienda. Una modalità che potrebbe portare alle “pagelle di giudizio sui lavoratori”. Per quanto riguarda l’ambiente e la sicurezza sul posto di lavoro le proposte presentate sono deboli e risultano inefficienti per contrastare la deregolamentazione e l’anarchia presente nei luoghi di lavoro, dove le malattie professionali, gli incidenti e le morti sul lavoro sono in continua crescita.
Il risultato della consultazione sulla piattaforma
Nonostante l’ipotesi di piattaforma offra un
quadro deludente, l’accordo è stato approvato il 29, 30 e 31 maggio alla
consultazione referendaria grazie all’operato delle burocrazie concertative.
Hanno partecipato alla consultazione referendaria oltre 520 mila metalmeccanici,
pari al 62,13% degli 837 mila lavoratori coinvolti. Secondo tali dati, i Sì sono
450.052, pari all’88,22% dei voti validi. I No sono invece 60.105, pari
all’11,78%: un dissenso non trascurabile tenuto conto della forte influenza e
pressione dei sindacalisti nei confronti dei lavoratori. Il dissenso si è
concentrato nelle fabbriche più combattive, come in Fiat Mirafiori dove
l’accordo è stato bocciato a larga maggioranza: qui gli operai sono stati
protagonisti in questi mesi, durante le presentazioni della riforma del Tfr e
successivamente della riforma sul welfare e pensioni, di forti contestazioni
alla burocrazia di Cgil Cisl e Uil, al Governo e allo stesso Bertinotti,
fischiato e indicato come un traditore dai lavoratori.
Alla Fiat di Pomigliano la mozione di bocciatura della piattaforma, presentata dallo Slai Cobas ha ottenuto il consenso totale da parte dei meccanici riuniti in assemblea.
Alla Fiat di Pomigliano la mozione di bocciatura della piattaforma, presentata dallo Slai Cobas ha ottenuto il consenso totale da parte dei meccanici riuniti in assemblea.
Contro ulteriori mediazioni al
ribasso:
unità dei lavoratori, forme di lotta
adeguate e rilancio di un accordo dignitoso
Ora si è avviato il negoziato con le
controparti Federmeccanica e Assistal, Unionmeccanica-Confapi e Associazioni
Cooperative. Una lotta difficile: questa difficoltà è favorita non solo dalla
debolezza della piattaforma presentata, ma anche grazie ad una serie di
comportamenti e politiche sindacali tenuti da Cgil Cisl e Uil: accordi
contrattuali firmati al ribasso in altre categorie, il sostegno ad un governo
supposto “amico” ed il processo avviato dal Direttivo Nazionale della Cgil nei
confronti della sinistra sindacale e alla Fiom imputati di aver sostenuto il No
nella consultazione sul protocollo Damiano sono solo gli esempi più
eclatanti.
I metalmeccanici con il loro forte No sono stati la frazione della nostra classe che ha respinto, contro tutta la burocrazia sindacale di Cgil, Cisl e Uil, il governo di centrosinistra e il padronato, l’infame accordo Damiano sulle pensioni e il mercato del lavoro. Oggi gli stessi metalmeccanici si battono per la difesa del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro contro il modello sindacale aziendalistico e corporativo.
La mancanza di una vertenza unificante di tutto il lavoro salariato contro la politica economica del governo e contro il padronato, rende quest’ultimo arrogante e provocatorio: su mercato del lavoro, inquadramento e orari vogliono totale discrezionalità, sul salario hanno dichiarato comunque la volontà di far riferimento al Protocollo del 23 luglio del 1993. L’ultima provocazione è pervenuta dall’amministratore della Fiat, Sergio Marchionne, che ha elargito 30 euro ai lavoratori a titolo di anticipo sul contratto, un modo che tende a rompere il fronte di lotta a partire dall’industria più rappresentativa del Paese!
I metalmeccanici con il loro forte No sono stati la frazione della nostra classe che ha respinto, contro tutta la burocrazia sindacale di Cgil, Cisl e Uil, il governo di centrosinistra e il padronato, l’infame accordo Damiano sulle pensioni e il mercato del lavoro. Oggi gli stessi metalmeccanici si battono per la difesa del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro contro il modello sindacale aziendalistico e corporativo.
