Almaviva, Roma: la lotta esemplare delle lavoratrici e dei lavoratori del Contact center Gse
Intervista a cura di Diego Bossi
Nel momento esatto in cui pubblichiamo questa intervista, le lavoratrici e i lavoratori del Contact center Gse, gestito in appalto da Almaviva (nota in Italia per aver licenziato 1666 lavoratori in una notte), hanno fatto 39 giorni di sciopero ininterrotto.
La lotta dei lavoratori Gse si colloca a pieno titolo tra le più importanti in Italia sia per la tenacia sia per le rivendicazioni: una piattaforma che raccoglie l’internalizzazione, la sicurezza sul lavoro e i diritti delle donne lavoratrici. Ma soprattutto una lotta esemplare per tante altre realtà operaie che stanno guardando a questi lavoratori e lavoratrici come un riferimento da seguire. Non ha tardato ad arrivare la solidarietà da realtà operaie come Stellantis, Alitalia, Gkn, Pirelli ecc., e da realtà internazionali come la Csp Conlutas del Brasile e la Rete sindacale internazionale di solidarietà e di lotta.
Una lotta che noi oggi vi raccontiamo intervistando una delle sue protagoniste, Rosetta, lavoratrice Almaviva, delegata della Fiom-Cgil e militante di Alternativa comunista.
Rosetta, per prima cosa ti chiedo di spiegare ai nostri lettori cos’è il Gse, di cosa si occupa e da chi è finanziato.
Il GSE è il Gestore dei Servizi Energetici, è l’ente che in Italia guida la transizione energetica, è partecipato al 100% dal Ministero Economia e Finanze e attua la sua «mission» sotto l’egida del nuovo Ministero della Transizione ecologica. Con questi nomi si capisce bene che ognuno di noi finanzia questo ente con il gettito fiscale, ma non solo: viene ulteriormente finanziato attraverso la bolletta elettrica che ciascuno di noi paga. Insomma è un ente che è già nostro. Noi siamo l’unico sportello che ha questo ente per dialogare con i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione.
A proposito di ambiente, credi sia possibile una transizione ecologica all’interno del capitalismo?
Parafrasando Chico Mendes, possiamo dire che la transizione ecologica senza lotta al capitale è giardinaggio: non vi può essere una vera transizione senza lotta. Soprattutto una transizione che riesca entro il 2050 a scardinare un vecchio sistema basato su fonti fossili e poco sostenibili sostituendolo con uno improntato a fonti rinnovabili e a basso impatto ambientale non può prescindere dall’equità sociale. Questo è uno dei punti fondamentali della nostra lotta. Lottiamo per voi e i vostri figli, per un futuro più verde e sostenibile.
Al Contact center Gse siete in maggioranza lavoratrici donne, qual è oggi la condizione in Italia delle donne nel mondo del lavoro?
Circa l’80% del Contact center Gse è composto da donne. La nostra lotta ha sempre provato a far conciliare il tempo di vita e lavoro e ha promosso la parità di genere. Abbiamo scioperato per far ottenere il part time alle mamme, non come strumento per relegarle al ruolo di cura, assistenza o ad angelo del focolare come buona parte del mondo capitalista vorrebbe vederle, ma come strumento per sopperire alla mancanza di una socializzazione del ruolo di accudimento di casa e bambini o di una riduzione dell’orario a parità di stipendio. Abbiamo proposto lo smart-working per genitori con figli sotto i 3 anni di età promuovendo così una genitorialità che non sia vista solo come una cosa «da donna». Come sicurezza sul lavoro è stato proposto di valutare il rischio violenza di genere in smart working, ma è un tema molto complicato da far capire a chi usa la cosa per dividerci. Da sempre la donna soffre una doppia oppressione e soltanto il coinvolgimento nella lotta potrà ribaltare la concezione inculcata in secoli in cui l’ideologia capitalista è stata dominante. Come diceva Marx, il progresso sociale si può misurare dalla posizione sociale del «gentil sesso».
Voi avete scioperato per 39 giorni consecutivi, state dimostrando di essere un gruppo affiatato e determinato. I lavoratori sono tutti coinvolti nelle decisioni riguardanti la lotta?
La cosa più importante e il punto di forza è proprio che tutti i lavoratori sono coinvolti attivamente, ci confrontiamo a scambiamo idee e opinioni costantemente, siamo come un unicum che agisce verso una sola direzione e riconosce chi e cosa deve combattere, siamo una piccola coorte unita ed affiatata. Siamo da sempre sindacalizzati, l’assemblea decide la direzione e le azioni da intraprendere, un sindacalismo vivo che parte dal basso e non dalla burocrazia sindacale.
La solidarietà tra lavoratori è importante, poiché serve unirci nella lotta e unire le lotte per essere più efficaci contro gli attacchi dei padroni e dei loro governi. Puoi raccontarci la solidarietà di classe che avete ricevuto e l’importanza che questa ha avuto nella vostra lotta?
La solidarietà per noi non è solo una parola ma un qualcosa che abbiamo fatto, creato e ricevuto. In anni passati abbiamo scioperato in solidarietà degli ex lavoratori Almaviva della sede di Roma quando ancora eravamo impiegati in un’altra azienda, una cosa che credo sia più unica che rara. Abbiamo dato solidarietà a tante vertenze e questo ha portato anche a riceverne tanta in questi giorni di lotta e di sciopero (Csp Conlutas, Rete sindacale internazionale, Sind Marketing, Alitalia, Stellantis, Pirelli, Gkn ecc.). La solidarietà è fondamentale nelle lotte perché dà una marcia in più, non ti fa sentire solo e soprattutto dimostra quanto il sistema capitalista, alla fine, può essere riassunto in due categorie: chi sfrutta e chi è sfruttato.
Ma la sola solidarietà, seppur elemento fondamentale, non basta: serve qualcosa in più che unifichi le lotte e porti al capovolgimento del suddetto infelice binomio di sfruttatori e sfruttati, serve un partito internazionale che guidi le lotte e questo è il partito che vogliamo costruire come Lega internazionale dei lavoratori – Quarta internazionale che in Italia ha la sua sezione nel Partito di alternativa comunista. Non un’utopia, poiché, per dirla con Trotsky, «Ogni rivoluzione è impossibile... finché non diventa inevitabile».