Bergamo: vietato protestare per l’omicidio di un compagno
Intervista a cura di Stefano Bonomi
Incontriamo Pino, Rosanna e Davide in una intervista dopo i decreti di condanna che li hanno colpiti per aver esposto uno striscione e per aver spostato una fila di carrelli durante la mobilitazione organizzata davanti alla Lidl di Seriate (BG) il 20 giugno dell’anno scorso, mobilitazione organizzata in solidarietà al compagno Adil Belakhdim, deceduto il 18 giugno 2021 dopo essere stato investito da un crumiro che per ordine padronale ha cercato di forzare il picchetto dei manifestanti. Rosanna è una militante del nostro Partito, mentre Pino e Davide sono compagni con cui spesso costruiamo iniziative di lotta comuni sul territorio.
Per iniziare sarebbe opportuno presentarvi. Volete farlo voi?
Pino: La repressione padronale l'ho sempre respirata: trent’anni di fabbrica, turni, scioperi, provvedimenti disciplinari, cortei, assemblee, rsu, rsa e tanta metalmeccanica, poi due licenziamenti, quindi l'opportunità di dirigere una sede sindacale di un sindacato (allora) conflittuale per 5 anni, infine il rientro in fabbrica. Politicamente, esperienze e militanza in collettivi e partiti comunisti, in quanto marxista convinto.
Rosanna: Ho seguito gli sfratti per una decina di anni, per poi passare all’attività sindacale all’interno della mia scuola (dove sono rsu), nei magazzini e nelle fabbriche del territorio. Perdendo il lavoro e perdendo la casa, i padroni ci fanno perdere anche la dignità, ci si sente soffocare giorno dopo giorno. Si bussa a tutti e ti fanno sentire una nullità! Ho conosciuto l’impotenza ma anche il desiderio di giustizia e di riscatto contro un mondo così ingiusto.
Davide: Sono anni che ho deciso di ribellarmi al sistema capitalista che ci vuole tutti allineati e servi, ci colpisce sui posti di lavoro, ci colpisce con sfratti e sgomberi, tratta le nostre sorelle e i nostri fratelli migranti come criminali.
Come siete arrivati a Seriate domenica 20 giugno 2021?
Pino: Il 18 giugno 2021 ero disoccupato e alla notizia che un sindacalista era morto «spappolato» da un tir che aveva forzato il picchetto (contromano), non ho esitato nemmeno un minuto. In più, non mi interessava a quale sindacato appartenesse. Sono partito in auto per raggiungere Biandrate (nome mai sentito, per altro!) nel novarese, il dolore nel petto enorme, un'ingiustizia difficile da elaborare, tanta rabbia, ma la rabbia più forte è sopraggiunta dopo... Arrivato, attorno alle 9.30, ho capito di essere in mezzo a colleghi, familiari, sindacalisti, solidali... insomma centinaia di compagni completamente ammutoliti, immobili, rassegnati. Anziché sfruttare il rapporto di forza numerico, si preferiva una tristezza collettiva e passiva, pensavo: «che occasione persa!». Ancora si vedeva il sangue di Adil sull'asfalto, di un rimorchio passatogli sopra con due assi in totale spregio alla vita, per poi darsi persino alla fuga. Amareggiato sono tornato a casa la sera riflettendo sul da fare. Un papà come me, che perdeva famiglia e bambini per sempre, e la reazione non era stata assolutamente adeguata: in altri tempi un morto tra i compagni avrebbe visto un assalto spontaneo all'hub della Lidl e un'occupazione rivendicativa. Curiosando in rete, ho trovato l'unica iniziativa degna di nota che chiamava al presidio alla Lidl di Seriate per domenica 20 giugno al mattino: chiaramente ho deciso di esserci e di girare ad altri l'appello.
