CON GLI OPERAI FIAT CONTRO IL GOVERNO
E LE BUROCRAZIE SINDACALI
di Antonino Marceca
Torino 7 dicembre, Fiat Mirafiori, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil dopo 26 anni tornano in fabbrica: per sostenere il governo dei padroni. Gli operai rispondono: "Basta fare la stampella del governo!". Si sente un grido: "sciopero generale" e poi: "Bertinotti ci hai tradito".
Ma un ordine del giorno approvato dalla stragrande maggioranza dei 1.500 lavoratori che partecipano all'assemblea del mattino alle Presse con il numero uno Uil, Luigi Angeletti, annuncia tempesta: "Riteniamo il silenzio del sindacato sulla Finanziaria incomprensibile, in particolare su Tfr, ticket sul pronto soccorso, aliquote Irpef, bollo per le auto non catalitiche".
Epifani parla davanti a circa due mila lavoratori, nella sala dove si fanno i test delle auto, tra addetti alla carrozzeria e impiegati degli enti centrali, è tornato a ripetere quello che da tempo dice: "È una Finanziaria che ha due necessità: quella di rimettere in ordine i conti pubblici e di recuperare soldi per gli investimenti". Poi continua toccando il tema delle pensioni e del Tfr. Ma l'accoglienza degli operai non è del genere "anche i ricchi piangono", anzi fatti velocemente due conti si sono resi conto che la Finanziaria è una fregatura ad esclusivo vantaggio dei poteri forti, mentre l'accordo sulle pensioni e la perdita del Tfr è una vera mazzata per gli operai. Accanto alla preoccupazione per le pensioni e il Tfr ci sono anche i timori su flessibilità e orario di lavoro in fabbrica, le aspettative dei 460 dipendenti degli enti centrali in cassa integrazione.
La contestazione è un crescendo, inizia quando un lavoratore ricorda al sindacato che gli operai non hanno, in regime capitalistico, governi amici. Poi, mentre un impiegato chiede che il sindacato sia il rappresentante dei lavoratori e non il giullare del governo, a più riprese gli operai prendono la parola scandendo "le pensioni e il Tfr non si toccano", mentre il cassaintegrato che teme il mancato rientro in fabbrica punta il dito sulla precarietà.
Epifani, da abile burocrate sindacale, cerca di dare rassicurazioni e promette che qualsiasi ipotesi di accordo con il governo verrà sottoposta a referendum tra i lavoratori perché, spiega, "sulla previdenza deve essere il lavoratore a dire l'ultima parola". Parole che non convincono i lavoratori, vengono in mente le tante fregature subite dopo promesse tradite, i tanti referendum farsa, la memoria scorre al tempo della riforma Dini nel 1995, quando è iniziato lo smantellamento del sistema pensionistico pubblico a ripartizione. Proprio per questo la platea rumoreggia, avanza la contestazione, si sentono i fischi.
Il pomeriggio, alle Carrozzerie, l'assemblea più difficile: fischi e interruzioni accompagnano l'intervento del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Secondo il leader della Cisl, a protestare sarebbero stati "pochi" e "rumorosi" operai "qualunquisti". Ma altri testimoni diretti evidenziano come le accuse di appiattimento di Cgil, Cisl e Uil sulle posizioni di questo governo erano generalizzate.
La contestazione non è indirizzata solo alla burocrazia sindacale, anche il maggior partito della sinistra riformista di governo, il Prc, è accusato dai lavoratori: "Bertinotti ci hai tradito", urla un operaio e dall'assemblea si leva un applauso (il giorno dopo, solo Liberazione, quotidiano del Prc, non racconta questa notizia e legittima la falsa ricostruzione degli "operai qualunquisti").
La preoccupazione della burocrazia sindacale è che i fatti di Torino possano dare il via "alla riscossa operaia e di tutto il mondo del lavoro" contro una prospettiva certa di aumento della flessibilità e dell'età pensionabile che proprio Epifani, Angeletti e Bonanni hanno già promesso al governo e alla Confindustria.
Ma se questa è la preoccupazione di sindacati concertativi, amici del governo amico dei padroni, è tanto più valida la nostra prospettiva di lotta: costruire una piattaforma sindacale di fase per una vertenza generale ed unificante di tutto il lavoro salariato sostenuta dall'unica iniziativa di lotta in grado di bloccare l'offensiva di governo e padronato: lo sciopero generale.
Una proposta che Progetto Comunista ha avanzato con una lettera aperta alla sinistra e al sindacalismo di classe già nei giorni in cui si costituiva il governo Prodi ed era chiaro il suo profilo padronale.
Una proposta ripresa ed aggiornata nella recente assemblea nazionale degli autoconvocati Rsu a Milano, dove erano presenti i sindacati di base e la sinistra Cgil.
Sulla base di questa indicazione di lotta -lo sciopero generale unitario contro il governo e il padronato- nelle prossime settimane contribuiremo alla costituzione unitaria nei luoghi di lavoro e nei quartieri popolari di "Comitati per la difesa della pensione pubblica, del Tfr e contro la precarietà".