Partito di Alternativa Comunista

Alitalia: cosa si nasconde dietro il silenzio del governo Draghi?

Alitalia: cosa si nasconde dietro il silenzio del governo Draghi?

 

 

 

Intervista a cura della redazione

 

 

Abbiamo intervistato ancora una volta Daniele Cofani, operaio Alitalia e dirigente del Pdac, tra i principali portavoce della mobilitazione in corso, per essere aggiornati sugli sviluppi della lotta.

 

Daniele, più passano i giorni e sempre meno si sente parlare del futuro di Alitalia da parte dei principali media. C’è uno stallo della vertenza o stanno nascondendo qualcosa alle lavoratrici, ai lavoratori e all'opinione pubblica?

Sì, da alcune settimane si sono abbassati i riflettori sulla vicenda Alitalia, le motivazioni sono differenti ma tutte funzionali a portare a compimento il passaggio di consegne da Alitalia verso Ita; un progetto che vedrebbe un forte ridimensionamento della flotta (circa 50 aerei), la societarizzazione del vettore con le attività di terra (handling e manutenzione) escluse dalla nuova compagnia e il licenziamento di oltre 5 mila lavoratori. Un silenzio del governo che desta preoccupazioni e potrebbe nascondere delle soluzioni improvvise in piena estate. Già il cambio alla presidenza di Ita (1) con l’arrivo di Altavilla (braccio destro di Marchionne) al posto di Caio, fa intendere che nulla è fermo o lasciato al caso. Proprio Altavilla, con un curriculum da tagliateste, non promette niente di buono vista la sua esperienza in Fca che rappresenta la lowcostizzazione dei diritti e dei salari degli operai della ex Fiat, ormai società in mano a multinazionali straniere incentrata da tempo in giochi di borsa e in spostamenti di capitale in paradisi fiscali. Chiaramente tale silenzio che incombe da tempo, è anche funzionale a tranquillizzare la clientela pronta ad acquistare i biglietti per la stagione estiva; denaro utile a tenere in vita l’amministrazione straordinaria, visti i ritardi che riguardano le licenze di volo di Ita (Coa) e i vari rilievi evidenziati dalla Ue sulla discontinuità - tra cui il logo Alitalia e la selezione del personale - che stanno rallentando il decollo di Ita, nonostante i continui tentativi di accelerazione. Infine al governo Draghi preme nascondere ogni tipo di informazione ai lavoratori: hanno ben chiaro la forza della mobilitazione dei mesi scorsi e non vorrebbero ricadere sotto la pressione incontenibile delle piazze.

Di fronte a questa situazione come si stanno ponendo le varie organizzazioni sindacali?

Per quanto riguarda le organizzazioni confederali, giova un clima di calma apparente utile a tranquillizzare i lavoratori e le lavoratrici nei vari settori, promettendo loro che il piano Ita potrà essere riformato appena verrà aperto un tavolo di confronto. Falso, mai la concertazione ha portato dei benefici ai lavoratori, lo sappiamo bene in Alitalia con gli accordi subiti nel 2009 e 2014. Le direzioni di Cgil, Cisl, Uil e Ugl hanno delle grandi responsabilità per aver abbandonato le piazze da mesi, forse perché sovrastati dal protagonismo dei lavoratori capaci di conquistarsi le piazze, come successo il 21 aprile a piazza Venezia e il 28 aprile a piazza S. Silvestro, radicalizzando l’opposizione contro il piano Ita. Inoltre questa quiete apparente sembrerebbe favorire anche quelle organizzazioni (Usb - Navaid) che, pur rimanendo in piazza, non hanno una posizione decisa contro Ita, ma stanno a mio avviso capitolando verso la sua accettazione, sostenendo la stessa posizione dei confederali, ossia la possibilità che il piano possa essere riformato sui tavoli di confronto. Si trova invece a nuotare controcorrente la Cub trasporti, che fin dal principio si è ha dimostrata contraria a tutto il progetto Ita, che rappresenta la fine di Alitalia e la perdita totale del controllo del settore aereo nazionale: una iattura anche per i lavoratori e le lavoratrici dell’indotto.

La prima linea della lotta Alitalia come sta affrontando questa momentanea quiete?

