Partito di Alternativa Comunista

Ancora morti sul lavoro

Ancora morti sul lavoro
BASTA CON LA MATTANZA GIORNALIERA!
 
del Direttivo PdAC di Venezia (*)

L'omicidio bianco di Valentin Jancu, operaio rumeno di 54 anni, verificatosi venerdì 18 maggio a seguito dell'ennesimo incidente sul lavoro ai cantieri navali De Poli di  Pellestrina-Venezia segue, appena due mesi dopo, un altro infortunio mortale che ha colpito un altro operaio immigrato nello stesso cantiere navale.  Una frequenza che ci fa pensare che le condizioni di sicurezza nel cantiere sono a dir poco precarie, e malgrado il precedente incidente mortale sono mancati ancora una volta i controlli degli organismi competenti (Spisal, Ispettorato del lavoro, ecc). 
Un cantiere navale che usa i lavoratori immigrati come carne da macello, dove i lavoratori diretti sono appena 75 su circa cinquecento addetti, dove un lavoratore su quattro lavora in condizioni precarie nelle ditte in appalto senza, di fatto, diritti sindacali.

Questa sequenza di morti sul lavoro evidenzia la drammaticità delle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i giovani lavoratori precari e immigrati: i più colpiti dagli infortuni mortali sul lavoro.
Se consideriamo questo decennio, a partire dal 2000, l'andamento degli infortuni mortali sul lavoro ci consegna, ormai con tragica stabilità, una media di quattro morti sul lavoro al giorno, in genere relegati nelle pagine di cronaca dei giornali locali, mentre l'entità complessiva degli infortuni sul lavoro si attesta intorno ad un milione di eventi l'anno.
Tra i lavoratori quelli più colpiti sono gli immigrati, che presentano una frequenza di infortuni tre volte superiore ai lavoratori italiani; tra tutte le fasce d'età i giovani (18-34 anni) contribuiscono per circa il 50% degli infortuni; tra le differenti condizioni lavorative, i lavoratori precari (interinali, somministrati, a progetto, ecc) negli ultimi anni hanno subito il raddoppio del numero di infortuni. In Veneto, nel corso del 2006, gli infortuni sul lavoro hanno avuto un incremento del 24% rispetto all'anno precedente.
Il crescente utilizzo nell'industria e in agricoltura di sostanze chimiche tossiche e di agenti fisici nocivi ha contribuito alla crescita esponenziale di "tumori professionali" (circa 4000 casi ogni anno) e di altre malattie cronico-degenerative.
Ad oggi non c'è in Italia un testo unico che tutela la salute dei lavoratori, sono presenti diverse norme (Dpr 547/55, Dpr 303/56, Dlgs 277/91, Dlgs 626/94, ecc) che affrontano in modo disorganico la questione, peraltro queste norme, ambigue ed insufficienti, sono frequentemente derogate, in peggio, da altrettante norme regionali e comunali (Venezia è un caso eclatante! basta vedere il regolamento di igiene locale, approvato dalle varie giunte di centrosinistra,  che deroga su tutto: superfici, altezze, cubature, servizi igienici, spogliatoi).
Ad aggravare la situazione arriva la proposta contenuta nel prossimo pacchetto di privatizzazioni di Bersani dove, tra l'altro, propone di privatizzare i controlli preventivi sui macchinari (dalle gru agli apparecchi a pressione) degli ambienti di lavoro.
Ne consegue una babele nazionale di leggi e regolamenti,  di privatizzazioni e deroghe, in cui a farne le spese sono i lavoratori a tutto vantaggio di imprenditori senza scrupoli e di quei funzionari e dirigenti delle Aziende sanitarie locali, addetti al controllo degli ambienti di lavoro, compiacenti.

Oltre a questo quadro normativo, per comprendere l'attuale stato degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali dobbiamo richiamare il peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori determinati dalla progressiva precarizzazione dei rapporti di lavoro introdotta in questi anni con le leggi Treu e Biagi; dalla ricattabilità dei lavoratori immigrati determinata dalle leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini, sulle cui linee essenziali si muove anche la nuova legge Amato-Ferrero; dalla flessibilità e dall'allungamento degli orari di lavoro; dall'aumento della frequenza dei turni senza riposo e dei straordinari; dalla tendenza all'esclusione dei dispositivi di sicurezza allo scopo di aumentare i ritmi di lavoro e la produttività; dalla mancanza di informazione ai lavoratori sui rischi per la salute presente nell'ambiente di lavoro; dall'aumento dell'età pensionabile. 
Su queste condizioni oggettive e normative si somma il crescente disinteresse sindacale per la salute negli ambienti di lavoro e per una seria politica di prevenzione.
 
Il Partito di Alternativa Comunista ritiene che questo quadro non può che aggravarsi in mancanza di una mobilitazione generale contro la precarietà lavorativa, le norme lesive della dignità e dei diritti dei lavoratori immigrati, le controriforme previdenziali, senza una lotta conseguente per nuovi diritti e nuove tutele. Proprio la situazione impone alle organizzazioni politiche e sociali del movimento operaio l'apertura di una vertenza generale sulla base di una piattaforma unificante di tutti i lavoratori, italiani e immigrati, precari e disoccupati, sostenuta dallo sciopero generale contro il governo e il padronato. Sulla specifica questione degli incidenti sul lavoro è necessario: 
 - incrementare nelle aziende e nel territorio i Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza a cui devono essere assicurati reali poteri di controllo e intervento;
-  assicurare la formazione dei delegati alla sicurezza e di tutti i lavoratori sui fattori di rischio per la salute presenti negli ambienti di lavoro e sui mezzi di prevenzione, con docenti scelti dai lavoratori stessi e  di cui hanno piena fiducia;
-  assicurare il controllo dei lavoratori e dei delegati operai sui servizi ispettivi delle Aziende sanitarie (Spisal) e sui medici competenti aziendali.
 

(*) il comunicato è stato scritto in occasione dello sciopero provinciale indetto a Venezia dai sindacati dei metalmeccanici Fim Fiom Uilm lunedì 21 maggio.

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