La mancanza di una vertenza unificante di tutto il lavoro salariato contro la politica economica del governo e contro il padronato, rende quest’ultimo arrogante e provocatorio: su mercato del lavoro, inquadramento e orari vogliono totale discrezionalità, sul salario hanno dichiarato comunque la volontà di far riferimento al Protocollo del 23 luglio del 1993. L’ultima provocazione è pervenuta dall’amministratore della Fiat, Sergio Marchionne, che ha elargito 30 euro ai lavoratori a titolo di anticipo sul contratto, un modo che tende a rompere il fronte di lotta a partire dall’industria più rappresentativa del Paese!
La lotta rafforza tutta la classe
operaia! 30 ottobre sciopero generale dei metalmeccanici!
Per martedì 30 ottobre Fim Fiom e Uilm hanno
indetto una giornata di mobilitazione nazionale e proclamato 8 ore di sciopero
con manifestazioni e cortei in tutte le province.
È evidente che questo appuntamento acquista, visto il quadro generale, un valore politico di notevole importanza: la sconfitta dei meccanici segnerebbe un arretramento per tutta la classe lavoratrice. Per queste ragioni i lavoratori metalmeccanici si dovranno preparare alla mobilitazione e alla lotta radicale, dovranno vigilare sull’operato delle burocrazie sindacali perché non accettino mediazioni al ribasso su di una piattaforma già di per se insufficiente.
E’ necessario rilanciare una vera democrazia nel sindacato e tra i lavoratori che metta al centro i soggetti interessati nelle discussioni che li riguardano direttamente: la salute e la sicurezza nei posti di lavoro, gli orari, il salario, il modo di produzione e la formulazione delle piattaforme contrattuali, al contempo bisogna uscire dalla logica degli scioperi cadenzati e programmati.
Solo così i lavoratori potranno difendere i propri interessi contro quelli del padronato, potranno veramente contrastare le derive concertative del sindacato, combattere le leggi precarizzanti, far emergere quello che ora è diventata una vera emergenza: il potere di acquisto dei salari!
Queste sono le basi minime per rilanciare una battaglia per la conquista di un contratto di lavoro dignitoso!
È evidente che questo appuntamento acquista, visto il quadro generale, un valore politico di notevole importanza: la sconfitta dei meccanici segnerebbe un arretramento per tutta la classe lavoratrice. Per queste ragioni i lavoratori metalmeccanici si dovranno preparare alla mobilitazione e alla lotta radicale, dovranno vigilare sull’operato delle burocrazie sindacali perché non accettino mediazioni al ribasso su di una piattaforma già di per se insufficiente.
E’ necessario rilanciare una vera democrazia nel sindacato e tra i lavoratori che metta al centro i soggetti interessati nelle discussioni che li riguardano direttamente: la salute e la sicurezza nei posti di lavoro, gli orari, il salario, il modo di produzione e la formulazione delle piattaforme contrattuali, al contempo bisogna uscire dalla logica degli scioperi cadenzati e programmati.
Solo così i lavoratori potranno difendere i propri interessi contro quelli del padronato, potranno veramente contrastare le derive concertative del sindacato, combattere le leggi precarizzanti, far emergere quello che ora è diventata una vera emergenza: il potere di acquisto dei salari!
Queste sono le basi minime per rilanciare una battaglia per la conquista di un contratto di lavoro dignitoso!
La risposta ancora una volta sta
nella lotta: sciopero generale
Il Partito di Alternativa Comunista sostiene
con forza questa lotta, ma per dare una risposta adeguata è necessario un salto
organizzativo e programmatico costruendo una forte sinistra sindacale di classe
a partire da quei delegati e lavoratori che si sono opposti all’infame
protocollo Damiano. Bisogna costruire un ampio fronte di lotta contro la
politica economica e sociale del governo e del padronato, ma anche contro al
modello sindacale aziendalistico e corporativo, a partire dalla partecipazione
unitaria allo sciopero del 9 novembre organizzato da RdB- Cub, SdL, Cobas, con
l’obiettivo di costruire lo sciopero generale unitario e di massa contro il
governo e il padronato sulla base di una piattaforma unificante di tutto il
mondo del lavoro salariato, dei precari, dei giovani, dei pensionati: per la
difesa del potere d’acquisto dei salari, per una pensione pubblica certa nei
tempi e dignitosa nei rendimenti, per un lavoro stabile e sicuro, contro la
precarietà, contro questo sistema che produce solo sfruttamento e
miseria!
(*) l'autore è membro del Comitato Direttivo Fiom
Veneto e coord. reg. Veneto della Rete 28 Aprile