Rosanna: Si nasce così! Sentendo già da piccoli che qualcosa non va ed è una fortuna anche se faticosa perché ti senti spesso un pesce fuori dall’acqua in questa vita. La notizia di Adil è arrivata subito e mi ha sconvolto. Dopo un momento di smarrimento mi sono adoperata sia con la mia organizzazione sindacale che politica [Rosannda è militante del Pdac e attivista della Cub, ndr] per fare qualche cosa sul territorio di Bergamo. Una domanda in quelle ore frenetiche mi risuonava nel cervello: «Come è possibile che un lavoratore in lotta per la difesa dei propri diritti calpestati, venga ucciso da un altro lavoratore?». Rabbia, indignazione, dolore e il menefreghismo delle persone che mi lasciava sempre più incredula: da qui lo striscione «Padroni assassini», perché questo è il crimine vero, è questo sistema che ogni giorno ci toglie l’aria, ci toglie il tempo, ci toglie la vita. Non potevamo non dare un segnale, andare davanti alla Lidl per urlare, per dire che ciò che era successo era una barbarie, non siamo «usa e getta», non siamo al servizio dei padroni e di questo sistema che ci sta massacrando senza pudore sfacciatamente e violentemente! La rabbia che c’era era corretta, la troppa indifferenza di tanti no! C’ero, ci sarò ancora e ci sarò sempre!
Davide: La multa ed il procedimento penale che mi vedrò costretto ad affrontare hanno riportato alla luce il dolore di quei giorni per la morte di Adil. Oggi ancora di più rispetto ad un anno fa non riesco a togliermi dalla testa la sua immagine: Adil è ritornato al suo Paese in una bara circondato da pianti strazianti dei suoi bambini, di sua moglie, della famiglia e di tutti quelli che come lui hanno creduto che le cose si potessero cambiare. Per questo Adil è morto. Per lasciare un mondo migliore ai suoi figli, ai nostri figli. E, dopo tutto questo, le condanne ricevute da me e da altri compagni sono uno schiaffo in faccia a quanto accaduto. Adil non ha ancora avuto giustizia. E il tribunale si preoccupa di multare chi espone striscioni con «violenza» dopo la morte di un proprio compagno. Cosa avremmo dovuto fare, restare in silenzio e complici di quanto successo? Mai. Avete ucciso Adil, lo avete fatto di nuovo.
La tragica vicenda di Adil, ma ancora prima quella di Abdel Salam, hanno messo in luce le potenzialità che i lavoratori uniti potrebbero avere di fronte agli attacchi al diritto allo sciopero. Chi rema contro?
Pino: Bella domanda! Secondo me sono un insieme di fattori, in primis un corpo intermedio inutile e reazionario che scientificamente apre ai fasci di Ugl in tutte le categorie, preferendoli a qualunque organizzazione sindacale di base. Da più di 30 anni, Cgil, Cisl, Uil e Ugl firmano contratti nazionali a perdere, introducono fondi privati e sistemi sanitari privati per demolire il Sistema sanitario nazionale, dopodiché firmano sulla testa di tutti accordi che vorrebbero poi tradurre in legge, mirati a sanzionare il conflitto (Tur 10 gennaio 2014 firmato anche da diversi sindacati di base), infine dirottano ingenti somme per enti bilaterali nei quali l'unico obiettivo è trovare sempre un accordo (a perdere) con le forze datoriali. Come non definirli sindacati di regime? D'altronde al 1° maggio fanno salire sui palchi anche i padroni, e non la chiamano più festa dei lavoratori, bensì festa del lavoro! Questo esercito di circa 9 milioni di iscritti e migliaia di sedi di proprietà, per quanto ancora schiaccerà ogni altro tentativo di fare sindacato basato sul conflitto di classe? Ecco così due modelli, quello di Cgil-Cisl-Uil-Ugl più qualche sortita di base di tanto in tanto, basato sul riconoscimento del padrone, e quello del sindacalismo di base e di classe, basato tendenzialmente sul riconoscimento da parte del lavoratore. Il problema è che molti «compagni» o individui vagamente di sinistra hanno la tessera dei confaziendali in tasca perché scelgono i servizi e non la lotta. Questa ipocrisia va estirpata, la vera urgenza è cambiare paradigmi e modalità di intervento all’interno di questi sindacati che ancora raccolgono milioni di iscritti.
