Al fianco delle operaie e degli operai
in lotta alla Whirlpool di Napoli
di Mario Avossa
Da oltre un anno le operaie e gli operai sono in lotta contro la multinazionale che, dopo aver intascato vari finanziamenti e sostegni pubblici, estorti con ogni mezzo all’erario, ha deciso di abbandonare l’impianto di via Argine in vista della delocalizzazione della produzione.
400 operai sono gettati sul lastrico, senza altra prospettiva che la disoccupazione e la miseria.
Un anno di lotte senza interruzione: cortei a piazza Municipio, all’aeroporto di Capodichino, al porto; una delegazione di lotta al festival del cinema di Giffoni è stata ricevuta dal ministro Di Maio che si è lasciato andare a elogi sperticati e promesse da marinaio; una raccolta di 50.000 firme consegnata al prefetto; ancora, manifestazioni in sede di Regione Campania e al ministero dello Sviluppo Industriale a Roma, un’escalation fino al presidio dinanzi ai cancelli della fabbrica e il blocco ferroviario di qualche giorno fa. E infine Cgil Cisl Uil hanno indetto uno sciopero generale di quattro ore nell’area metropolitana di Napoli, con una manifestazione a piazza Dante.
Un anno di lotte senza interruzione mostra che la combattività della classe operaia è tenace e indomabile. Ma qualcosa non ha funzionato perché ad oggi la proprietà ha confermato la chiusura tout-court dell’impianto di via Argine, senza alcuna motivazione commerciale perché straripante di commesse. Ha confermato i licenziamenti in tronco dei 400 dipendenti e non ha restituito un centesimo dei lauti sostegni pubblici intascati. Le operaie col megafono assicurano che Napoli non molla.
La Whirlpool teme la rabbia operaia ma non i dirigenti sindacali alla testa di queste mobilitazioni. Come da paradigma ormai consueto, le massime autorità sindacali Cgil Cisl Uil hanno lasciato sfogo alle coreografie e al folklore e si sono ben guardate dall’infastidire gli imprenditori. Hanno sviato le lotte operaie indirizzandole sul binario morto dei tavoli tecnici, delle petizioni, dei rinvii a date sempre procrastinate. Anziché concentrarsi contro gli attacchi della Whirlpool diretti alle maestranze, i burocrati sindacali hanno individuato come interlocutrici le istituzioni dello Stato borghese, con una petulanza degna di miglior causa. Sit in e cortei dinanzi alle sedi istituzionali non potevano che produrre altro che risposte dilatorie. Nessuna iniziativa di conflitto contro i padroni della Whirlpool, nessuna iniziativa di estensione della lotta a tutto il gruppo in Italia; solo lotte simboliche e innocue, al solo fine di contenere la giusta rabbia operaia; nessuna occupazione di fabbrica, nessuna messa sotto controllo dei magazzini né delle linee impiantistiche.
La solidarietà del Partito di Alternativa Comunista non è formale né ha intenti adulatori, a differenza di tante altre forze politiche che si comportano così da tempo. Queste, mentre corteggiano i lavoratori stremati e esasperati, fanno autopromozione, badando bene a non infastidire le dirigenze sindacali che stanno portando gli operai dritti a una sconfitta. Non ci associamo agli adulatori e ai pavoneggatori: sosteniamo le operaie e gli operai combattivi e li invitiamo a riprendere in mano la direzione delle lotte, revocando i dirigenti sindacali inetti e imponendo direttrici di combattimento che individuano la proprietà come diretto avversario. Occorre unire le lotte con tutte le altre in corso della classe operaia in Italia, imponendo lo sciopero generale nazionale contro gli assalti del padronato in tutto il Paese. Il resto è utile ma accessorio