All'interno di questo scenario si colloca uno zoccolo duro di lavoratrici e lavoratori Alitalia che non ha nessuna intenzione di arrendersi di fronte ai ricatti come anche alle riassicurazioni. Metodi che conosciamo bene in Alitalia che hanno favorito solo azionisti come i «capitani coraggiosi» nel 2009 e gli sceicchi emiratini nel 2014. Uno zoccolo duro che ha deciso di organizzarsi in un comitato, ponendosi come primo obiettivo quello di tenere unita la categoria: partecipano lavoratori e lavoratrici dei diversi settori - volo e terra - ma anche iscritti o meno ai vari sindacati. Questo comitato ha preso il nome di Tutti A Bordo - No al piano Ita (2) con una chiara posizione contro il piano presentato da Ita che mette a repentaglio il futuro di tutte le categorie dei lavoratori Alitalia. Un comitato che vuole agire indipendentemente dai sindacati, riportando al centro di ogni iniziativa la partecipazione e il protagonismo dei lavoratori, proponendo anche nuovi modelli di democrazia a partire dalla condivisione degli accordi. Per questo da alcune settimane il comitato si è fatto promotore di una raccolta firme per chiedere un referendum prima che venga firmato qualsiasi accordo che possa compromettere l’occupazione e il salario di migliaia di lavoratori. Mentre sto scrivendo sono state raccolte circa 2500 firme grazie alla partecipazione volontaria di decine di colleghi e colleghe che si sono organizzati in turni con dei banchetti in diversi aeroporti a Roma, Milano ma anche Venezia, Cagliari, Reggio Calabria e Catania. È una grande esperienza di cui ho il piacere di partecipare: i lavoratori e le lavoratrici hanno una grande forza e insieme possono veramente fare la differenza a partire da una singola vertenza ma ancora di più se riescono ad unire dalla base le varie lotte del settore.

C’è stato da poco uno sciopero del settore aereo, oltre ad Alitalia c’è anche la questione Air Italy e lo sblocco dei licenziamenti, ce ne puoi parlare?

Il 18 giugno c’è stato uno sciopero nazionale del settore aereo che ha coinvolto lavoratori e lavoratrici dei vettori, delle società aeroportuali e dell’indotto. Sciopero indetto sia da Cgil, Cisl, Uil e Ugl che rivendicano una «cabina di regia» in cui discutere di investimenti pubblici (a favore dei padroni) e di ammortizzatori sociali funzionali a ristrutturare le aziende attraverso migliaia di licenziamenti; sia dal sindacalismo di base (Cub - Usb) che rivendica il ritorno ad un controllo pubblico del comparto aereo per salvaguardare la piena occupazione anche attraverso un riordino normativo ed un reale contratto collettivo unico di settore per contrastare il dumping sociale indotto soprattutto dalle compagnie low cost. Uno sciopero indebolito dalla legge 146 che non ha permesso di scioperare oltre le 4 ore, ben lontano dalla reale necessità di conflitto di cui ha bisogno il comparto alle prese con una grave crisi indotta dalla pandemia, con già migliaia di precari senza più lavoro. Se già il blocco dei licenziamenti non ha tutelato l’occupazione nel settore aereo, con la sua fine sarà prevedibile una vera e propria macelleria sociale a partire dalle colleghe e dai colleghi di Air Italy (3) che, senza una soluzione, a fine mese potrebbero perdere occupazione e reddito. Solo una radicalizzazione della lotta in tutto il settore, partendo da una reale unificazione delle lotte all'interno del comparto, potrà contrastare l’attacco che stiamo subendo e che si intensificherà nei prossimi mesi; solo avanzando le singole rivendicazioni vertenziali su un piano politico possiamo porci con forza contro il governo Draghi; solo generalizzando le lotte in tutti i settori e categorie di lavoro possiamo creare le basi per abbattere questo sistema, il capitalismo, per costruire una nuova società senza più sfruttamento e oppressione: una società socialista.

 

1)https://www.corriere.it/economia/aziende/21_giugno_18/alitalia-altavilla-lazzerini-corsa-contro-tempo-far-decollare-ita-beddaf50-cfa6-11eb-9af8-7f6e706f5289.shtml

2) https://www.fiumicino-online.it/articoli/cronaca-2/alitalia-tutti-a-bordo-no-al-piano-ita

3)https://www.alternativacomunista.it/politica/nazionale/liquidazione-air-italy-1-500-lavoratori-lasciati-a-terra-con-una-e-mail

 

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