Rosanna: La prima risposta che mi viene in mente sono le istituzioni borghesi i cui interessi campano sulla mancata unità del proletariato in generale. Molto vicini a questi ci sono ovviamente le direzioni dei sindacati confederali «firma tutto» e chi tenta di scimmiottarli a vario titolo nel campo del sindacalismo autonomo. Infine, purtroppo, anche se in versione molto minoritaria, ci sono le burocrazie della vastissima galassia del sindacalismo di base che guarda al proprio orticello spesso confliggendo contro il sindacato di base «nemico» piuttosto che organizzare le mobilitazioni contro il nemico vero cioè il padrone.
Davide: È ormai assodato da tempo che la classe operaia, il vero motore trainante di questo Paese, è sotto attacco. Un attacco traversale che ha radici molto profonde e proviene non solo dalla classe padronale con i propri governi e le proprie istituzioni di ogni ordine e grado, ma anche dai sindacati confederali e da chi tenta di copiarli a vario titolo.
Unità delle lotte a prescindere dalla tessera sindacale in tasca: utopia o unica soluzione per sconfiggere il padrone?
Pino: Utopia per tutte le strutture burocratiche ai vertici di tutte le OO.SS. di base e di classe, troppo impegnate a sopravvivere in concorrenza tra loro, realtà concreta per tutti quegli iscritti politicizzati e di tutti coloro che vorrebbero resistere agli attacchi dei padroni e dei loro governi; purtroppo, la recente storia ci insegna che ogni qualvolta le avanguardie cercano di allargare il fronte, gli apparati burocratici rispondono con le espulsioni: in Cgil si viene espulsi con tanto di commissione di garanzia e con tanto di statuto (ovviamente con pretesti inventati), mentre nelle OO.SS. di base e di classe si viene espulsi senza statuto, senza correnti e senza la possibilità di presentare mozioni alternative ai congressi, ma l'esito miope è sempre lo stesso. In Italia vige l'autoreferenzialità delle OO.SS.: non per questo caldeggio spontaneismo, sindacalismo di prossimità o movimentismo, serve sempre organizzazione, formazione continua e fronte compatto... i padroni sono organizzatissimi!
Rosanna: Di fronte a quello che sta succedendo ma anche partendo da prima, da quello che succede da anni nel lavoro, direi che è compito essenziale di ogni sindacato, ma soprattutto dei lavoratori spesso giovani e precari, cercare di costruire una lotta con obiettivi comuni al di là delle tessere sindacali, ma soprattutto ricostruire la fiducia persa, tornare ad essere credibili e ad essere responsabili, tornare a una partecipazione attiva e non di delega. La storia l'ha dimostrato: solo di fronte all'unità della classe operaia i padroni hanno timore di perdere ciò che crudelmente hanno costruito nel proprio interesse, ma soprattutto non dobbiamo più accontentarci dell'elemosina, dei «piccoli contentini» che il sistema ci offre per tenerci buoni. Quando si conquista qualcosa, la lotta deve sempre proseguire non lasciando mai la possibilità ai padroni di gestire nulla! Non è in questa e quell’altra istituzione che si potrà cambiare qualcosa, è un dato di fatto che il sindacato tratta con la borghesia il regime di sfruttamento più favorevole ai lavoratori e alle lavoratrici. Per chi ha progetti di un mondo al di fuori di questo sistema la risposta dovrebbe essere: ribaltare tutto per sconfiggere il capitale!
Davide: Davanti al drammatico scenario che quasi sicuramente ci attenderà con l’arrivo dell’autunno, portato avanti da Confindustria e governo Draghi, il proletariato italiano, sia esso nativo o immigrato, non ha alternative; solo attraverso una vera organizzazione dal basso possiamo, ma soprattutto dobbiamo, rilanciare la lotta unendoci nelle battaglie comuni contro sfruttamento e oppressioni. Ritornando magari proprio agli ingressi della Lidl di Seriate per rilanciare una mobilitazione contro i vari decreti sicurezza, le leggi anti sciopero e ovviamente contro i vari tentativi di licenziamento che verranno avanzati.